Pietro
PITTARO
Se c'è stato
nel composito e suggestivo
mondo dell'enologia
un tecnico che è uscito decisamente dal coro per
proporre in maniera diversa la viticoltura
il vino ed i vignaioli
questo è stato indubbiamente Piero PITTARO. Friulanissimo con
radici in quel di S.Michele al Tagliamento
studente modello prima
direttore della Cantina sociale di Bertiolo poi
ha diffuso il
proprio carisma nella località del Medio Friuli fino a diventarne anche
Sindaco.
Nelle pieghe di un impegno professionale ed amministrativo che da
soli avrebbero logorato un comune mortale
PITTARO ha –giorno
dopo giorno-dato vita alla sua creatura : l'Azienda
VIGNETI PITTARO
in Zompicchia di Codroipo. E
nell'azienda ha voluto dare un tocco d'artista unendo all'utile il
dilettevole : un museo come probabilmente non ne esistono in altre
cantine private ed un archivio storico e d'antichità legate a vario
titolo al mondo del vino. Una cantina
tirata a lucido che ci potresti mangiare sul pavimento e
tutt'intorno
una cornice di filari tenuti-ti pareva-pure a regola
d'arte
con il sistema fitto GUYOT che è l'anticamera della
bottiglia d'alta qualità.
Imprenditore privato di grande interesse pubblico “il
nostro”-sorretto da una salute di ferro( ha la freschezza
dell'eterno ragazzo spensierato
anche se ha superato da un po' la
sessantina..) e da una forza di volontà invidiabile si è ritrovato ai
vertici regionale
nazionale e mondiale dell' ASSOENOLOGI ( di
cui tuttora è Presidente onorario) ma anche a presiedere quello che i
vignaioli friulani ricordano con nostalgia quale modello d'Ente
pubblico a gestione manageriale: IL CENTRO REGIONALE VITIVINICOLO. Un Ente
snello
con funzionari motivati e scattanti
un mezzo di penetrazione
puntuale ed efficace
una rivista di successo
UN VIGNETO CHIAMATO FRIULI destinata -e lo fu per anni- a
raccogliere il testimone della prematuramente scomparsa IL VINO ;
La dirigeva
garantendo continuità di pensiero
il grande ISI BENINI.
Chi
scrive ebbe l'onore di far parte di quel Comitato di redazione
imparando "a costo zero" la sottile arte della comunicazione "per
simpatia"
a contatto con personaggi del calibro di ISI e PIERO
che non tenevano per se i segreti del mestiere.
Furono loro
-correva l'anno 1991 e li frequentavo dal lontano 1972- a volermi
giornalista agricolo
ritenendo che un impegno pregresso (senza
infamia..) di quasi vent'anni fosse sufficientemente probatorio per
entrare a far parte della grande famiglia della STAMPA AGRICOLA.
Un Ente
dicevamo
di fondamentale importanza per il comparto vitivinicolo
che viaggiava
"con il turbo" quando altre realtà più o meno simili
pubbliche ma
anche private adottavano ancora il "Landini a testa calda"
Troppo
bello per essere vero; ed infatti fu soppresso.
Piero PITTARO
non soffrì poi tanto per non essere stato-almeno per una volta- profeta
in Patria; infatti venne chiamato a presiedere subito dopo l'Istituto
sperimentale per l'enologia di Asti
diretto dal grande USSEGLIO
TOMASSET. Facendo un gran regalo ai piemontesi !
Egli trovò anche
il tempo per portare "in diretta" dai banchi di scuola
in cantina
un giovane che ha saputo cogliere dal MAESTRO la finezza dei modi
la
professionalità nella gestione delle vigne
del laboratorio e della
cantina
il senso tattico
l'eleganza
e l'agilità oratoria nella gestione degli incontri di gruppo
anche a livelli altissimi. Si tratta di Stefano TRINCO che Piero considera (affetto ricambiato) quasi un secondo figlio e che ha tutti i numeri per presiedere alla grande l'ASSOENOLOGI regionale .
Nei giorni scorsi per PIERO PITTARO si è
scomodato nientemeno che uno scrittore del calibro di Carlo SGORLON
dedicandogli un'intera pagina de IL
GAZZETTINO
del 23 luglio 2002 ("Società & Cultura
Piero Pittaro
il
Copernico del vino") “
Credo che nessuno
-esordisce SGORLON- anche se acceso repubblicano
potrebbe trovare un'espressione più adatta di questa a definire Pietro Pittaro
: "Il re del vino". Può darsi che nella nostra regione vi sia
qualcuno che ne produce più di lui
ma Pittaro
è un personaggio carismatico e del tutto particolare. Nelle fotografie
aeree
la sua enorme casa pare una reggia moderna
perduta in un mare di
vigneti
ottanta e più ettari
centinaia e centinaia di chilometri di
filari. Queste
sono dimensioni più frequenti nell'ambiente americano che in quello
italiano. Ma Pietro Pittaro
non possiede affatto una mentalità di natura statunitense
che tenda ai
primati o ad affermazioni di tipo quantitativo. Gli è remotissima la
"forma mentis" alla Mc Donald
che dispone di cinquanta locali
soltanto nella città di Pechino
come ho visto nel viaggio più lungo
della mia vita. Pittaro
appartiene per intero alla cultura nostrana
legatissimo com'è alla
storia
alla tradizione e all'arte del nostro Paese.
Discende
da una autentica dinastia di viticoltori. Quando l'Ariosto scriveva
l'Orlando Furioso e il Machiavelli Il Principe
la dinastia dei Pittaro già da molti decenni si
occupava di viti
vigneti e vino dalle parti di Codroipo. Pietro lavorò
con il padre
poi con un fratello
ma le diarchie
nelle aziende
per
solito non hanno la migliore delle riuscite. L'azienda dei Pittaro
cominciò ad avere le maggiori fortune quando fu Pietro a dirigere e a
decidere ogni cosa. Prima che questo avvenisse egli ebbe però molti
altri impegni. Chi ha spiccate attitudini per un'attività per solito ne
sa fare molte altre cose. Pietro ha lavorato anche presso altre Cantine:
la Cooperativa Carnica di Tolmezzo
la Cantina Sociale del Friuli
centrale
che ha contribuito a fondare e a consolidare. Per alcuni anni è
stato anche sindaco di Bertiolo
che molti considerano la capitale della
produzione friulana di vini. Poi
salito al vertice dall'azienda
familiare
ebbe il tempo di dedicarsi a viaggi in tutti i Paesi e a
cariche di natura enologica di ogni tipo e di ogni livello. Citerò
soltanto la più prestigiosa: dal 1996 al '99 fu Presidente della
"Unione Internazionale degli Enologi". In altri termini fu
un'autorità mondiale in fatto di enologia
un esperto consultatissimo in
tutti i continenti. Il vino lo produce
lo tiene a invecchiare nelle
antiche botti di rovere di Schiavonia o nei silos di acciaio inossidabile.
Lo imbottiglia e lo spedisce in ogni regione del mondo. Ma il vino è
anche argomento delle sue scritture di specialista. Come giornalista
dirige le riviste Un vigneto chiamato Friuli e L'enotecnico. È anche autore
di tre libri sul vino
L'uva e il vino (dedicato ai vini delle Tre Venezie)
Note
teoriche sulla degustazione dei vini
Uomini e cantine del vigneto Friuli. È autore anche di molte schede enologiche di vario
tipo
spesso tradotte in numerose lingue
persino in giapponese. È
consultato per tavole rotonde
radiofoniche e televisive a tutti i
livelli.
Per quanto riguarda il vino
il Friuli è molto
cambiato negli ultimi decenni. Un tempo
quello della Grande Emigrazione
ogni famiglia contadina produceva qualche ettolitro di vino per uso
domestico
nella pergola dell'orto o della braida dietro casa. Le uve
erano quelle da cui si spreme il cosiddetto fragolino
ossia nate da
vitigni che non richiedevano cure speciali e resistevano alle malattie.
Gli uomini lavoravano lontano e le donne
che dovevano badare alle mille
incombenze familiari
non avevano certo molto tempo da dedicare alle viti.
Ma neppure gli uomini rimasti a casa
a coltivare i loro campi
prendevano
veramente sul serio le viti. Al massimo provvedevano a difenderle dai
ladruncoli
spruzzandole con liquame attinto dal pozzo nero. Oggi
invece il Friuli è noto in tutto il mondo per i suoi vini
e i bianchi in
modo particolare. Il tocai
il sauvignon
il verduzzo
il ramandolo
il
picolit
il pinot grigio
il chardonnay
il riesling; ma anche i neri
il
cabernet
il refosco
il merlot
sono tutti vini Doc
apprezzatissimi e
acquistati dappertutto
imbottigliati e impreziositi da etichette
prestigiose
pregevoli persino dal versante estetico. C'è stata
nel
mondo dei vini
una vera rivoluzione copernicana. Uno dei grandi
protagonisti di essa è certamente Pietro Pittaro . Il nostro enologo non è soltanto un produttore e un
tecnico; è anche uno storico
un umanista
un poeta
un appassionato
raccoglitore di ogni possibile oggetto che riguardi il vino. Di ogni vino
conosce la storia
l'evoluzione verificatasi nel modo di produrlo
imbottigliarlo e smistare il prodotto in ogni mercato. La
vastissima casa di Pietro Pittaro
un edificio di migliaia e migliaia di metri quadrati
è insieme
un'abitazione
un museo del vino e una fabbrica di esso. Chi percorra la
statale per Pordenone quasi non la nota
perché la costruzione è molto
più vasta che alta. Il criterio architettonico che ha guidato la sua
edificazione è stato quello di non turbare il paesaggio pianeggiante
della Bassa friulana. L'accesso avviene attraverso un cancello metallico
azionato da un congegno elettronico. Come ogni altra cosa
è smisurato.
Sembra concepito per il passaggio di navi
piuttosto che di automobili o
di camion. Chi entra in casa è subito proiettato dentro uno sterminato
museo del vino
il più grande esistente in Italia
e forse anche in
Europa e nel mondo intero. Visitatori arrivano da lontano
con i pullman
per vederlo. Consiste in una infinità di bacheche illuminate
che su
ripiani gialli
che vanno dal pavimento al soffitto
ospitano in un nitido
ordine tutto ciò che nel mondo può essere messo in rapporto con il vino:
bicchieri
coppe
tazze
bottiglie
boccali
misure
fiaschi
damigiane;
di vetro
di cristallo
di maiolica
di coccio
di porcellana... C'è quello che si poteva trovare –prosegue SGORLON-
nelle
osterie rustiche della nostra infanzia
dei nostri padri e nonni; ciò che
si poteva vedere nelle case dei borghesi
nelle vetrine eleganti dei
ricchi
nelle cristallerie dei nobili
o dei palazzi principeschi
dalla
Sicilia al Nord dell'Europa. C'è addirittura una bottiglia del '600. Per
ogni oggetto
dal bicchiere al cavatappi
dalla bottiglia al boccale
si
va dalle forme più comuni alle più bizzarre e ricercate”. Come sempre
sono le cose più singolari a
impressionare maggiormente i visitatori. Le sagome più inconsuete e
sorprendenti
gli ornamenti più impensati
le invenzioni più
inaspettate
i disegni più ricercati
gli ornamenti più preziosi. La
realtà delle migliaia di oggetti
raccolti con certosina pazienza
e
certo con sacrificio finanziario non indifferente
con infinite
ricognizioni nelle botteghe degli antiquari
nei mercati delle pulci di
mezza Europa
persino nei bugigattoli dei robivecchi
nelle antiche
osterie in liquidazione
nelle soffitte dei contadini
che qualche
decennio fa erano disposti a barattare secchi di rame sbalzato
considerati fastidiosi vecchiumi
con altri di plastica; o oggetti in
ferro battuto con sedie tubolari nichelate
di linea modernissima. Per
radunare un museo di queste dimensioni e di questo livello
bisogna avere
una mente sensibile a infinite conoscenze tradizionali
umanistiche
suggestive
storiche. I musei nascono solitamente attraverso tempi
lunghissimi
alimentati da denaro pubblico
con custodi stipendiati;
rappresentano lo sviluppo di un nucleo primitivo creato spesso secoli fa
da qualche principe mecenate. Pittaro
invece ha fatto tutto da solo. Possiede lo spirito
la cultura
la
passione del collezionista. Così il suo singolare museo reca da cima a
fondo il sigillo della sua personalità e del suo gusto. Pittaro non ha radunato soltanto un
numero sconfinato di oggetti
in centinaia di metri di bacheche e
scaffali. Ha ricostruito anche ambienti particolarmente interessanti e
suggestivi per la sua cultura di friulano: l'antica osteria
l'antica
cantina
l'officina per il fabbricante di botti o di turaccioli di
sughero
l'ambiente con il torchio di legno
e tanti altri. A volte egli
si concede di allontanarsi dal tema del vino per raccogliere negli spazi
del suo museo altre cose: ad esempio una gondola veneziana
o un prezioso
carretto siciliano
dipinto e scolpito in ogni suo centimetro quadrato
antichi carri agricoli
arcaiche macchine stampatrici
e tante altre cose.
Tutto è legato da un ordine e una logica
perché ogni cosa possiede un
riferimento più o meno vicino al vino e alle cose che lo riguardano. Dall'altra
parte della statale
proprio di fronte alla casa di Pittaro
sorge la caserma delle Frecce Tricolori
i cui piloti sono tutti amici
del famoso enologo
pilota e appassionato del volo anche lui. Pittaro
è una sintesi straordinaria di modernità e di tradizione
di
imprenditorialità e di cultura
di friulanità e di apertura al mondo
intiero. Fornisce di preziose bottiglie –conclude SGORLON- la
cantina del Papa
di Cardinali
di famosi uomini politici
di Capi di
stato. Un esempio cospicuo
ritengo
di ciò che dovrebbe essere
l'imprenditore moderno
uomo d'affari e di cultura insieme
manager e
mecenate
cittadino del mondo
ma anche legato a filo doppio alla
tradizione della sua terra". Claudio Fabbro - Gorizia 1 agosto 2002 |