GIROLAMO DORIGO: LE NOSTRE RADICI
L'azienda
nasce nel 1966
con l'acquisto di due vigneti nei Colli Orientali del
Friuli
il "Ronc di Juri" a Buttrio ed il "Montsclapade" a Premariacco
situati entrambi in collina a pochi chilometri di distanza l'uno
dall'altro.
"Ronc di Juri" è un toponimo geografico friulano che caratterizza un
podere collinare in Bruttrio (UD)
gestito per più generazioni dalla
famiglia Juri
di presumibile origine slava. La traduzione di "ronc" è
"podere acclive e ben esposto coltivato a vigna"; "Juri" in slavo
corrisponde al nome Giorgio. La traduzione potrebbe essere: "La vigna di
Giorgio". Era prassi abbastanza in uso in Friuli nei secoli scorsi che i
vari "roncs" prendessero nell'uso quotidiano il nome dei mezzadri
stante la secolare presenza dei medesimi nello stesso podere
mentre la
proprietà passava di mano in mano con molta frequenza.
"Montsclapade" è toponimo geografico friulano traducibile in "Monte
spaccato". Trae origine dall'apertura nei secoli di una strada che
unisce Manzano con Orsaria (Premariacco). La collina più alta lungo il
tracciato
venne tagliata in due per l'attraversamento della strada in
questione.
Fin dall'inizio ci siamo resi conto delle potenzialità dei terreni
ed
abbiamo voluto subito sperimentare dei sesti d'impianto del tutto
sconosciuti in Friuli. Per primi abbiamo messo a dimora dei vigneti ad
altissima densità d'impianto
utilizzando come forma d'allevamento il "Guyot".
L'esperienza è stata splendida !
Adesso stiamo lavorando per riconvertire tutti i vigneti a bassa densità
di impianto
trasformandoli in "giardini" con più di 8.000 piante per
ettaro. I vigneti sono curati da personale selezionato
sottoposto
periodicamente a corsi di formazione.
I primi trattori prototipi realizzasti specificatamente per questo tipo
di impianti
sono stati recentemente sostituiti da un trattore "enjambeur".
Conduciamo da anni sistematiche sperimentazioni sulla miglior
combinazione tra suolo tipo di viti
facendo selezioni clonali e massali
all'interno dei nostri vigneti
per avere la pianta più indicata per uno
specifico terreno. Vengono inoltre costantemente effettuati dei
diradamenti
dal 20 fino al 50%
per concentrare nei grappoli l'essenza
della vite.
Tutto questo per ottenere la miglior uva possibile
requisito
indispensabile per la produzione di grandi vini. La conduzione della
campagna viene da noi supervisionata in prima persona
così come la
gestione della cantina
a cominciare dalla selezione manuale dei
grappoli. Questi ultimi
raccolti da mani esperte in piccole ceste
vengono da noi ulteriormente selezionati su un "tapis roulant".
Vinifichiamo così solo l'uva migliore.
Abbiamo voluto reintrodurre vecchie tecniche di vinificazione
riscoprendo la tradizione troppo in fretta sostituta da tecnologie
avanzate che rendono il vino perfetto
ma privo d'anima. Da anni usiamo
barriques di rovere francese; da tre anni abbiamo introdotto il
tradizionale tino di legno per la fermentazione dei grandi vini rossi.
Nostro motivo di orgoglio è il "Picolit Passito"
i cui grappoli sono
posti ad appassire per due mesi su graticci in un vecchio fienile
riparato dalla pioggia ma esposto al vento; selezioniamo gli acini uno
ad uno e facciamo fermentare il pochissimo mosto in barriques nuove.
I nostri vini non sono mai disponibili in grossi quantitativi
ma i
risultati ci appagano. La nostra azienda aderisce da anni al regolamento
CEE 2078/92 ed al nuovo regolamento 1257/99 F per la sostanziale
riduzione di fitofarmaci e concimi sulla coltura della vite.
In anni di appassionato lavoro abbiamo capito che il Vino è
un'espressione dell'uomo
e come tale può puntare ai più alti vertici di
qualità: questo è il nostro impegno.
DORIGO: I NUMERI
Ettari coltivati a vigneto: 32
D.O.C. di appartenenza: Colli Orientali del Friuli
Vini prodotti:
Tocai Friulano Chardonnay Schioppettino Spumante Dorigo Brut
Pinot Grigio Pinot Nero Pignolo Ronc di Juri
Ribolla Gialla Refosco Verduzzo Montsclapade
Sauvignon Tazzelenghe Picolit
Numero di bottiglie prodotte mediamente: n° 150.000
Team Gestionale:
Responsabile Generale: GIROLAMO DORIGO
Enologo: ALESSIO DORIGO
Responsabile delle vendite: SERENA BERGAMINI
Viticoltura: MARCO SIMONIT
GIROLAMO DORIGO - 33042 -Buttrio
Udine
Via del Pozzo
5
0432.674268
Fax 0432.673373
www.il-vino.com/girolamodorigo
girdorig@tin.it
Il "PIGNOLO" di Girolamo DORIGO
"E' uno dei più antichi vitigni autoctoni friulani. Quasi sicuramente
l'esigua produttività di questo vitigno
più che la fillossera
ne ha
decretato la scomparsa.
Il prof. Poggi
nel 1939
così ne parlava nel suo Atlante Ampelografico:...
"di tutta l'antica viticoltura il "Pignolo" (in friulano Pignùl) è
certamente l'esemplare degno di maggior rilievo e forse anche di una
nuova diffusione ..." "....strano vitigno
di aspetto cespuglioso e
rustico
sofferente
la quale nessuna cura colturale riesce ad imprimere
maggior vigore..."
"...la definirei una varietà colturale al limite
della sua potenzialità vitale
sulla via di una fatale scomparsa."
E
sempre negli anni '30
il prof. Dalmasso
studioso di viticoltura
direttore della Stazione Viticola ed Enologica di Conegliano Veneto
così si esprimeva in una scheda di degustazione di Pignolo: "tipo
singolare di vino
di lusso..."
Avevamo già scelto di fare i vignaioli per passione; la sfida del
"Pignolo" era grossa. La ricerca del "vitigno perduto" ci pose sul
cammino di don Luigi Nadalutti e del suo cantiniere sior Meni Casasola
a Rosazzo. Con loro facemmo la conoscenza di questo splendido vino
ottenuto da pochissime viti sopravvissute alla fillossera
ancora su
piede franco. Ne abbiamo alcune barbatelle (12)
che cominciammo ad
innestare; nel 1976 realizammo il primo impianto; nel 1979 abbiamo
ottenuto il premio "Nonino Risit d'Aur" (barbatella d'oro) per il
reimpianto del vigneto. Ora abbiamo a dimora un impianto con 8.000 viti
per ettaro.
La pianta del "Pignolo" è tozza e rugosa
la vegetazione cespugliosa ed
arruffata
fragile e molto avara di frutti; il frutto è piccolo e
serrato
ma gli acini sono dolci e succosi; ne otteniamo un vino rosso
rubino intenso. Il profilo è vellutato e rigoroso
il sapore è di frutta
amara.
La vendemmia del "Pignolo" è estremamente tardiva; la sua elevazione
avviene in barriques di rovere francese nuove al 100%."
CENNI STORICI sul "PIGNOLO" di Girolamo DORIGO
"La Curia Arcivescovile di Udine
da sempre proprietaria dei vigneti
dell'Abbazia di Rosazzo
condusse detti vigneti a mezzadria sino ai
primi anni '70
tempo in cui i contratti mezzadria si estinsero per
effetto delle nuove leggi in materia. Prima di tale mutamento
Monsignor
Luigi Nadalutti al quale ero legato da filiale riverenza ed amicizia
mi
fece dono per tre anni di seguito di alcuni tralci derivanti dalla
potatura delle 6 o 7 viti di "Pignolo" sopravvissute alla fillossera
(erano su piede franco) ed alle ingiurie del tempo e degli uomini (i
mezzadri non amavano queste vecchie viti
avare
incostanti e poco
produttive).
Moltiplicando il materiale ricevuto
ho finalmente piantato la mia prima
vigna di "Pignolo" a "Ronc di Juri" a Buttrio.; trattasi di vigneto
tutt'ora in produzione impiantato nel 1973 in questa mia proprietà con
1.250 piante su una superficie di ettari 0
50. Erano gli anni oscuri
della viticoltura friulana e purtroppo l'impianto avvenne secondo i
canoni allora propagandati e sostenuti dalla Regione e cioè metodo "Casarsa"
con interfilare da ml. 2.80 e distanza sul filare ml. 2.80 per due viti
accoppiate
con una intensità di 2.500 piante per ettaro. Quanto sopra
risulta certificato dalla Camera di Commercio di Udine in conseguenza
della denuncia dei Vigneti a D.O.C. Colli Orientali del Friuli per
l'iscrizione all'Albo Vigneti.
A maturità raggiunta di tale primo vigneto fu evidente che ci trovavamo
di fronte due cultivar diverse: una a foglia pentalobata
abbondante
nella produzione
con grappolo grande
compatto e raspo verde; l'altra a
foglia prezzemolata
contenuto nella produzione
con grappolo allungato
spargolo ed a raspo rosso. Nel frattempo
prima ancora di puntualizzare
queste differenze
avevamo moltiplicato del materiale eterogeneo
dal
quale ottenni 4.800 viti che piantai nel 1989 su ettari 0.60 forma
d'allevamento "Guyot"
interfilare 1.25 e distanza sul filare 1.00
nella mia proprietà di "Montsclapade" in Premariacco. Uno dei miei primi
vigneti ad alta densità. Purtroppo manca completamente dell'ampelografia
sul "Pignolo" e quanto sopra esposto
è solo frutto della nostra
osservazione ed esperienza in vigna.
Intuendo che a diverso cultivar corrisponda diverso vino
abbiamo
iniziato diversi anni addietro a vinificare due cultivar separatamente:
n'è subito emersa una abissale differenza ! Quindi
dal 1999
forti di
tale sperimentazione
vinifichiamo ed imbottigliamo "Pignolo" solo della
varietà prezzemolata.
Infine
dopo questo lungo travaglio (ma in viticoltura i tempi non sono
mai brevi) abbiamo selezionato 5.000 barbatelle di solo "Pignolo"
prezzemolato
che la primavera del 2002 andremo ad impiantare a "Guyot"
nella vigna di "Ronc di Juri" in Buttrio; sarà il primo vigneto in
Friuli ottenuto da una quasi trentennale sperimentazione in campo.
Non vantiamo nessuna primogenitura
ne tanto meno riteniamo essere i
migliori (questo casomai lo diranno i consumatori
confrontando il
"Pignolo" dei vari produttori); il "Pignolo" è presente da molti secoli
sui Colli Orientali del Friuli e noi ci siamo limitati a riportarlo in
auge dopo lunghi decenni di sperimentazione. Non a caso risale al 1979
l'assegnazione dell'ambito premio"Risit d'Aur" conferitoci dai Nonino
per il "restauro" del "Pignolo".
Con mio figlio Alessio abbiamo messo a punto un protocollo di lavoro in
vigna e in cantina per la elaborazione del "Pignolo"
sperando riunire
in associazione i pochi produttori di questo vino con l'impegno
sottoscritto di rispettare il protocollo medesimo. Dal canto nostro
stiamo già adottando il protocollo in questione; quanto andiamo in vigna
a fare in vigna è già esposto per grandi linee più sopra sopra; dal
punto di vista enologico
data da tre anni l'adozione di tini di
fermentazione in legno di rovere ed il successivo travaso del mosto/vino
in barriques francesi rigorosamente nuove ogni anno; possiamo indi
sostenere il che "Pignolo" non è mai stato in contatto con l'inox.
E' nostra radicata e ragionata convinzione che solo il legno
sapientemente usato valorizzi al massimo questa per troppi anni negletta
gemma della vitivinicoltura friulana "NOBLESSE OBLIGUE" . "
Gilolamo Dorico con il
figlio Alessio e nipotino
Il "PIGNOLO" a parer mio
di Alessio DORIGO
"Don Luigi Nadalutti si insedia a Rosazzo nel 1935.
Al tempo
amministratore (scritturale) della Curia Arcivescovile di
Udine per la gestione dell'Abbazia di Rosazzo
era Vincenzo Casasola
morto nel 1960. A Vincenzo
subentra il figlio Domenico Casasola
ma per
soli due anni; dopo la gestione viene assunta in prima persona da don
Luigi Nadalutti
coadiuvato da un certo Todone
di cui non corre buona
memoria; era un pasticcione
a detta di Nilo Zen
nipote ed unico erede
dello zio Domenico Casasola
morto nel '19 al quale subentra nella
gestionedell'azienda vitivinicola dei Casasola
ai piedi dell'Abbazia di
Rosazzo.
Notizie assunte da Bianca Nadalutti
residente a Manzano
Località
Abbazia di Rosazzo
Via Lodi
3 - Tel. 0432/759696
la quale per
maggiori informazioni mi suggerisce prenda contatti con la di Lei zia
Zamò Rosalia residente a San Giovanni al Natisone - Via delle Scuole
46/3 - Tel. 0432/757045
oggi settantaseienne
che per svariati anni fu
la perpetua del don Luigi Nadalutti.
Nilo Zen abita a Manzano
loc. Abbazia
Via Abate Geroldo
7 - Tel.
04321/759071. Interpellato oggi al telefono
non sa dirmi quante viti di
"Pignolo" fossero rimaste alla fine della carriera del don Nadalutti; la
vigna di "Pignolo" era comunque ubicata ai piedi del colle di Rosazzo in
direzione Slovenia."
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Macchina innovativa
per impianti fitti |
Proposta di Protocollo di Intesa per la Vinificazione
Affinamento e
Commercializzazione del "Pignolo" in Friuli
L'idea di fondo è di individuare una tipicità del "Pignolo"
e di
dettare le condizioni minime per ottenerla; la scelta delle tecniche
colturali e di affinamento è funzionale alla massimizzazione della
qualità. Il punto cruciale
secondo me
è l'importanza di costituire un
panel di degustatori composto dai produttori di "Pignolo" (ed
eventualmente un ristretto numero di giudici neutrali) che approvino o
meno i vari "Pignoli" degustati in forma anonima. I prodotti che passano
tutti i test possono fregiarsi di un sigillo o marchio di qualità
superiore che per comodità chiamerò "Pignolo Friulano". Un dubbio sulla
D.O.C.: è d'obbligo oppure no? E se no
Jermann come fa? Non vorrei
limitare ai soli "Colli Orientali" la produzione di un "Pignolo" di alta
classe.
-
Al momento
esistono due cultivar di "Pignolo"; una
è il "Pignolo" propriamente detto (varietà detta "prezzemolata" per la
forma delle foglie)
l'altra viene chiamata "Pignoletta" (o varietà
pentalobata). Il "Pignolo Friulano" deve proveniere al 100% da uve di
"Pignolo" propriamente detto (la "Pignoletta" dà un rosato tannico
assolutamente non interessante).
-
Non ritengo utile penalizzare i produttori che
decidono di lavorare con sesti d'impianto molto allargati. D'altra
parte
il "Pignolo" dà il meglio se sottoposto a diradamenti piuttosto
severi. Metterei quindi una clausola sulla produzione massima per
ceppo: le viti destinate alla produzione del "Pignolo Friulano" non
devono produrre più di 1 kg di uva per ceppo. I dati su superfici e
sesti d'impianto si possono desumere dal catasto viticolo di recente
istituzione. Va da sè che da un "Casarsa" a 2.000 ceppi per ettaro è
difficile ottenere un "Pignolo" di qualità.
-
La raccolta delle uve deve avvenire a mano
in modo
da poter scartare i grappoli meno maturi o marciti.
-
Non mettere clausole legate alla modalità di
vinificazione. Devo però dire che avendo provato sia fermentazioni in
acciaio che in tino di legno
la tentazione di rendere obbligatorio
quest'ultimo c'è...
-
Il "Pignolo Friulano" non deve avere zuccheri
residuali (direi massimo 3/grammi/litro). Questo per non incorrere
nella fastidiosa bottiglia "tannica" ammorbidita con dello zucchero.
-
Il "Pignolo Friulano" deve aver svolto la
fermentazione malolattica al 100%.
-
Il "Pignolo Friulano" deve affinare per almeno 18
mesi in botti di rovere. Meglio se barriques
ma porrei limitazioni
nell'uso del tipo di legno.
-
Il "Pignolo Friulano" non può essere tagliato con
altre varietà. Deve andare in bottilia come "Pignolo" 100%. I tagli
con il "Merlot" ammorbidiscono troppo
con il "Cabernet Sauvignon" lo
spersonalizzano
con altri autoctoni lo imbastardiscono.
-
Il"Pignolo Friulano" deve essere imbottigliato
senza ricorrere a filtrazioni sterili. Proibiti quindi cartoni
filtranti tipo sterile e cartucce microporose tipo "finale".
-
Il "Pignolo Friulano" deve riposare in vetro per
almeno sei mesi prima di essere messo in vendita.
-
Prima di potersi definire "Pignolo Friulano"
un
campione imbottigliato deve essere sottoposto a degustazione cieca
presso un panel composto solo ed esclusivamente dai produttori del
"Pignolo Friulano".
IL "PICOLIT" di GIROLAMO DORIGO
"La sua
coltivazione è antichissima
alcuni la fanno risalire al tempo
dell'Impero Romano
ma cominciamo ad averne notizia dal Gallesio
che lo
descrisse
unico fra i vitigni friulani
nella sua ampelografia
dove
fra l'altro
ipotizza che il nome derivi dalla piccolezza degli acini.
Nel '700 FabioSARDI
ampelografo si accorse che le infiorescenze del "Picolit"
erano anormali: presentavano infatti solo fiori femminili ed erano
quindi autosterili. Ancora oggi solo una piccolissima parte degli acini
riesce a maturare
concentrando così la linfa della vite.
Proprio per questo motivo
intorno al 1700 il "Picolit" rischiava di
scomparire . Della sua rinascita fu artefice un friulano nobile ed
illuminato
il conte FABIO ASQUINI
fondatore della SEZIONE
D'AGRICOLTURA PRATICA DI UDINE; rivoluzionò sesti d'impianto e
lavorazione della vigna
ritardò la vendemmia e provò ad essiccare l'uva
al calore del sol
introdusse nuove ed originali tecniche per la
vinificazione ed ottenne un vino liquoroso e strabiliante che pose in
bottiglie di sottile vetro soffiato di Murano. Lo fornì alle corti Reali
di Francia
Russia
Inghilterra ed Austria e persino ai Papi.
Alla fine dell'800
a causa della fillossera che distrusse quasi tutti i
vigneti europei
il "Picolit" rischiò nuovamente la scomparsa; per la
seconda volta nella sua storia secolare fu salvato: il prof. GIACOMO
PERUSINI si prese cura dello studio
del reimpianto e della sua
selezione clonale. Proprio a Buttrio fu fondata una Stazione
Sperimentale per lo studio di nuovi innesti e metodi di coltivazione;
gli studi vennero continuati dal figlio il prof. GAETANO PERUSINI
a
Rocca Bernarda.
Il prof.POGGI
negli anni '30
ne parlava così: "Vitigno dai caratteri
di alto pregio
quasi liquoroso
che dà bontà
finezza. Il prof. LULLI
lo definì sinteticamente "Oro potabile....". Più recentemente VERONELLI
durante il suo primo viaggio in Friuli
assaggiò il "Picolit"
se ne
esaltò e disse che il gusto "si apriva in bocca a coda di pavone"; erano
proprio gli anni in cui cercavamo do ridare dignità a tutti i vitigni
autoctoni friulani
ed in primis a questo vino che aveva affascinato il
grande ispiratore della rinascita del vino italiano.
Abbiamo raccolto documenti e testimonianze presso vecchi personaggi del
Friuli
per ritrovare la "memoria perduta" di questo splendido vino
imparando a far tesoro della storia di un vino e della sua tradizione.
Abbiamo selezionato l'uva
curata grappolo per grappolo
acino per
acino
l'abbiamo posta ad essiccare su graticci
pressata a mano e messa
a fermentare in barriques nuove; abbiamo ottenuto un vino dal sapore
antico
abbiamo capito che si può fare di più
sicuramente ormai non di
meno.
VERONELLI ha premiato questa nostra ricerca scrivendo: "Il "Picolit" di
Rosa e Girolamo è semplicemente il migliore che ci sia e dovrebbe
indicare
a chi ha l'intelligenza e l'umiltà di capire questi risultati
la strada da seguire".
Il vitigno del "Picolit" è vigoroso e forte
il germoglio cotonoso e
colorato; la foglia piccola di colore verde chiaro
spessa e rugosa. Gli
acini sono piccoli ed ovali
dalla buccia resistente
di colore giallo
opaco e dorato dalla parte del sole. La polpa è scarsa
dolce e
fondente
i vinaccioli sono sempre molto grossied in numero di due. Il
colore del vino che se ne ottiene è giallo oro
acceso e lucido; il
profumo è pieno
elegante
di fiori d'acacia. Il sapore è soave
di
vaniglia e di rosa.
Data la leggerezza del vetro
preghiamo di estrarre il tappo con
delicatezza.
IL "FRIULI CLASSICO" a parer mio
"Ho
un ricordo vivissimo del mio primo incontro con lo spumante
anzi con lo
"Champagne": era l'inverno 1942. Vivevo in una Firenze intristita dalla
guerra
dai bombardamenti e dalla fame. Un giorno ci giunse un
graditissimo dono
una bottiglia di"champagne"
credo "Mumm"
poichè ho
ancora negli occhi la bianca etichetta attraversata da una banda rossa.
Si decise che l'avremmo bevuta a Capodanno
per brindare ad un anno
migliore e così fu.
Con pane scuro
per necessità
burro e pesce salato (probabilmente
aringa o acciughe)
aprimmo con un piccolo botto la favolosa bottiglia.
Fu un momento di autentica gioia per la novità
la leggera euforia ed il
brio che quella benedetta bottiglia seppe infonderci.
Ricordo i sorrisi lieti della mia famiglia e
sia pure per una sera
soltanto
fummo felici e dimenticammo le bombe e gli stenti di quei
terribili anni di guerra. Meditai a lungo intorno a quello strano vino
vivo
vivace
brillante e pieno di allegria solo a vedersi. Rispetto al
vino tranquillo che sino allora conoscevo
lo spumante mi pareva una
forza della natura che
con la sua irruenza rumorosa ed effervescente
m'incantava.
A quell'età (avevo otto anni)
il confine fra la realtà e la magia è
assai labile e quel mio primo bicchiere di "champagne" non si collocava
nè di qua nè di la. E così
probabilmente
nacque in me l'embrione
dell'apprendista stregone.
Quando
vent'anni dopo
iniziai l'attuale professione di vignaiolo
forse sotto la suggestione inconscia di quella mitica bottiglia
volli
conoscere in modo professionale tutto quello che c'è da sapere intorno
allo spumante e coltivai segretamente il desiderio d'impadronirmi di
tale magia.
Cominciarono così i frequenti viaggi in "Champagne" e in tutti i luoghi
italiani dove si produce spumante
corteggiando questo mito in bottiglia
che evocava immagini di bellezza
eleganza e sobria ma stimolante
euforia.
L'approccio fu lungo e laborioso.
Bisognava iniziare dall'impianto di"Pinot Nero" e "Chardonnay"
dai
cloni più idonei e appropriati per ottenere una valida base di spumante.
Bisognava verificare se la natura del terreno ed il clima delle nostre
colline fossero consoni alle finalità desiderate. Bisognava appropriarsi
della tecnologia della spumantizzazione in bottiglia
semplice di per
se
ma tutta giocata su infinite variabili e molteplici sfumature.
Fu così che a quarant'anni da quel primo approccio
ebbi il piacere
indicibile di far partecipe un piccolo gruppo di fedelissimi amici alla
nascita e alla degustazione del "mio" spumante: è in pratica la breve
storia di una lunghissima gestazione di un sogno. Contemporaneamente
altri validi vignaioli friulani realizzarono la loro 'voglia di
spumante' per cui oggi abbiamo una gamma abbastanza vasta di questo
splendido prodotto. Insieme quindi abbiamo costituito un piccolo gruppo
che
con il marchio "Spumante Classico"
garantirà la serietà del nostro
operato
attraverso adeguati controlli e farà promozione alle nostre
migliori fatiche.
Io spero che lo "Spumante Friuli Classico" porti miriadi di euforiche
bollicine per allietare ovunque chi si accinge a brindare nelle ore
liete della vita
con il più vivo
vivace ed elegante vino creato
dall'uomo."
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