L'autorevole mensile CIVILTA' DEL
BERE di Milano -diretto da sempre dal giornalista triestino PINO KHAIL
ha
affidato ad Alfredo Ferruzza il compito di intervistare in tempi recenti “il
nostro”.
Ecco come ne scrive nel numero di
luglio 2002:
Livio Felluga con il giornalista
Cernilli
“Ho ritrovato –esordisce Ferruzza- Livio Felluga dopo circa vent'anni e ho
trascorso un intero giorno con lui su e giù attraverso le colline dei suoi
135 ettari di vigneto sotto un sole magnifico
abbacinato da tutte le
sfumature del verde interrotte da alberi e fiori. Punto di partenza e di
arrivo
Brazzano
la sua casa
la cantina
l'epicentro operativo di un
business che
per 650 mila bottiglie
si aggira sui dieci miliardi delle
vecchie lire
di cui il 35 per cento dall'estero.
Vigoroso
agile nonostante gli 87 anni
sempre presente a sé stesso e
attento agli altri
per ore e ore Livio mi ha raccontato gli episodi più
significativi della sua vita
ora sorridendo ora scurendosi in viso con la
battuta finale
però in positivo. Ossia: sempre attingendo slancio dal
bacino del suo ottimismo
il segreto numero uno del successo.
Livio
tra Salvador e Pelizzo
«Vedi »
mi diceva
«in tutte le cose devi essere sicuro e
convinto di farcela
e riuscirai; per il semplice fattto di avere pensato
fortemente a un progetto. E' una lezione che ho imparato da mio padre
Giovanni quando
a Grado
nel periodo tra le due guerre
dovemmo vendere
insieme le grandi botti di vino che nonno Livio aveva prodotto in Istria e
che per lo sfascio della Mitteleuropa di Francesco Giuseppe erano rimaste
senza compratori.
Ma paradossalmente
la lezione più incisiva me l'ha data la guerra a Tobruk
e ad El Alamein coi tre anni di prigionia a Capo Bon e in Scozia. Ripetevo
allora: debbo sopravvivere
e per istinto facevo le mille piccole scelte che
mi mantenevano in vita. Quando
finalmente
alla fine degli Anni Cinquanta
acquistai Rosazzo i primi ettari di vigna
ero perfettamente
controcorrente...».
La controcorrente dell'ottimista
di chi è sicuro di sé perchè crede nella
perentorietà della sua idea e dell'operato. Un'idea che nasceva dalla
struggente nostalgia di tutto l'arco della giovinezza: il paesaggio
i
rilievi tra il mare e la montagna del suo Friuli Venezia Giulia. Dice:
«ero affascinato da quelle dolci colline
da quel Collio che allora si
chiamava Medana
Cosana
San Martin di Quisca».
Sfortunatamente
quando Livio decide
dopo il ritorno in patria
di fare
vino di qualità in quella zona
le colline erano in completo
abbandono....Sorgevano le prime industria e i contadini preferivano andare a
lavorare nelle fabbriche”.
“Per Livio –prosegue Ferruzza-
quella fu una lunga stagione di amarezza
subito temperata dal proposito di
sfidare tutto e tutti per bloccare l'esodo in massa e
quindi
convogliare
ogni energia nella rinascita della collina. Questo è senza dubbio il
contributo generoso
geniale e importante di Livio Felluga alla bella storia
del vino italiano. Mobilitò colleghi agricoltori
uomini della politica e
dell'amministrazione
ma soprattutto se stesso
provando e riprovando con la
sua gente a Brazzano e dintorni sempre più estesi. Risistemò i vecchi
vigneti
ne impiantò di nuovi
inventando metodi e correlazioni per il
domani nel rispetto di ieri.
Livio con le sorelline
Nel cuore
confessa
si sentiva inventore
missionario e pedagogo
sull'esempio del padre che arricchiva di idee quanti gli si accostassero. E
gioiva come un bambino quando
nei frequenti sopralluoghi lungo i vigneti
del Collio e dei Colli Orientali vedeva nuovi filari
«ordinati a festa»
e
le viti cariche di uve rigogliose nel contesto di un paesaggio che
dice
non potrebbe essere più affascinante. Livio
infatti
come più volte mi
andava ripetendo nel corso della passeggiata al sole
era innamorato pazzo
della natura
che scrutava e venerava con animo religioso. Spiega ora:
« purtroppo non credo in Dio
ma i caratteri del Dio vivente li scopro
giorno dopo giorno nella natura. Una natura non astratta e sentimentale
ma
quella che tocco con mano nella mia terra
di cui scopro i segreti e prevedo
le mirabili rese. Se non avessi avuto questo culto della natura
avrei
concluso poco o niente. Sarei stato un faticatore
come dicono
e basta ».
Che sia un gran faticatore
non c'è dubbio. Non delega ad altri
anche per i
grossi lavori
quello che può fare lui. Del resto
vi si è allenato dall'età
di sei anni
quando nonno Livio lo conduceva con se nei vigneti di Refosco e
Malvasia a Isola e poi nella trattoria al centro del paese
dove per il
bambino c'era sempre una commissione da eseguire.
Sempre impegnato nel settore del vino nel solco tradizionale della famiglia
fedele al motto "a noi è il vino che ci dà il pane"
ha sempre seguito la
regola "prima capire e poi agire". E' orgoglioso di non essersi mai fermato
anche quando tutto congiurava contro di lui. Alla fine degli Anni Trenta
dopo il servizio militare
aveva appena aperto la sua prima cantina nel
Collio quando scoppiò la Seconda Guerra mondiale ed egli fu tra i primi ad
essere chiamato alle armi. Ma con il ritorno della pace
pur con « le
cicatrici aperte nella momoria e nel cuore » come ricorda
era già pronto a
ricominciare e da Brazzano ebbe inizio la magnifica avventura che ancora
oggi continua in ascesa
senza mai un'interruzione. Le sue vigne le ha
create lui
con le sue mani e il suo intuito. Dal vasto panorama delle
varietà friulane scelse quei vitigni che si adattavano meglio negli spezzoni
di terreno ben studiati
individuati e descritti perchè «come c'è
l'individuo nelle specie animali così è individuo ogni vigna o frazione di
vigna». Dice: «Piantare vigneti è un'esperienza entusiasmante
il risultato
di profonde valutazioni del terreno e del sito
di studi per nuove selezioni
clonali e di nuovi sistemi d'allevamento; è anche l'inizio di un nuovo ciclo
di rinnovamento e di attesa. Significa già pensare a quel vino
a quei
profumi e a quegli aromi che dalle viti avranno origine».
I vini di Livio Felluga sono noti come i "vini della carta geografica"
da
sempre riprodotta in etichetta; un'antica mappa di poderi aziendali
segno
di un profondo legame con la storia ed il territorio. Sono quattro i
vini-insegna di Livio Felluga conosciuti si può dire
in ogni Paese di
avanzata civiltà enoica.
Il poker si apre col fiore all'occhiello di tutta l'enologia friulana il "Picolit"
se non il gemello
certo il fratello italico del grande "Château d'Yquem".
L'oro antico dei vini che profuma delicati
ma complessi aromi e al palato
porta un mondo di sapori: miele
datteri
vaniglia
albicocca secca
scorza
di agrumi canditi
fichi appassiti
fiori gialli....Il "Picolit" di Livio
matura in barrique per 18 mesi
si affina in bottiglia per almeno un anno e
ha 13 gradi con 6
80 di acidità totale.
"Terre Alte" è il capolavoro della Casa firmato dal primo dei suoi quattro
figli
Maurizio
il suo braccio destro e ambasciatore. Maurizio
che ha 49
anni
fu il primo vignaiolo che incontrai nel Friuli quando
negli Anni
Settanta
feci per la rivista "Oggi" il tour dei vini dei Paesi latini.
Rimasi sorpreso allora dell'amore che senza reticenza
confessava verso la
sua terra e la gente friulana che ha bisogno
spiegava
di avere lavoro a
volontà perchè è di una disponibilità infinita. Ripeteva cioè
applicandole
al fattore umano
le stesse parole con le quali il padre esaltava le dolci
colline del Collio e del Friuli Orientale.
"Terre Alte è il punto d'arrivo di sperimentazioni a catena su "Tocai
friulano"
"Pinot bianco" e "Sauvignon" per farne un blend perfetto. Sistema
d'allevamento guyot
vendemmia manuale nella terza decade di settembre
il
prodotto viene mantenuto sui lieviti e affinato prima in botticine di rovere
e poi in bottiglia. di 14 gradi regala un retrogusto complesso con tonalità
di frutta esotica e di molteplici fiori.
Il terzo grande vino del catalogo ha un nome di fantasia
"Sossò"
ed è un
"Merlot" con una lunga denominazione ufficiale: "Rosazzo Rosso Riserva Colli
Orientali del Friuli". E' la sfida a tutto campo a quanti sostengono che il
Friuli sappia produrre soltanto vini bianchi. E'
infatti
dagli esperti
viene giudicato un vino di alto prestigio e dai mercati interni ed esteri è
accolto con crescente favore.
La quarta carta del poker aziendale è il più tipico
divertente e popolare
vino dell'enologia friulana: quel "Refosco dal peduncolo rosso" che offre
particolari senzazioni di sapida carnosità e col profumi delle more ricrea
paesaggi di primavera.
Elda
la secondogenita di Livio
non fa certo molta fatica ad esitare
questi prodotti nel mondo
anche per le innate doti di promotrice
e non
soltanto nel campo enologico
nel quale riceve provvide imbeccate
oltre che
da padre e da Maurizio
anche dai fratelli minori Andrea e Filippo
ma anche
nel settore turistico.
Come Presidente del Movimento Turismo del Vino del Friuli Venezia Giulia
ha
organizzato brillanti iniziative
tra cui la pubblicazione di uno spiritoso
calendario con vignette e disegni di giovani umoristi vincitori di un
concorso nazionale. La Giuria presieduta da Giorgio Forattini
presente
nell'album con la silhouette di una bottiglia e la scritta: "in Doc signo
vinces".
“Nell'azienda e nella famiglia di Livio Felluga -conclude Ferruzza- tutto ha
un segno di decoro
impegno e fantasia creatrice. Da ciò quei vini
i sui
vini”.
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