curiosità

SALSE, BALSAMI ED ACETI FRIULANI
ALLA SCOPERTA DELL'ASPERUM...E DINTORNI

Solo a nominar l'aceto, ai vignaioli friulani si drizzano i capelli. Il triste nome evoca la fase meno nobile di quelle vinificazioni "fai da te" care ai nostri nonni, che non conoscevano l'idropulitrice, l'acciaio inossidabile, l'igiene assoluta, quando nemmeno le "bolliture" con macerati di foglie di varie essenze botaniche bastavano a bonificare le doghe di rovere di Slavonia e di castagno fra cui si annidavano insidiosi batteri, pronti a ferire il palato e l'onore del cantiniere.

IL PERSONAGGIO

Non soffrì più di tanto, in un recente passato, Lino Midolini, poliedrico ed intraprendente "capitano d'industria" (dal mattone all'elettricità), quando l'esperto più ferrato in legislazione vinicola gli spiegò che parlare di "aceto balsamico" era possibile solo in lingua emiliana, non certamente in quella friulana!

Lino Midolini nella "balsameria" di Manzano
Lino Midolini nella "balsameria" di Manzano

Lino Midolini arrivò per gradini alla sublimazione di un grande mosto d'uve DOC dei Colli Orientali del Friuli in un prezioso balsamo. Prima aveva pensato bene di creare una seria azienda modello, specializzata nella vite e nel vino (ben 40 ettari sui 100 complessivi...) a cavallo tra le Città del Vino di Manzano e Buttrio. Si tenne caro l'autoctono Refosco dal peduncolo rosso, l'immancabile Tocai friulano ed il "magico Picolit" e, uomo d'idee apertissime come pochi, non si negò a Chardonnay, Pinot grigio, Sauvignon, Merlot ed ai due Cabernet. Delle due sue splendide figliole, fu forse Gloria a cogliere per prima il messaggio del "patriarca" rilanciando un'immagine che oggi giova ad un intero territorio, riabilitatosi ed affrancatosi dal sistema a spalliera espansa (Casarsa) e dal cimiteriale palo di cemento, per candidarsi a pieno titolo a "Parco della Vite e del Vino"; e c'è da sperare che in futuro tanta preziosa eredità venga coltivata dai giovanissimi ma promettenti nipoti. E fu così che, fra una vendemmia e l'altra, nacque quella "Salsa Balsamica" da mosto cotto ad arte ed affinato in oltre mille botticelle di varie essenze, per una superficie di ben 400 metri quadrati che la dicono lunga sul perchè della nomination nel libro dei Guinnes. Un nome dal fascino latino, ASPERUM. ed un'agenda zeppa di nomi famosi che sono in lista d'attesa per sbizzarrirsi con interviste e macchine fotografiche.

Così è che se anche la bontà dei suoi vini talvolta è sfuggita a chi è chiamato a dar corpo a guide importanti nel contesto delle quali qualche riconoscimento in più se lo sarebbe meritato, di certo non può sfuggire la qualità e l'unicità di questa perla rara, unica del suo genere nella variegata offerta gastronomica della nostra regione.

Lino Midolini con la nipote Angelica
Lino Midolini con la nipote Angelica

IL PRODOTTO

È il sabato "della merla" e fa un freddo polare, ma splende il sole e nulla può impedirci di imboccare le panoramiche vie che conducono tra i vigneti dei Colli Orientali del Friuli.
Inoltrandoci tra Buttrio e Manzano, raggiungiamo il vecchio granaio restaurato adibito a balsameria. Riparate dal grande tetto a capriate, le oltre mille botticelle dalle bocche protette con candide pezzuole di lino sono ordinate per "batterie", religiosamente disposte su due file. Luogo di silenzio e luce, che richiama alla memoria una tradizione che si perde nel tempo, quando il tempo aveva il suo valore e le cose venivano fatte con cura e dedizione. Luogo d'arte e di cultura, dove tra botti e tini possiamo gustare una suggestiva successione di dipinti contemporanei, che potrebbero a buon titolo figurare nella collezione Guggenheim!
Ad attenderci troviamo il signor Lino, 80 anni magnificamente portati, accompagnato dal suo fido ed intelligente braccio destro, Ferrante Mian, pronto a svelare i misteri della Salsa Balsamica.

TRA STORIA E CRONACA.

Il "mosto cotto", citato in antichi libri di culinaria, ad Aquileia veniva usato per conferire alle pietanze il caratteristico sapore agrodolce tanto apprezzato dagli antichi romani, grandi produttori di "caroenum", di "defrutum" e di "sapa", mosti cotti a diversa concentrazione. La tradizione di queste salse, mai persa nelle nostre terre, è stata ripresa, alla fine degli anni sessanta da Lino Midolini che da un mosto di uve di primissima qualità ha saputo ottenere un "elisir" chiamato "ASPERUM" al quale l'invecchiamento ha conferito un'inconfondibile densità unita ad una particolare carica aromatica e ad un delizioso sapore agrodolce.

Da cosa nasce questa passione per l'aceto balsamico, tanto forte da trasformarsi in attività produttiva? E' una passione che si perde lontano nel tempo. Ero a Bologna, circa quarant'anni fa, quando ricevetti in dono da un amico di Modena un'ampolla contenente un balsamo denso che non lo conoscevo ma che presto imparai ad apprezzare. Così, un po' per curiosità, un po' per testardaggine, iniziò quest'avventura che dura da oltre trent'anni. Mi feci istruire da amici modenesi acquistando le prime botticelle, alcune delle quali piene, che tuttora conservo nel granaio della mia casa, informandomi sul come e sul cosa dal massimo esperto nazionale della materia, il prof. Mario Bergonzini di Spilamberto . Tanta passione, tanto lavoro, tanta pazienza ma ora siamo sul Mercato con piena soddisfazione ed ottimi risultati.

In Friuli, terra a vocazione vitivinicola, vi sono altre aziende che hanno ampliato la filiera producendo qualcosa di analogo? Attualmente, in fase commerciale ci siamo solo noi con l'ASPERUM. Ci sono però aziende come la Livon di Dolegnano di S. Giovanni al Natisone che ha dato l'avvio alla fase produttiva da 12 anni, riservando la produzione ad un consumo privato e produttori come Zamarian a Campeglio di Faedis e Filiputti a Rosazzo che lavorano per la loro soddisfazione, mentre Valpanera in Villa Vicentina ha in programma un aceto di monovitigno (Refosco dal peduncolo rosso n.d.r.), ma non credo sia ancora entrato in produzione.

"Asperum" evoca riminiscenze di latino: come mai questo nome?

Il nostro non si può appellare "aceto balsamico", pur rispettando il disciplinare di produzione, perché non siamo a Modena, dove il nome è tutelato dalla DOP Consorzio. Inizialmente volevamo farci conoscere come "Balsameria di Aquileia" a sottolineare la derivazione dalla tradizione gastronomica romana, ma non siamo nemmeno ad Aquileia e le viti da cui si ricava il mosto si trovano sui Colli Orientali. Per questo ci è venuto in aiuto il latino ed "Asperum" si è dimostrato un nome all'altezza del prodotto e della sua storia.

Come si riconosce la qualità di un aceto balsamico?

Per essere considerato tale, una salsa balsamica deve presentare la caratteristica densità, un colore bruno intenso, luminoso ed un "bouquet" particolare, derivato dall'assemblaggio degli aromi delle varie essenze. Naturalmente vi sono anche caratteristiche bromatologiche, ma quelle le lasciamo ai tecnici, noi ci fideremo principalmente del gusto: provare per credere...

Il vostro può essere considerato, per qualità e per valore, un prodotto di nicchia. Cosa pensa dei prodotti denominati "aceto balsamico" che si trovano sugli scaffali dei supermercati? La questione riguarda più i modenesi che noi. Industria e grande distribuzione hanno le loro regole, e non sempre Marketing fa rima con qualità. D'altronde come si può pensare di fare qualità eccelsa quando si offrono al consumatore quantità enormi di un prodotto che per definizione richiede investimenti ingenti, tempi lunghissimi e cure costanti? Pensi che da 100 litri di mosto si ottengono circa 15 litri di Asperum e ciò dopo aver atteso 30 anni. La politica della mia azienda fa riferimento solo ed esclusivamente al top ed è orientata alla soddisfazione di un pubblico che sa apprezzare qualità e tradizione.

Come suggerisce di degustare l'Asperum?

Qualcuno potrebbe dire: con il cucchiaino! In realtà l'Asperum, per la sua particolare carica aromatica e la sua forte capacità d'insaporimento, richiede una particolare attenzione nei vari utilizzi. Solitamente la dose ottimale si riconosce in due cucchiaini a persona. Buona norma è versarlo sui cibi a fine cottura, prima o subito dopo averli tolti dal fuoco affinchè non vada disperso il pregiato aroma. Tuttavia in casi particolari sono previste eccezioni e queste sono lasciate alla sensibilità di chi lo usa: straordinario su verdure fresche e pinzimonio, arricchisce frittate alle erbe, fegato d'oca, insalata di cappone e nobilita le minestre di pasta e fagioli. E' poi perfetto come "tocco finale" su pesci e carni al forno, per diventare sublime sul gelato alla crema, sulle fragole ed i frutti di bosco.

La sua azienda lo presenta in questa raffinata confezione ma, dato il suo pregio, come va conservato? Sempre ben chiuso e lontano da fonti di calore.

I nostri lettori che lo volessero gustare, dove lo possono acquistare?

Di certo nelle migliori enoteche della regione, ma se desiderano fare una gita fuori porta, saremo felici di offrirlo anche in azienda in via della Balsameria o a Manzano, in via Udine 40 (tel. 0432-21574)

IL PRODOTTO Le notizie tecniche ci vengono invece offerte con grande perizia dal signor Ferrante durante l'interessantissima visita alla balsameria.

Da cosa cominciamo?

Certamente dalle materie prime usate nella produzione della Salsa balsamica.Tutto inizia dal mosto ricavato dalle uve di Tocai friulano, Chardonnay, Pinot e Sauvignon di primissima qualità, cotto a 80 gradi per 70 ore. Durante questo periodo esso perde il 70% dell'acqua mentre aumenta la concentrazione degli zuccheri e di conseguenza la densità. Il mosto cotto così ottenuto viene lasciato 5-6 anni in botti di rovere di Slavonia della capacità di 15-20 ettolitri dove si concentra ulteriormente. E' proprio questo il mosto cotto che viene usato per procedere, una volta all'anno, in gennaio, al rabbocco della più grande e "giovane" delle botticelle d'invecchiamento.

Ci può spiegare meglio?

Certo! Le botticelle, di dimensioni ed essenze diverse, sono organizzate in 100 "batterie" da 8, disposte in scala decrescente da 60 a 10 litri, (vedi foto ndr.) per una capacità complessiva di circa 300 litri . Dalla più piccola, che contiene la salsa "matura", ogni anno, in gennaio, si procede al "raccolto" cioè al prelievo di 1 litro di Salsa balsamica che, riversata in una botte collettore, chiamata botte-madre, si mescolerà con gli altri 99 litri prelevati dalle botticelle delle restanti 99 "batterie", costituendo il prodotto da commercializzare nell'annata. Al termine del "raccolto", si provvede al rabbocco della botticella più piccola con la salsa della botticella precedente e così di seguito, a cascata, fino all'ultima, la più grande e dal contenuto più "giovane" . Essa riceve mediamente 5-6 litri di mosto cotto, che vanno a reintegrare sia la quantità prelevata inizialmente, sia il calo dovuto all' evaporazione dell'acqua ed all'assorbimento da parte del legno delle botti. Ricordiamoci che la materia prima subisce, alla fine del ciclo produttivo, una calo dell'85%. Se si raccogliesse più di un litro all'anno da ogni batteria, si attaccherebbe l'anello di maturazione perché l'eccessiva quantità di mosto da rabbocco provocherebbe il "ringiovanimento" del prodotto ed il crollo della qualità. 

IL BALSAMO DI GIANNI ZAMARIAN



Quali sono le essenze impiegate nella produzione delle botticelle?

Le botticelle sono costruite artigianalmente con essenze di castagno, gelso, frassino, robinia, ciliegio, rovere e ginepro. Queste sono distribuite senza un ordine preciso, dando origine a salse dal sapore diverso, che verranno "assemblate" nella botte-madre, favorendo l'armonizzazione degli aromi. Interessante e rara è la batteria in legno di ginepro che dà un prodotto di straordinaria carica aromatica, destinato a contribuire, con dosaggio appropriato, alla formazione del "bouquet" finale dell'Asperum.

Quanto dura il ciclo di ogni batteria?

Il ciclo è continuo e può durare centinaia di anni, però ognuno dei litri raccolti e versati nella botte-madre vanta almeno 30 anni di invecchiamento. Una curiosità: a Modena vi sono balsamerie che producono da oltre 100 anni.

Gianni Zamarian e Famiglia
Gianni Zamarian e Famiglia

Da quanto tempo producete?

La balsameria ha 32 anni e siamo sul mercato solo da tre.

Si utilizza anche dell'aceto durante il ciclo produttivo?No, esso viene usato solo durante il trattamento delle botti nuove che vengono riempite per circa 1 mese con aceto di vino - affinchè si impregnino - e poi svuotate. Questo, dopo l'immissione del mosto, darà l'avvio ad un'acetificazione naturale.

Perché collocare la balsameria proprio in un granaio?
Perché così è più soggetta alle escursioni termiche: il caldo favorisce la fermentazione e la concentrazione, mentre il freddo provoca una decantazione naturale. Una Salsa balsamica ben strutturata deve essere densa e "compatta" ma allo stesso tempo limpida.
Bene, finora abbiamo solo parlato. E' arrivato il momento di assaggiare: le parole non servono più... 
Ma rimane un tarlo: e Gianni Zamarian come lo fa? E' ora di pranzo: perché no? Una telefonata, una corsa e raggiungiamo il suo ristorante, il rinomato "alla Vedova" di Udine, cucina tradizionale offerta ad una selezionata clientela internazionale. Al nostro arrivo ci accoglie Sandra (una laurea in Giurisprudenza e tanta voglia di fare) la quale, tra un servizio e l'altro, trova il tempo per intrattenersi con noi ed affrontare l'argomento. In un italiano squisito, ci racconta di tradizioni e di patti dotali, di acetaie di famiglia come eredità, trasmesse per linea femminile dalla notte dei tempi e di antiche ricette tramandate dai monaci. Un mondo incantato in cui perdersi è un piacere. Con altrettanta sicurezza e malcelato orgoglio ci parla anche di questioni tecniche evidenziando subito il fatto che si tratta di un prodotto diverso da quello precedente.

Come lo fate?

Il "nostro" aceto balsamico di Campeglio si ottiene da un mosto di uve da vendemmia tardiva, cotto in caldaie, a fuoco vivo, ridotto dal 50 al 70%, lasciato fermentare per due anni in botti di rovere da un ettolitro in presenza della "madre dell'aceto" (colonia gelatinosa di bacterium aceti); successivamente travasato, senza madre, in botti di castagno e lasciato maturare altri sei anni, trascorsi i quali viene addizionato di un macerato di frutta ed erbe aromatiche, lasciato maturare ancora a lungo, infine travasato in botti sempre più piccole, periodicamente rabboccate, lasciate aperte e protette solo da garze.
Quanto tempo gli ci vuole, dunque, per arrivare in tavola?Minimo 18 anni. Noi produciamo circa 20 litri ogni tre anni. Un prodotto di rara qualità, dotato anche di virtù terapeutiche, adatto a condire ma, c'è chi lo giura, pure a curare i postumi della sbornia.

Da chi avete appreso la ricetta?

E' una vecchia ricetta, tramandataci dal nonno, Giovanni Zamarian, che a sua volta la aveva trascritta dal testo in possesso di un monaco certosino, ospite di un convento friulano.
Ormai la fame ha il sopravvento: ringraziamo il delizioso anfitrione e passiamo alla degustazione: inimitabile!

Fotografie di Claudio Fabbro ed Archivio Midolini; il servizio risale all'inverno 2002/2003 e sarà aggiornato quanto prima con le novità degli ultimi cinque anni.