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“Terre Alte” compie 20 anni.
Il vino simbolo dell'Azienda Livio Felluga festeggiato a Roma alla Città del Gusto
con una verticale delle annate più significative
 

“Terre Alte” nel Mondo: questo il leit motiv che ha fatto da filo conduttore alla  festa organizzata al Gambero Rosso Città del Gusto di Roma per celebrare i 20 anni di “Terre Alte”  uno dei vini simbolo della prestigiosa azienda vitivinicola friulana Livio Felluga da sempre segnalato per la sua eccezionalità dalle più autorevoli guide del settore e recentemente premiato con i 3 bicchieri Gambero Rosso Slow Food nonché con i 5 grappoli Ais. In occasione del ventennale  Daniele Cernilli Stefano Bonilli e Maurizio Felluga hanno presentato  una degustazione verticale di otto tra le migliori annate del “Terre Alte”   dal '91  all'anteprima del 2002. Presenti all'avvenimento Vip giornalisti artisti quali gli attori Ricky e Gian Marco Tognazzi Simona Izzo Andrea Pezzi il sassofonista Amedeo Bianchi nonché il direttore del Tg5 Enrico Mentana accompagnato dalla moglie Michela Rocca di Torrepadula. A fare gli onori di casa il patriarca Livio Felluga fondatore dell'azienda oltre cinquant'anni fa e oggi a 89 anni mito e leggenda vivente dell'enologia friulana di qualità. Accompagnavano Livio la moglie Bruna e i figli Elda (presidente della Delegazione friulana del Movimento Turismo Vino) Maurizio Andrea e Filippo

Alla verticale è seguita una vera e propria gioiosa festa   nel corso della quale il pregiato vino friulano è stato esaltato da un allestimento del wine bar della Città del Gusto assolutamente inedito  ideato per l'occasione da Wine Art grazie alla creatività di Andrea Pezzi Filippo Polidori e Giorgio Meszely. Se un'intera parete del locale era stata rivestita di preziose bottiglie di “Terre Alte” in un'atmosfera soft ma allegra e informale creata grazie a raffinati giochi di luci forme e suoni un'altra fungeva da maxischermo per una rutilante  serie di immagini. Tradizione e innovazione: suggestivi scorci della terra friulana dei vigneti della cantina   ritratti dei Felluga sono stati abbinati ad  immagini di paesi  di tutto il mondo da cui provenivano i piatti creati per l'occasione dal famoso chef napoletano Alfonso Montefusco ideatore di Food Context filosofia in cui lo spazio  e il cibo si esaltano a vicenda. Montefusco si è ispirato che così en place   alla grande versatilità del “Terre Alte” e ha preparato il “Menù dei Tre” dove lo stesso ingrediente è stato interpretato in tre differenti cotture e differenti tradizioni culinarie esaltando l'armonia tra  cucina mediterranea e forti influenze esotiche: ed ecco allora i sapori antichi d'Oriente le avvolgenti sensazioni del Sud Pacifico i decisi gusti sudamericani fusi con la più autentica cucina mediterranea. Ad esaltare l'atmosfera “internazionale” della serata la musica del Visual Dj Joey Skye e del percussionista Antonio Testa.

Fil rouge di questo giro attorno al mondo dei sapori  è stato il “Terre Alte” un vino che per la sua eleganza e struttura grazie alle sue infinite sfumature ben si adatta a cotture e culture culinarie anche molto differenti e distanti dalla nostra. Terre Alte è nato nel 1981 e da subito si è imposto all'attenzione degli esperti tanto da essere considerato uno dei più prestigiosi vini bianchi italiani. L'armonico assemblaggio di uve Tocai friulano Pinot bianco e Sauvignon coltivate a Rosazzo proprio negli storici vigneti delle “Terre Alte” crea un vino elegante e ricco dagli intensi profumi fruttati e floreali. E' un vino di grande struttura che con l'invecchiamento acquisisce una evoluzione terziaria di notevole complessità 

CF/ 28.10.03-foto JPG di Claudio FABBRO

TERRE ALTE UN BIANCO CONTRO IL TEMPO

“Espressione di un territorio ad alta vocazione il vino dell'azienda friulana
Livio Felluga è un riferimento del panorama vinicolo nazionale.
Una degustazione verticale di 6 annate per scoprirne i profili più complessi.“

Così esordisce il giornalista Andrea Gabrielli nel numero di marzo  2001 di CUCINA & VINI “ dedicato proprio al TERRE ALTE di LIVIO FELLUGA

“Integrità. equilibrio.-prosegue Gabrielli- é quanto hanno sottolineato i partecipanti alla degustazione effettuata in redazione. Sei annate dal 1993 al 1999 (saltando il '94 non disponibile) che non presentavano nessun cenno di cedimento neanche nell'annata 1993 dotata di colore dorato vivo e brillante.
Bere un bianco dell'annata più che una moda italiana è quasi una mania. La mania del vino nuovo semplice beverino non impegnativo. Il bianco da invecchiamento sembra ancora essere un modo di bere per pochi qui in Italia. I cugini d'oltralpe ne fanno un vanto da sempre e anche i tedeschi. Borgogna Alsazia Rheingau e Friuli. Da questa terra vocata provengono da ormai 30 anni i migliori bianchi italiani e la lenta e inesorabile evoluzione dei consumatori favorisce la produzione di bianchi importanti capaci di migliorare con gli anni. Il Terre Alte è abbastanza ruffiano quando è giovane già dotato di largo spettro aromatico ma con qualche anno sviluppa un bouquet complesso ampio fatto di una tavolozza di aromi che spaziano dalla frutta alle spezie alle austere note minerali a quelle nobili di idrocarburi.

Oleis Rosazzo. La zona
Nel podere di Oleis in zona Rosazzo (sottozona riconosciuta dal disciplinare di produzione della Doc Colli Orientali del Friuli) ci sono le radici del Terre Alte. Tocai sauvignon e pinot bianco le uve. Le vigne sono di proprietà dell'azienda dal dopoguerra epoca di crisi dell'agricoltura e di sviluppo dell'industria delle sedie in zona. "Ebbi l'opportunità di comprare in quelle terre" ci racconta Livio Felluga fondatore dell'azienda "la cui vocazione viticola era rinomata dal 1100
La crisi delle campagne mi consentì di scegliere le vigne da acquistare per continuare la tradizione familiare di vignaioli da 5 generazioni. Ma il Terre Alte nasce dalla volontà e dalla caparbietà del mio figlio maggiore Maurizio. Le sue scelte sembravano discutibili al primo approccio ma poi la qualità ha vinto e quel vino è diventato il simbolo della nostra azienda". Sì perché Livio è riuscito a trasmettere ai suoi quattro figli Maurizio Elda Andrea Filippo l'amore per la vite e il vino e tutti insieme partecipano alla vita aziendale. "Ci vuole umiltà bravura volontà e passione per ottenere risultati" asserisce Livio e questo probabilmente è il segreto del successo aziendale”.
"In una famiglia di vignaioli da cinque generazioni dovevo anch'io dimostrare di avere la stoffa del produttore a me stesso prima che agli altri". é Maurizio Felluga a parlare a spiegarci la filosofia del Terre Alte. A fine anni Sessanta i vini friulani erano interessanti ma con una vita molto limitata. L'inesorabile ossidazione del vino cominciava ad un anno dalla vendemmia. "La vecchia maniera di fare vino non funzionava più l'esigenze erano diverse" continua Maurizio. "Viaggiando avevo l'opportunità di assaggiare i grandi bianchi francesi affascinanti piacevoli complessi a molti anni dalla vendemmia. L'alternativa diffusa in Italia nella seconda metà degli anni Settanta era il vino bianco carta fresco leggero spogliato ottenuto con un uso estremo e sbagliato delle nuove tecnologie". L'azienda non ha mai proposto vini di questo genere perché estranei alla propria filosofia fondata su un lavoro estenuante in vigna per ottenere uve eccezionali. "Era inaccettabile che gente che conosceva la campagna così a fondo dovesse produrre vini eccellenti ma poco durevoli. Io volevo qualcosa di diverso che fosse originale nel gusto che durasse nel tempo che avesse la capacità di sviluppare aromi terziari senza uso di legno ma basandosi semplicemente su uve grandissime e una gestione moderna e corretta della vinificazione. La prima specifica mi spinse a cercare l'originalità in un blend di uve e questo creò le prime discussioni con papà. Per chi come lui era sempre stato legato al territorio e alla denominazione di origine un prodotto non tradizionale non era accettabile. La tradizione era il monovarietale". Lo scontro infatti era generazionale nel territorio nessun anziano poteva accettare un vino da tre varietà era come una bestemmia. "Volevo poi le uve migliori e scelsi la zona più vocata per i bianchi il podere di Oleis nelle colline di Rosazzo. La prima vendemmia nel 1980 e subito le prime difficoltà. Cercammo di raccogliere tre vitigni diversi con diverse epoche di maturazione nello stesso periodo per vinificarli insieme. Fu un fiasco. Dovevamo trovare un modo per parcheggiare le uve vendemmiate prima. Ci serviva uno scambiatore di calore in grado di gestire materiale semisolido e pensammo di rivolgerci ad un meccanico di un'officina di motociclette. Lo scambiatore ci permise di mantenere il mosto a 7-8°C inibendo la fermentazione in attesa delle altre uve". Nacque con la vendemmia 1981 il Terre Alte. "Scegliemmo il nome legandolo al territorio. Era il nostro modo di chiamare i poderi collinari più alti che avevamo" interviene Elda Felluga "e oggi è un toponimo di zona un crû". La bottiglia era di stile totalmente diverso dalla carta geografica tipica di Livio Felluga. Il Terre Alte voleva essere la massima espressione del territorio ma i consumatori e la maggioranza dei viticoltori di zona non erano ancora pronti a comprenderlo. In sostanza esisteva il rischio di danneggiare in qualche modo l'immagine aziendale profondamente legata al mondo delle Doc e Livio Felluga viveva l'uscita di un vino da tavola quasi come un'infamia. "Spaventava molto il "vino da tavola" per chi si identificava nel territorio ma di esempi blasonati già ce n'erano diversi in Italia" spiega Elda. "Organizzai una degustazione con tutti i nostri rappresentanti" continua Maurizio "e si creò un vero scisma tra i sostenitori e i detrattori. Decisi allora di distribuire le 15.000 bottiglie disponibili ad un certo numero di ristoratori per avere un ritorno sulle reazioni dei consumatori" (oggi è prodotto in 50-60 mila bottiglie per annata - ndr).
Quindi le prime reazioni positive dei consumatori il placet della stampa specializzata e la benedizione di papà Livio. Dal 1983 l'etichetta tipica aziendale dal 1994 il riconoscimento della Doc e dal 1996 il riconoscimento di sottozona Rosazzo. Queste le tappe di un successo.
L'annata 1999 del Terre Alte andrà in commercio non prima della prossima estate. Si tratta di un vino in affinamento che i fratelli Felluga ci hanno consentito di assaggiare cedendo alla nostra appassionata insistenza. Nelle annate disponibili gli ingredienti sono mediamente gli stessi compatibilmente con la qualità delle uve raccolte. "La composizione del Terre Alte è sempre stata la stessa con quantità grossomodo equamente ripartite tra sauvignon tocai e pinot bianco vinificati separatamente e poi assemblati a partire dal 1983" ci spiega Lorenzo Regoli enologo aziendale. "Dal 1997 nella vinificazione è stata gradatamente introdotta la botte piccola da 350 litri con l'obiettivo di effettuare un mantenimento del vino sulle fecce nobili con rischi minori rispetto a quanto sempre fatto nella vasca grande in acciaio e di ottenere un probabile incremento in longevità. In funzione delle caratteristiche di ciascuna uva parte della massa a fermentazione attivata passa in botte piccola. La quantità è variabile di anno in anno. Inoltre su meno della metà della massa viene favorito lo svolgimento della malolattica. Ma è in campagna che nasce il Terre Alte con una cura maniacale delle vigne (cimatura diradamento gestione dell'inerbimento ecc. - ndr) e rese che non raggiungono i 50 quintali per ettaro" continua Lorenzo. Ed ora la parola al vino.

1999
Di un bel paglierino verdognolo è già intenso al naso con una ampia gamma di aromi primari e secondari fusi con delicate note di nocciola tostata. Molto fruttato propone sentori di cedro pera susina mora di gelso. Note tipiche del sauvignon di foglia di pomodoro e vaghe di salvia percezioni floreali sentori di frutta candita e intense note mellite che in bocca si amplificano ulteriormente. "Il miele è l'impronta delle uve tocai gestite a basse rese e a perfetta maturazione" spiega Lorenzo Regoli quando a verticale già effettuata gli raccontiamo le nostre impressioni. Struttura imponente calore acidità sostenuta per un vino che preannuncia un millesimo da conservare. Tornano i frutti e i sentori varietali del naso in intima fusione con la leggera elegante tostatura. Finale molto lungo con il miele in evidenza. Gradazione alcolica: 14% vol (?)

1998
La marca del sauvignon è ben percepibile in quest'annata con aromi di foglia di pomodoro mora di gelso e tenui di salvia. Paglierino con riflessi verdolini propone sentori di pera pesca agrumi con riconoscimenti di clementina e mandorla fresca coadiuvati da note speziate di vaniglia e pepe bianco e fine tostatura. In bocca quest'annata è giocata sulla grande eleganza e l'equilibrio. Buono il corpo e la dotazione dei fondamentali (acidità e alcol). Propone con grande intensità le note di frutta con pera pesca e agrumi in primo piano ben amalgamate da tenui note di vaniglia. Buona persistenza aromatica. Gradazione alcolica: 13 5% vol  

1997
Il giallo paglierino intenso è ancora marcato da evidenti note verdoline. Prepotente e composito all'olfatto propone sentori varietali di foglia di pomodoro meno intensi che nelle annate più giovani ma coadiuvati da aromi spiccati di peperone verde appena tagliato. Intriganti sentori di pasta di mandorle fondono le note agrumate intense di pompelmo con la pera e i toni floreali. Il vino propone anche delle note ben accennate minerali e vaghe di idrocarburi a testimoniare l'inizio dell'evoluzione terziaria. Bocca in splendido equilibrio dotata di sapidità sostenuta spalla acida alcol e morbidezza importanti grande corpo. Spazio a lunghe percezioni fruttate pompelmo su tutti ma prima a note floreali di vaniglia e lieve tostatura di nocciola. Grande gioventù. radazione alcolica: 13% vol

1996
Di colore paglierino dorato propone una dote in terziari molto importante con nette percezioni minerali. Gli aromi fruttati ben presenti si esprimono in evidenti sentori di agrumi con riconoscimenti di pompelmo e cedro freschi. l passare dei minuti riesce ancora a presentare una veste vagamente varietale legata al sauvignon con percezioni di peperone verde e salvia. Si aggiungono note "golose" di mandorla in pasta e una lieve tostatura eredità della lunga permanenza sui lieviti in acciaio. Bocca di rara eleganza ed equilibrio con note sapide e buon bagaglio di acidità e morbidezza. ntense le percezioni di mandorla ben fuse con le note agrumate e i toni minerali per una grande persistenza. radazione alcolica: 13% vol

1995
Stupisce per i toni caldi e golosi del naso questo vino di colore paglierino dorato intenso. Domina la pasta di mandorle con la frutta disidratata e cotta l'uva bianca appassita la pera fresca e cotta la torta di pere e le note intense di agrumi. Si aggiungono vivaci note minerali sentori floreali e di miele. Grande struttura e bagaglio di acidità e morbidezza imponente. Ripropone il frutto bianco con riconoscimenti di pera e pesca le percezioni minerali sentori di pasticceria miele e mandorle in confetto per un finale molto molto lungo e complesso. radazione alcolica: 13% vol

1994
Colpisce per il colore dorato brillante di cui è dotato. Il vino è evoluto verso stadi di complessità importanti. Naso molto renano con una dote di sentori di idrocarburi abbondante e molto intrigante in grande fusione con toni melliti e minerali. Con i minuti il vino si apre e riesce ad esprimere la sua stoffa fruttata con evidenze di agrumi frutta bianca e vaghe percezioni di pesca che si propongono in fusione da manuale con gradevoli e intense note speziate. Bocca molto importante e strutturata con fondamentali integri e vivaci. ”Si ripresenta-conclude Gabbrielli- ben amplificata tutta la complessità dichiarata al naso in un susseguirsi di aromi interminabile per un finale tutto di frutta a polpa bianca e gialla. Grande integrità. Gradazione alcolica: 13% vol