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Friuli. Terre uomini vino
Presentazione del volume

Interventi di COSTANTINI ZIRONI FABBRO ZANFI e MARTORANA

È stato presentato mercoledì 22 dicembre scorso - in Udine nella suggestiva cornice della Sala del Consiglio della Provincia di Udine il libro FRIULI. TERRE UOMINI VINO ultima fatica di ANDREA ZANFI penna importante del giornalismo nazionale vitivinicolo ed enogastronomico e collaboratore della CARLO CAMBI EDITORE di Poggibonsi-Siena.

Dopo il saluto portato dal rappresentante della Amministrazione provinciale PIO COSTANTINI ha preso la parola l'agronomo e giornalista CLAUDIO FABBRO il quale ha sviluppato un' analisi storica e socio-economica che ha toccato gli aspetti più significativi dell’evoluzione del VIGNETO FRIULI dall'origine ai tempi nostri.

Su cosa bolle in pentola nelle nostre cantine e su quelle che potrebbero essere le strategie da adottare per un ulteriore salto di qualità nel medio lungo periodo si è soffermato a lungo il prof. ROBERTO ZIRONI dell'Università di Udine .

Di seguito ANDREA ZANFI ha ricordato la sua esperienza di un anno passato in Friuli accanto a uomini e vignaioli importanti che hanno contribuito con franchezza e disponibilità alla costruzione dell'importante lavoro.

Anche GIÒ MARTORANA che ha curato la fotografia- riproponendo alla grande le suggestioni del "bianco-nero"- ha ripercorso con toni commossi le varie fasi e gli incontri più simpatici con le genti friulani che lo hanno emotivamente coinvolto ed appassionato.

Alla fine dei lavori è seguita una degustazione di prodotti tipici dell'agroalimentare della nostra regione in abbinamento ai vini dei produttori presenti nel volume.

Ma vediamo ora di conoscere più da vicino questa importante opera destinata a proporre il vignaiolo friulano ("l'Uomo") secondo un'immagine nuova spontanea originale dandogli quella voce " diretta" che egli troppo spesso aveva delegato ad altri.

" Dopo i Supertuscans e Viaggio tra i grandi vini di Sicilia opere che hanno ottenuto plausi unanimi di pubblico e di critica a livello italiano e internazionale non ultime le vittorie al concorso Libri da Gustare e al Gourmand Cookbook Awards la Carlo Cambi Editore esce con il terzo volume de "I grandi vini d'Italia" una collana che si prefigge di realizzare annualmente monografie sulle principali regioni vitivinicole italiane.

Si tratta di Friuli. Terre uomini vino di Andrea Zanfi un "importante" volume di 420 pagine edito in italiano e inglese in elegante edizione cartonata in cui l'autore come già sperimentato in occasione delle precedenti pubblicazioni ha voluto ancora una volta avvicinarsi e raffrontarsi al mondo del vino con la sua scrittura un pò atipica cercando di descrivere il "cuore pulsante" dell'enologia friulana parlando con questi protagonisti non in modo usuale dell'universo vino o seguendo i soliti stereotipi del mondo della viticoltura ma affrontando invece l'aspetto umano personale e in alcuni casi intimo dell'uomo-viticoltore friulano portando il lettore alla scoperta di un virtuale viaggio attraverso le terre di questa regione ed i suoi vini.

Un libro che parla anzitutto di uomini. Uomini coraggiosi legati alle tradizioni e alla famiglia uomini che hanno avuto e continuano ad avere un rapporto strettissimo con la loro terra le vigne e il vino.  

Per la realizzazione del libro è stato necessario un anno di lavoro che ha avuto a monte la ricerca l'individuazione la visita di 85 aziende e la degustazione di 250 vini; a questo ha fatto sèguito la scelta di 66 aziende e 118 vini che sono stati inseriti nel volume.

L'autore stesso descrive nella sua introduzione l'idea stimolante che lo ha portato alla realizzazione del volume e alla non facile selezione delle aziende: "[...] Mi entusiasmava l'idea di confrontarmi con un'altra realtà vitivinicola e per chi come me è cresciuto con l'odore del mosto del Sangiovese nel naso passare dai "prepotenti" profumi toscani alle delicate e sensuali fragranze dei vini bianchi friulani era una sfida piacevole e allettante alla quale non avrei mai voluto rinunciare. [...] Ora che tutto è finito e che ogni cosa è stata esaminata e scritta non vorrei che qualcuno pensasse che l'impegno di selezionare i vini sia stato semplice... Con un'area vitivinicola complessivamente poco più grande del Chianti il Friuli ha un'offerta assai variegata di vini... Un'offerta nella quale ho dovuto frugare accuratamente per non cadere nel banale e riuscire contemporaneamente ad avere un quadro chiaro dell'intera gamma produttiva [...]".

In questa ricerca delle imprese sono stati considerati gli impegni assunti in termini di vigneti e di cantina provando a non scindere mai i due elementi. Inoltre le aziende sono state scelte non solo per la loro storicità in termini produttivi e commerciali ma anche per l'impatto che il loro investimento ha suscitato sul territorio in termini culturali e di terroir.  

La prefazione al libro è curata dal prof. Roberto Zironi del Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell'Università di Udine e dal dott. Claudio Fabbro agronomo e giornalista.

Andrea Zanfi nella sua introduzione descrive la "perla chiamata Friuli" e quindi in un successivo paragrafo è stata data "la parola agli enologi" che hanno espresso pareri e commenti sulle "opportunità e le incertezze del vigneto Friuli". A questo punto Zanfi propone la galleria dei suoi "ritratti di vignaioli friulani" in cui ha cercato di descrivere e interpretare i loro pensieri i loro umori le loro storie e le loro passioni.  

Per ogni azienda ed ogni personaggio l'autore ha individuato uno spaccato che fotografa le idee che ne hanno determinato e ne determinano l'agire evidenziando inoltre il rapporto dei protagonisti con il mondo del vino con l'ambiente circostante e con la storia che appartiene ad ognuno di loro: riflessioni racconti e ricordi in libertà a cui si accompagna un ampio e suggestivo reportage fotografico con ritratti in bianco e nero e splendide fotografie a colori realizzate dal palermitano Giò Martorana professionista di livello internazionale. I suoi scatti sono particolari per l'eleganza che esprimono per la luce che usa come fosse un inchiostro luminoso per la cura dei dettagli ma soprattutto per la passione e la carica emotiva che riescono a trasmettere. In questo Friuli. Terre uomini vino dove ai ritratti dei vignaioli si alternano i colori di una Regione tutta da scoprire Giò Martorana è riuscito a cogliere quello spirito fatto di un antico e appassionante rapporto tra l'uomo il territorio e il vino.

Per ogni vino inserito è stata realizzata la scheda tecnica completa indicante la zona di produzione le caratteristiche morfologiche e geologiche del territorio vitato di riferimento le uve impiegate il sistema di allevamento la densità di impianto e le caratteristiche tecniche della vinificazione maturazione e affinamento dello stesso vino con l'indicazione sul perché del nome le quantità prodotte e le annate migliori: il tutto ricalcando il trend operativo della collana editoriale "I grandi vini d'Italia".

Il volume si presta quindi a due distinte letture: da una parte gli uomini che vivono a stretto contatto con le vigne e il territorio descritti ed interpretati con tocchi personali di grande vivacità e verità dall'altra le tecniche della vinificazione ed ogni informazione necessaria sul prodotto vino.

Tra la prima parte dell'intervista-racconto più narrativa e la seconda più tecnica si viene quindi a creare un "equilibrio" capace di soddisfare non solo la curiosità degli appassionati ma anche quella degli addetti ai lavori. 

Un libro da leggere da consultare o da "guardare" con grande piacere; un tassello importante per consentire a tutti di avere una fotografia dettagliata dell'aspetto umano personale e in alcuni casi intimo dell'uomo-viticoltore friulano portando allo stesso tempo il lettore alla scoperta delle terre del Friuli e dei suoi vini. 

Oltre a Udine il libro sarà presentato al pubblico e alla stampa anche nelle sedi di:

  • Roma  International Wine Academy of Rome venerdì 21 gennaio 2005
  • Milano  Sede Centrale del Touring Club Italiano giovedì 24 febbraio 2005
  • Siena Enoteca Italiana venerdì 4 marzo 2005
  • Torino  Hotel Le Meridien Art+tech Lingotto giovedì 17 marzo 2005
  • Friuli. Terre uomini vino
    di Andrea Zanfi
    Fotografie di Giò Martorana
    Carlo Cambi Editore

    Sito internet:
    www.carlocambieditore.it
    e-mail:
    info@carlocambieditore.it
    Pagine: 420 a colori
    Edizioni disponibili: italiano e inglese
    Copertina: cartonata
    Prezzo: 67 00 euro
    ISBN 88-88482-26-1

    È DISPONIBILE PRESSO LA
    LIBRERIA CARDUCCI
    33100 UDINE
    Piazza XXSettembre 16
    Tel. 0432-502786

FRIULI. TERRE UOMINI VINO
ALLE RADICI DEL VIGNETO FRIULI
Prefazione di Claudio Fabbro

Chi non ha storia alle spalle difficilmente la può inventare e come tale proporla senza arrossire.

Il binomio vincente "vino e cultura" fortunatamente non ha risparmiato il Friuli.

Se un tempo i giovani viticoltori mostravano segni d'insofferenza quando davanti al fogolar i nonni si dilungavano in nostalgici amarcord sui bei tempi andati si avverte ora un'inversione di tendenza. Rispetto al passato la voglia di conoscere più da vicino le nostre radici è prorompente sotto ogni bandiera e latitudine. Ecco allora che il vignaiolo quando è chiamato a raccontare di sé della propria azienda e del territorio in cui opera dedica sempre più tempo alla biblioteca togliendone un pò al laboratorio. Oppure indugia negli archivi di famiglia per cogliere qualche "chicca" che - non si sa mai - potrebbe un domani diventare il nome vincente di un vino una ragione sociale o un logo particolare. Pur nella consapevolezza che con Pinot Grigio e Sauvignon si fa fatturato è ben vero che con Ribolla Picolit Ramandolo Schioppettino Terrano Refosco e Pignolo il viticoltore di casa nostra si riappropria del diritto prezioso di dichiarare carte alla mano che da queste parti il vino si faceva molto prima che arrivasse Napoleone l'Impero austro-ungarico i moderni "guru" o i vari consulenti "mordi e fuggi".

Come vignaioli i friulani non sono secondi a nessuno e non lo sono mai stati visto che si iniziò a parlare seriamente di vite e di vino subito dopo la fondazione di Aquileia (181 a.C.) grazie soprattutto ai Romani - guerrieri contadini e vignaioli al contempo - che piantarono su queste terre le prime vigne e crearono una fiorente attività agricola. Già Tito Livio e Strabone testimoniarono come Aquileia fosse uno dei massimi poli commerciali viticoli del nord dell'Impero tanti erano i compratori e tanti erano i traffici intorno al mondo del vino che si svolgevano in questa città. Prova ne sono le migliaia di anfore molte delle quali ancora con gli acini dentro che sono venute alla luce durante gli scavi per il recupero delle vestigia della città.

In quel periodo la produzione del vino si allargò notevolmente alimentando quegli scambi che per secoli contraddistinsero le attività commerciali della regione con i paesi limitrofi come la Croazia la Slovenia l'Austria l'Ungheria e la Baviera.

Non è però possibile sapere con certezza quali fossero le varietà coltivate a quel tempo.

Leggendo qua e là nella storia si percepiscono alcuni segnali ben precisi come quelli indicati da Plinio il Vecchio (Historia naturalis I secolo d.C.) il quale affermava che l'imperatrice Livia non bevendone altro metteva sul conto del vino Pucino il raggiungimento della sua veneranda età di 86 anni. "[...] Nasce nel golfo del mare Adriatico non lungi dalla sorgente del Timavo su un colle sassoso dove alla brezza marina matura per poche anfore né si crede ve ne sia di migliore per i medicamenti". Nonostante queste segnalazioni l'identificazione di questo nobile e salutare vino oltre che della sua zona di origine è ancora aperta; infatti molti azzardano accostarlo al Terrano-Refosco mentre altri - leggasi in primis il prof. Dalmasso - al "chiaretto Prosecco" o addirittura al "dorato Vipacco" soprattutto per quel nigerrima sottolineata da Plinio in un altro passo dell'Historia.

Anche Discoride (o Dioscuride) Pedanio medico della Cilicia e contemporaneo di Plinio nel suo Sulla storia medica parlando della forza che caratterizza questo vino chiamato dai greci Pictano e Paretipiano ne esalta le virtù curative. Oltre alle proprietà curative riconosciute almeno ad un vino friulano c'è da segnalare l'utilizzo in zona della botte invenzione celtica la cui diffusione indusse più tardi qualche studioso ad attribuire erroneamente la sua nascita al genio dei vignaioli friulani.

All'inizio di quel primo millennio la popolazione contadina si concentrava in grandissime aziende e latifondi e aveva moltissime specializzazioni fra cui erano annoverate le professioni del bifolco dell'aratore dell'asinaio dell'erpicatore del mietitore del fattore del torcitore del vignaiolo dello zappatore e molte altre ancora e nonostante gli aspetti negativi e il duro lavoro a cui erano costretti schiavi popolo e soggetti poveri il lavorare in campagna era un'occupazione ambìta che garantiva almeno un pasto al giorno. Scriveva Varrone nel suo De Agricoltura che gli strumenti con cui si lavora la terra sono di tre categorie: strumenti parlanti strumenti semiparlanti e strumenti muti. Gli schiavi erano gli strumenti parlanti.

I secoli che seguirono videro fiorire l'agricoltura e la viticoltura di pari passo con il fiorire e il diffondersi del cristianesimo. Il fenomeno si protrarrà in tutta la regione per molti secoli ancora intorno ad abbazie e conventi. Alcuni documenti attestano una forte vitalità intorno alla viticoltura; è infatti nel 1170 che si registra una compravendita di terreni vitati (Rebula) in San Floriano del Collio fra la Badessa Irmilint d'Aquileia e alcuni agricoltori locali e ancora in un contratto di Robiola del 1299. Negli atti di un certo notaio Ermanno da Gemona (Notariorum Joppi) si legge la compravendita di terreni vitati mentre nel 1340 in un documento in Barbana del Collio registrato in Gorizia il 13 novembre dello stesso anno accanto alla Ribolla si fa menzione di Malvasia Terrano e Pignolo vitigni dai quali già si ricavavano dei vini presenti sempre e comunque in cene incontri doni ed eventi anche nei periodi successivi.

è bello "frugare" fra i documenti storici del nostro passato: in essi si scoprono i fatti e le disfatte di questa terra di confine. Curiosando tra le carte si scopre che nel 1632 fu Aurora Formentini antenata degli attuali Conti di S. Floriano del Collio a portare in dote con patto relativo alle nozze del 2 febbraio 1632 avvenuto con il nobile ungherese Adam Batthyany "[...] vitti di Toccai… nel numero di 300". Il patto è custodito gelosamente dai conti Michele e Filippo Formentini al Castello di S. Floriano e oltre ad essere toccato con mano da chi scrive è stato visionato e letto con attenzione a livello di Avvocatura della Regione dall'avvocato Enzo Bevilacqua coraggioso paladino del bianco più amato dai friulani che al T.A.R. del Lazio ed ora anche alla Corte di giustizia dell'Unione europea in Lussemburgo cerca di difendere non solo il nome ma il valore storico di un simile vitigno.

Innumerevoli sono le citazioni e le fonti storiche a cui potrei far riferimento per illustrare la complessità della viticoltura friulana in questi secoli; certamente non posso dimenticare che risalgono al 1755 le prime citazioni del Picolit che il conte Fabio Asquini di Fagagna su insistenza epistolare dell'agronomo veneziano Antonio Zanon diffuse commercialmente dieci anni dopo nelle mense più prestigiose d'Europa (famoso il racconto delle 100.000 bottiglie da un quarto di litro...) spiazzando lo stesso Tokaji ungherese che aveva raggiunto anch'esso una notevole notorietà annoto anche che nel 1869 grazie al conte Theodore de La Tour arrivarono in Friuli in dote per le nozze con la nobile Elvine Ritter de Zahoni proprietaria di Villa Russiz in Capriva del Friuli le prime viti di Pinot Grigio Bianco Nero e Sauvignon nonché quel Merlot che il Pecile e il di Brazzà diffusero in tutto il Friuli dopo il 1880.

Il resto è storia recente fatta di continue distruzioni e ricostruzioni a partire dall'arrivo di Peronospora e Oidio (1850-1860) e poi della Fillossera che dal 1888 dal Carso iniziò la sua lenta e inesorabile distruzione dell'intero patrimonio vivaistico friulano. Fu lotta ardua quella contro la Fillossera svolta soprattutto tramite gli sforzi di tanti vivaisti e ricercatori che si concluse solo nel 1942.

E la guerra 1915-1918 dove la mettiamo?

Dopo le tristemente note 12 battaglie dell'Isonzo dopo che la terra del Carso era divenuta rossa di sangue dopo le battaglie nelle marne del Collio e nelle ghiaie dell' Isontino c'erano più bombe inesplose che lombrichi sotto terra. E anche il secondo conflitto strappò alle aziende validi contadini e vignaioli per mandarli "alpini" chi in Grecia ed Albania chi in Russia e chi nei lager. Ma alla fine di ogni cosa veniva sempre ricostruito tutto quello che era stato distrutto.

L'enologo Orfeo Salvador dall'alto delle sue 54 vendemmie mi ricorda che alla sua prima esperienza nella cooperazione vinicola friulana appena tornato dalla guerra si ritrovò in cantina a lavorare oltre l'80% di uve rosse gran parte delle quali provenienti da ibridi produttori diretti.

A cavallo degli anni '50 e '60 imperversavano i vini pugliesi e poi quelli siciliani che soccorrevano un patrimonio viticolo locale tutto da ricostruire mentre il tayut o il tay furlan era la conseguenza dei tagli che osti più o meno seri operavano dietro le quinte.

Poi il primo vero "rinascimento enologico" avvenuto a cavallo fra gli anni '70 e '80 per mano di pionieri che io definisco "con gli attributi" tipo Vittorio Puiatti Marcello Pillon Italo Gottardo Giuseppe (Franco) Ceschin Orfeo Salvador Mario Schiopetto Livio e Marco Felluga Gigi Valle Girolamo Dorigo Piero Pittaro Gaspare Buscemi Gianni Bignucolo e grazie alla volontà di un'amministrazione regionale che ritenne necessario e utile rilanciare la viticoltura soprattutto nelle zone collinari riuscendo a frenare l'esodo dalle campagne all'industria (la legge 29 del 30/12/1967 fortemente voluta dall'allora Assessore all'Agricoltura Antonio Comelli fu strumento importante e determinante).

Fu il conte Douglas Attems a intuire prima di altri che il decreto 930/63 sulle DOC poteva dare una svolta al mondo del vino e fu grazie alla sua intuizione che nel 1964 primo in Friuli Venezia Giulia nacque il Consorzio di Tutela del Collio a cui seguì nel 1968 il primo disciplinare di produzione.

Così nel giro di qualche decennio siamo arrivati alla costituzione di altri otto Consorzi di tutela per altrettanti disciplinari di produzione che sono le DOC Grave Colli Orientali del Friuli Isonzo Aquileia Latisana Annia e Carso per finire al Ramandolo prima e unica DOCG del Friuli.

Sono ancora molti i problemi esistenti e dalla prima esperienza maturata nelle colline goriziane ci sono voluti altri 40 anni per riunire i Consorzi in una casa comune: la FEDERDOC.

L'Assoenologi regionale compie 30 anni: se negli anni '50 i tecnici si contavano sulle dita di una mano ora grazie al buon lavoro della Sezione guidata da Stefano Trinco sono quasi 250 e ognuno di essi si fa mediamente carico della crescente qualità di oltre 5000 ettolitri di buon vino.

Nel dopoguerra nel pordenonese più che nelle altre province le Cantine Sociali compensarono difficoltà più di mercato che di coltivazione di centinaia di piccoli contadini che nella cooperazione ritrovarono dignità e benessere.

Con Noè Bertolin alla presidenza ed Alvano Moreale alla direzione la Cantina Casarsa & La Delizia è ambasciatrice di rilevanza mondiale. Numeri e qualità insieme per farla breve.

Ma non è da meno la Cantina Produttori di Cormòns diretta dall'altoatesino Luigi Soini paladino del Tocai friulano e del vino sposato all’arte alla cultura all'amicizia (il riferimento alla Vigna del Mondo e al Vino della Pace è atto dovuto...).

La Friulvini cantina sociale di 2° grado soccorre commercialmente i più deboli.

Poi dopo guerre calamità invasioni arrivò anche il terremoto del 6 maggio 1976...

Dalle ceneri di tante cantine lesionate soprattutto nell'alta area delle Grave e dei Colli orientali emerse una nuova classe dirigente tra cui tanti giovani manager (o wine makers) del buon vino.

Fu il Premio Nonino Risit d'Aur nel 1976 che ricordò al mondo intero che il Friuli era terra di grandi distillati ma ancor prima di grandi vitigni autoctoni che furono legalizzati e rientrarono nelle vigne di fatto e di diritto. Si deve infatti principalmente alla famiglia Nonino di Percoto se tutta una serie di grandi vitigni "storicamente friulani" rottamati anzitempo vennero uno dopo l'altro recuperati valorizzati e "autorizzati e/o raccomandati" dalle varie amministrazioni pubbliche e quindi inseriti a pieno titolo nelle denominazioni di origine controllata.

L'apripista del nuovo corso fu lo Schioppettino che grazie alla famiglia Rapuzzi e l'azione prorompente dei Nonino - con mamma Giannola nei panni di Giovanna d'Arco sempre sulle barricate a menar fendenti contro i veleni della burocrazia - passò quasi per incanto dalla clandestinità alla DOC Colli Orientali del Friuli per divenire qualche anno dopo addirittura l'asse portante della prima "sottozona" (ovvero "cru") riconosciuta per legge e cioè "Cialla" comune di Prepotto nella zona DOC medesima. Dalle stalle alle stelle!

Nello stesso anno l'enologo Beppe Lipari compendio di creatività siciliana e laboriosità veneta pensò prima di altri di collocare una linea d'imbottigliamento su un camion ed iniziò un "porta a porta" destinato a cambiare radicalmente la vita a decine di piccoli e medi produttori. Nomi allora sconosciuti ai più ed ora grazie ad una tecnologia ultramoderna veri protagonisti del rinascimento del "post-terremoto".

Quei magnifici anni ྂ!

L'infaticabile Isi Benini giornalista carismatico e passionale fondatore della rivista Il Vino contribuì non poco a far conoscere la bontà del vino friulano che tanti produttori più inclini al lavoro che all'esternazione non erano in grado singolarmente di proporre e presentare.

Benini si tuffò senza riserve in un mondo nuovo ed affascinante cogliendo professionalità e serietà in una miriade di vignaioli sconosciuti che portò alla ribalta internazionale.

Ma al contempo non trascurava di affibbiare qualche sana fustigata a quelli che lui definiva "i falsi osti".

La rivista Il Vino ospitò - fra le tante - memorabili note frizzanti e graffianti di Walter Filiputti dottore in economia con tesi sui sommeliers e grande comunicatore.

Anche Piero Pittaro non si negò a trasferire ne Il Vino le sue alte conoscenze di tecnica enologica usando un linguaggio semplice ed apprezzato.

Tre nomi che oltre al dire ed al fare hanno oggi un grande e riconosciuto merito: quello di aver anche messo per iscritto proprio quelle cose che tanti altri pensavano salvo poi arenarsi in chilometriche discussioni nelle osterie senza mai trasferirsi nella carta stampata !

E d'un balzo arriviamo ai tempi nostri. Con il cuore rivolto alle suggestioni del passato e alle "chicche" di archivio e di biblioteca ed il ragionamento indirizzato alle meno simpatiche leggi di mercato con le quali i viticoltori friulani singoli o associati si apprestano ad affrontare le sfide del terzo millennio.

L'opera di Andrea Zanfi contribuisce non poco a far conoscere meglio taluni aspetti della vitivinicoltura friulana meno noti al grande pubblico e dà voce ai produttori già emersi o emergenti che hanno voglia di raccontare e fare qualcosa di nuovo confermando scelte tradizionali ma più spesso dedicandosi a qualcosa di innovativo ed originale.

Claudio Fabbro