eventi

ACCADEMIA VITE VINO

Echi di un incontro a Russiz Superiore

di Capriva del Friuli

in onore della

RIBOLLA GIALLA

vino bandiera del Collio storico



L'Accademia Italiana della vite e del vino, massima istituzione nazionale in campo vitivinicolo, ha presentato il PROGRAMMA DELLE ATTIVITA' 2007, cinquantottesimo anno accademico. Eventi e manifestazioni (in ambito accademico definiti "Tornate") che si svolgeranno in Italia e all'estero, nei quali saranno affrontati argomenti di carattere produttivo, agronomico, scientifico, tecnico-economico, giuridico: "Abbiamo messo a punto un programma molto ricco, proprio per confermare il ruolo dell'Accademia come principale riferimento nazionale per tutto il settore vitivinicolo", ha commentato il presidente Antonio Calò.
L'attività accademica inizierà, con un'anteprima a Verona, in occasione del Vinitaly: il 31 marzo, in occasione della cerimonia di consegna della targa intitolata a Giuseppe Morsiani a Giacomo Tachis, si svolgerà un simposio sulla microbiologia enologica.
L'apertura ufficiale dell' anno accademico 2007 si terrà a Siena, ove si trova una delle sedi dell'accademia, il 14 aprile, con una cerimonia presieduta dal presidente del Monte dei Paschi di Siena, Giuseppe Mussari, presso la sede dell'istituto. Il 24 aprile, in collaborazione con l'Accademia del vino ungherese, l'accademia sarà presente a Köszeg (Ungheria), dove si affronterà il tema della relazione tra la conformazione delle piante di vite e i cambiamenti climatici negli ultimi 250 anni. A Köszeg è infatti conservata la catalogazione completa dei tralci di vite di tutte le annate a partire dalla metà del secolo XVIII. Al termine dei lavori, sarà assegnata una borsa di studio per un approfondimento su questo argomento.

1992: Luciano Carletti a sx. (allora direttore di Rocca Bernarda) e l'Accademico Miro Simcic a Dolegna, prima festa della Ribolla
1992: Luciano Carletti a sx. (allora direttore
di Rocca Bernarda) e l'Accademico
Miro Simcic a Dolegna, prima festa della Ribolla

Dal 31 maggio al 2 giugno l'accademia si trasferirà in Salento: nelle località di Galatina (Lecce) e Sardonici (Brindisi) organizzerà una tornata per discutere il settore vitivinicolo salentino tra passato e futuro. Dal 2 al 6 ottobre, l'accademia si sposterà nelle Isole Eolie, a Salina, per il secondo Convegno internazionale sulle Malvasie nel Mediterraneo.
Alla fine di ottobre, è prevista una tornata accademica organizzata in Vaticano, in collaborazione con l'Accademia Pontificia, mentre il 15 dicembre avrà luogo a Vicenza, sede operativa dell'istituzione, la cerimonia di chiusura dell'anno accademico con la commemorazione del centenario della nascita del professor Dino Rui.

15.3.2007: Accademici a Russiz Superiore
15.3.2007: Accademici a Russiz Superiore

"Tutte le iniziative in programma - ha aggiunto il professor Calò - sono in linea con il nostro obiettivo principale: sensibilizzare, discutere su tutti gli aspetti che interessano il mondo del vite e del vino. Momenti di riflessione e di confronto, indispensabili per l'analisi e l'approfondimento, in considerazione dei punti di vista delle diverse componenti del mondo vitivinicolo".

Per chi non avesse avuto modo di conoscere questa istituzione aggiungiamo che l 'Accademia italiana della vite e del vino è stata costituita il 30 luglio 1949 dal Comitato nazionale vitivinicolo con decreto firmato dall'allora Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, ed eretta a ente morale il 25 luglio 1952. L'Accademia comprende 555 membri (onorari, ordinari, corrispondenti italiani, corrispondenti stranieri, soprannumero) e ogni categoria è a numero chiuso

Il 15 marzo scorso una delegazione di Accademici , guidata dal presidente prof. Antonio Calò, di cui facevano parte, tra gli altri, il prof. Angelo Costacurta, l'enologo Marco Felluga, il dr.Claudio Fabbro e, per la parte slovena, l'ing. Zvonimir (Miro) Simcic, il direttore del Consorzio Vini BRDA, Ales Kristancic, il dr. Marko Rutar e vari viticoltori del Collio Goriziano(in testa il direttore del Consorzio Collio, Paolo Bianchi) , e della Goriska Brda, si è ritrovata presso la Tenuta Russiz Superiore in Capriva del Friuli per verificare lo stato dell' arte del vitigno autoctono RIBOLLA GIALLA, sia esso coltivata da una parte o dall'altra del confine e con metodi ed annate diverse (giovane , affinato in anfore o botticelle, in bianco o lungamente fermentato etc.).

15.3.2007: Miro Simcic
15.3.2007: Miro Simcic

Ben 19 i vini degustati, rigorosamente anonimi.

15.3.2007: da sinistra Felluga, Calò Simcic e Costacurta
15.3.2007: da sinistra Felluga, Calò Simcic e Costacurta

RIBOLLA GIALLA
VITIGNO DI FRONTIERA


Cenni storici ed Origini

"Antichissimo vitigno coltivato in Friuli-Venezia Giulia nelle provincie di Gorizia e Udine, nelle colline slovene della "Goriska Brda" e, per il passato, in Istria. Trattasi dio un vitigno autoctono della provincia di Gorizia; per taluni Autori la Ribolla corrisponderebbe all'"Avola" (" Evola") dei romani. Altri sostengono che il "Pucinum" romano avesse come base la Ribolla.

15.3.2007: Ales Kristiancic (a destra) e delegati sloveni
15.3.2007: Ales Kristiancic (a destra) e delegati sloveni

Il primo documento risale alla fine del Medioevo; il lontano 1299 e si riferisce a degli atti del notaio Ermanno di Gemona in "Notariorum Joppi". Trattasi di un contratto di vendita.
Passando alla storia relativamente più recente, numerose sono le citazioni del "Vino Ribolla" come vino di qualità primaria tra i diversi vini del Collio, usato spesso come "rappresentanza" in segno di omaggio ed amicizia agli illustri personaggi del momento. "Così esordisce Angelo Costacurta nella sua preziosa ricerca "RIBOLLA" che gli valse il premio "RISIT D'AUR 1977" e che riassumiamo da "AGRICOLTURA DELLE VENEZIE N° 8/1978 "

15.3.2007: "benvenuti a Russiz Superiore"
15.3.2007: "benvenuti a Russiz Superiore"

Prosegue l'Autore:
"Ricco di citazioni a tale proposito è il Dalmasso, nel III° volume "Storia della vite e del vino".
Dagli "Annali del Friuli" di F.Manzano, si ricorda che nel XII secolo il Friuli forniva alla Repubblica di Venezia la Ribolla del Collio.
In un documento di compravendita di un terreno sito in comune di Barbana ( ora in BRDA, Slovenia) nel 1376, si precisa che da tale appezzamento il colono ricavava "sex urnas raboli". La presenza del vino Raibola (o Ràbola) dell'Istria e del Collio, nel Friuli, risulta anche da un documento stilato ad Udine nel 1324. Il 1327 viene malinconicamente citato come un' annata di scarsa produzione di vini, soprattutto di vino "Ribolla".

15.3.2007: la chiesetta di Russiz Superiore
15.3.2007: la chiesetta di Russiz Superiore

La Ribolla veniva offerta come segno di devozione ai luogotenenti al loro primo ingresso in città, o devozione ad illustri personaggi in visita alle stesse; documentazioni in tal senso risalgono agli anni 1365-1368-1393. Come segno di omaggio nel 1565 il Comune offriva al Patriarca Marquardo, per la sua prima venuta ad Udine, un'orna del vino Ribolla (vegiete Rabioli); nel 1568 offriva al Duca di Baviera 28 bocce di Malvasia e 26 bocce di Rabiola. Inoltre il Senato Veneto invia all'Imperatore Carlo V "do bote de vin" di Rosazzo (Ribolla). La fama della Ribolla ebbe così modo di espandersi, tanto che verso la fine del '300 il "Rainfald" era variamente decantato da cronisti e poeti tedeschi. Lo stesso Boccaccio cita la Ribolla in una sua requisitoria contro gli eccessi della gola.

15.3.2007: le vigne di Russiz Superiore
15.3.2007: le vigne di Russiz Superiore

La predilezione tedesca per questo vino porta il Duca Leopoldo III di Austria, sempre secondo il Dalmasso nell'opera citata, a chiedere che nell'atto di dedizione della città di Trieste, venga inserita la clausola che obbligava la città a rifornirlo annualmente di 100 orne di vino Ribolla del migliore.

Zona DOC Colli Orientali del Friuli
Zona DOC Colli Orientali del Friuli

Tale clausola doveva essere molto diffusa nei contratti di pace o di dedizione tra le città, dato che secondo il "Codice diplomatico istriano" dell'anno 1384, anche la isola di Istria, dove a quei tempi la Ribolla era diffusa, doveva al comando di S.Maria di Aquileia "urnas centum duas de Ribolio solito".

Costacurta ricorda che:

"Nel "Libro del Cancelliere" fiumano A. di Francesco de Reno, si può trovare una ordinanza datata 28.12.1446, contro coloro che commettevano la frode di smerciare del vino "forensem" "dicentas quod sit Ribola cum non sit".

La protezione di cui godeva tale vino risulta anche da un documento della città di Fiume del 1445, in cui si disponeva che ogni partita di Ribolla fosse accompagnata da una dichiarazione ufficiale del luogo di provenienza. Si hanno anche notizie dell'evoluzione del prezzo del vino Ribolla: nel 1365 l'orna di vino Ribolla venne pagata nel Comune di Udine 50 grossi; nel 1365 la Rabiola veniva pagata 21 piccoli la boccia, per passare nel 1407 a 2 denari la boccia e così via. La città di Pavia, inoltre, nel 1390 stabiliva la tassa di un fiorino per ogni brenta di vino Ribolla importata".
Più volte il wine maker e giornalista friulano Walter Filiputti cita la Ribolla nei suoi scritti sul "Vigneto Friuli". Tra l'altro nel suo pregevole "TERRE, VIGNE E VINI DEL FRIULI-VENEZIA GIULIA (1983) egli ricorda che "il vitigno ha diversi sinonimi: "Rebolla";"Ribuèle"; " Ràbuele"; "Ribuèle zale"; "Ribolla di Rosazzo"; "Raibola"; "Ràbola"; "Rèbula" (nella parte slovena del Collio storico). Secondo Filiputti "è uva da sempre coltivata in Friuli.

Vigne nel Collio
Vigne nel Collio

E il Senato veneto, nell'ottobre del 1592, decretava di inviare all'Imperatore Carlo V, che stava per arrivare nel territorio della Repubblica, "do bote de vin" di Ribolla; il cronista ci assicura che l'Imperatore "gustò" molto il dono. Il vino era talmente conosciuto che lo stesso Boccaccio cita la Ribolla in una sua requisitoria contro gli eccessi della gola. Erano i tedeschi i grandi estimatori di tale vino; il duca Leopoldo III d'Austria chiede che nell' atto di dedizione della città di Trieste venga inserita la clausola che obbligava la città a rifornirlo ogni anno di 100 orne di Ribolla, e del migliore.
In tempi a noi più vicini - verso la fine del '700 - il medico Antonio Musnig nel suo "Clima goritiense" mette la Ribolla al primo posto tra i bianchi friulani. Dopo il periodo di oscurantismo provocato dalla fillossera, dall'entusiamo e forse dalla curiosità sollevata dai vini d'Oltralpe, la Ribolla sta riprendendo la sua giusta dimensione: viene coltivata unicamente in collina, (sia sul Collio che nei Colli orientali) e di essa si hanno due varietà: quelle più conosciuta e in grado di dare il vino migliore: la Ribolla gialla; e quella verde, di minor pregio e pertanto poco diffusa. Esiste anche una Ribolla nera o "Pòcalza" (in sloveno) che dà origine allo "Schioppettino"".

1994: la Ribolla (Evola) di Angoris
1994: la Ribolla (Evola) di Angoris

Ma torniamo al lavoro di Costacurta, il quale ricorda che:

"La Ribolla è ancora importante verso la fine del '700, anche se A.Zanon, nel 1767, lamenta la decadenza dei vini italiani e tra questi la "Ribuole", che cedevano il passo all'avanzare dei vini francesi. Nello stesso periodo, il medico Antonio Musnig nel suo "Clima goritiense" ritiene la Ribolla (Rebulla), soprattutto quella di Rosazzo al primo posto tra i vini bianchi friulani, per dolcezza e generosità; la Ribolla è anche il vino più prodotto tra i bianchi del Collio. Ci informa inoltre che il vino Ribolla è molto ricercato dagli abitanti della Carinzia e Carniola.

Grappolo di Ribolla Gialla
Grappolo di Ribolla Gialla

Nel 1825 l'Acerbi cita fra le varietà coltivate nei contorni di Udine una "Ribolla verde" e una "Ribolla gialla". La diffusione del vitigno, anche in zone non tradizionali, risulta dalla "Ampelografia Provinciale Trevigiana" del 1869, dove risulta che sulle colline di Conegliano e Vittorio Veneto, si è introdotta verso il 1855 dal Friuli, la Ribolla bianca o Ribolla del Friuli.

1993, Dolegna: seconda FESTA della RIBOLLA
1993, Dolegna: seconda FESTA della RIBOLLA

Col nome di Ribolla bianca, viene elencata anche nel "Saggio di una ampelografia universale" (1877) di Giuseppe di Rovasenda. Dall'"Elenco descrittivo dei vecchi vitigni coltivati nel Veneto" del G.B. Zava (1901) si può supporre l'esistenza di una "Ribolla bianca", di una "Ribolla nera" e di una "Ribolla verde".

Insegne stradali a Corno di Rosazzo
Insegne stradali a Corno di Rosazzo

Una descrizione ampelografica più recente si può trovare nell'"Atlante ampelografico" del G.Poggi (1939) relativa alla "Ribolla gialla", dove viene considerata, da tale Autore, sia come uva da vino che da consumo diretto. L'Autore ne consiglia la sostituzione con altri vitigni ritenuti in grado di fornire produzioni qualitativamente migliori (Tocai, Traminer ecc.).

1992, Dolegna: prima Festa della Ribolla
1992, Dolegna: prima Festa della Ribolla

Fino agli inizi del '900 la Ribolla veniva coltivata in tutto il Collio, anche in mescolanza con vecchi vitigni locali, tipo "POGROZNICA", "PIKA", e "GLERA", " fornendo un ottimo vino frizzante" . Negli anni '60, nella parte italiana del Collio, è venuto meno l'interesse per la Ribolla, crescendo, per contro, la simpatia per altri vitigni quali Tocai friulano, Pinot bianco e grigio,Sauvignon, Traminer e Riesling. Nelle colline slovene (BRDA) invece si è creduto maggiormente nelle potenzialità del vitigno, che negli anni '80 rappresentava oltre il 65% della produzione totale. Solo nell'ultimo decennio l'introduzione di varietà "universali" a bacca bianca è stata nella "GORISKA BRDA", prerogativa della generalità dei viticoltori.

Caratteristiche ed attitudini colturali

"La Ribolla, come precisa il Costacurta, è un vitigno di buona vigoria, che presenta una produzione abbastanza costante, soprattutto nei tipi "verde" e quello da lui ribattezzato "Castel Dobra". Questi ultimi due sono anche più produttivi del tipo "giallo", in quanto il grappolo è più compatto e meno soggetto alla colatura; sono però più soggetti alla botrytis, che comunque non arreca danni gravi, sia per una certa resistenza intrinseca di tale cultivar, sia perchè, di solito, viene coltivata in zone di collina ventilate e ben soleggiate. Per quanto riguarda l'adattamento ai vari portinnesti l'innesto della Ribolla su 420A, 3309, Rupestris du Lot (" Monticola")e su Kober 5BB, non ha dato luogo a particolari inconvenienti.

Area di coltivazione e tecnica colturale

"La Ribolla - prosegue il Costacurta - è diffusa prevalentemente sul "Collio", sia nella parte italiana, sia e soprattutto, nella sua porzione slovena. Relativamente all'Italia, nel 1976, la superficie complessiva in coltura specializzata iscritta all'"Albo" risultava essere di circa 60 ettari di cui circa 12 in provincia di Udine e 48 circa in provincia di Gorizia. Nello stesso anno, la produzione complessiva denunciata si è aggirata sui 2.500 q.li (300 circa in provincia di Udine ed il rimanenente in provincia di Gorizia).
E' da tener presente che i dati relativi alla provincia di Gorizia, per quanto riguarda le superfici e le produzioni, sono piuttosto approssimativa in quanto le denunce non riguardano specificatamente i vigneti di "Ribolla", ma, più genericamente, quelli denominati "Collio goriziano" che peraltro erano costituiti per circa la metà da "Ribolla gialla" (in uvaggio con "Tocai friulano&quto; e "Malvasia istriana"). Ai quantitativi sopra citati bisognava naturalmente aggiungere quelli relativi ai ceppi, non in coltura specializzata, che alla fine degli anni '70 si trovavano sparsi nei vigneti di altre cultivar e che si possono valutare in qualche migliaio.
I comuni di maggior coltivazione della "Ribolla gialla" sono in ordine decrescente: San Floriano del Collio, Gorizia (in particolare ad Oslavia), Dolegna del Collio, Cormòns, Capriva e Mossa. Tale varietà è coltivata innestata, soprattutto su Kober 5BB. Ciò le conferisce una buona vigoria, ma la rende sensibile alla siccità, di cui qualche volta soffe nelle zone collinari. Tale inconveniente un tempo era meno frequente dato l'uso di portinnesti quali il 420A ed il 3309. La forma di allevamento quasi universalmente usata è il doppio capovolto, con il Guyot a seguire.

In GORISKA BRDA i viticoltori, a partire dagli anni '60 si sono decisamente orientati, nei nuovi impianti, verso questo vitigno, rallentando, contrariamente a quanto è accaduto nel Collio goriziano la diffusione di altri vitigni quali il "Tocai friulano, il "Pinot bianco", il Merlot, ecc. La produzione produzione di uva Ribolla in Slovenia si aggirava alla fine degli anni '70 sugli 80.000 q.li, di cui circa 65.000 sul "Collio" e 15.000 circa, nella zona di Vipacco, con una superficie di vigneto, in coltura specializzata, rispettivamente di circa 750 e 150 ettari.
Le località di maggiore diffusione della Ribolla (Rèbula) rimane Castel Dobra (che ospita anche una Cantina Sociale che dal 1960 al 1990 ha valorizzato notevolmente il vitigno), Medana, Cosana, Quisca, San Martino, Bigliana, San Lorenzo, Cerò, Visgnavicco, Vedrigano (per la Goriska Brda) e Vipacco.
E' da notare anche, che in tali zone nel citato periodo erano destinati alla coltivazione di Ribolla, gli appezzamenti migliori e situati nelle parti più alte e soleggiate delle colline. Il portinnesto maggiormente usato dopo il 1970 era il Kober 5BB, mentre per il passato era molto diffuso l'uso della Rupestris du Lot e del 420A. (Quest'ultimo in ripresa insieme all'SO4).
Anche qui la forma di allevamento più usata è il Guyot doppio, con sesti d'impianto di circa m 1,5 x 3, con una carica di circa 20-30 gemme per pianta ma gli imbottigliatori del "nuovo corso" post giugno 1991 - anno dell'indipendenza dall'ex Jugoslavia - scendono più verosimilmente a 10-15 gemme. Nelle zone più fertili è stato fatto qualche tentativo di impianti allevati con il sistema "Friuli" (cui, imputando responsabilità nella diffusione del cosiddetto "Mal dell'Esca", si dedica sempre minor interesse).

Utilizzazione Fin dai tempi più remoti la Ribolla è stata usata quasi esclusivamente per la vinificazione, salvo piccoli quantitativi, noti soprattutto col nome di "Rabuelat" usati per il consumo diretto. Dopo i fasti e la rinomanza goduti dal vino di Ribolla nei secoli passati, agli inizi del '900 ebbero inizio per questo vino i tempi oscuri godendo fra le due guerre di una ben modesta fama qualitativa (Poggi 1939) ed in effetti solo in un limitato numero di casi riusciva a raggiungere elevati livelli qualitativi. Da ciò la forte contrazione avvenuta nell'ultimo secolo delle sua area di diffusione, a favore di nuovi vitigni qualitativamente più quotati. Oggi con l'avvento delle nuove tecniche di vinificazione, confortate dalle moderne attrezzature altamente funzionali di cui il tecnico può disporre, si ottengono vini Ribolla di notevole interesse in quanto impostati su una enologia di qualità, partendo da accurate vinificazioni ottenute decisamente "in bianco" e con la conservazione del vino in vasche di acciaio inossidabile. Tutto ciò è indispensabile per proteggere un tale vino "beverino", dalle nefaste azioni ossidanti di una irrazionale vinificazione. Il vino comunque è da considerarsi giovane e da utilizzarsi entro l'anno successivo alla vinificazione.
Nella Cantina di Castel Dobra si è cominciato a considerare la Ribolla come una buona base per la produzione di spumanti col metodo Charmat acquisendo negli anni '80 un consistente mercato la cui attuale contrazione è conseguenza della profonda evoluzione socio-economica territoriale, in cui pochi coldiretti di forte managerialità si sono progressivamente affiancati o sostituiti alla Cooperazione vitivinicola.

E' da ricordarsi inoltre l'interessante - conclude Costacurta - sia pur limitato, impiego delle vinacce di Ribolla per la preparazione di una grappa di ottima qualità.

Una preziosa testimoniazia ci viene ancora da Filiputti nel suo pregevole "Il Friuli-Venezia Giulia e i suoi grandi vini" (1997) in cui dedica ai vitigni autoctoni ampio spazio ed intitola:

"Ribolla : vino moderno perchè antico"

"E' il vino che ha assistito e partecipato alla storia del popolo friulano degli ultimi settecento anni. E lo ha fatto spesso da prim'attore. Dal 1300 fino alla comparsa sulle scene del Picolit verso il 1770, la Ribolla, soprattutto quella di Rosazzo, sarà il vino-bandiera del Friuli di allora. " Così prosegue l'Autore: "Vino capace di assecondare le infinite variabili di gusto che fino ad oggi si sono susseguite. Vinificato in purezza o con altre varietà, è uscito indenne da profonde critiche, come quelle espresse nel catologo del 1863 dove si dice che per alcuni il pregio dei vini di Rosazzo era dovuto ad altre uve (e non alla Ribolla) e che "eziandio il vino del Coglio, quantunque passi sotto il nome di Ribolla deve la sua reputazione alle posizioni quanto mai favorevoli e ad altri profumati vitigni". Moderno e attuale perchè immediato, semplice, facile e pulito; moderno e attuale per il suo enorme "bagaglio" culturale accumulato in tanti secoli di storia del gusto. Fino agli anni Trenta, afferma il Perusini, "quando la coltivazione della Ribolla era ancora abbastanza estesa, il vino venduto con quel nome era prodotto con una decina di varietà: "ribuele zale, ribuele verde, ribuelat, gran rap (detto anche paje debits), agadene (agadele), pogruize, cividin, cividin garp, prossecco, coneute, glere gruesse, glere secie". Levi, già nel 1877, nella sua Nota sul presente dell'Industria vinifera nel goriziano, sottolineava come "Ribolla fosse nome generico di uve o di vini bianchi delle colline alla cui fattura concorrevano parecchi vitigni, fra cui soprattutto Ribolla e Glera". Sempre Levi, riconoscendo alla Ribolla di crescere bene nei terreni aridi e sterili di arenaria stratificata con ponca e magra marna, implicitamente affermava che la Ribolla era varietà adatta solo alle colline eoceniche, con vigneti in ottima esposizione. Ribolla che porta con sè tradizioni ancora in uso, come quella di berla dolce. Fino agli anni Cinquanta-Sessanta, la Ribolla veniva raccolta molto tardi, anche a metà ottobre, per raggiungere concentrazioni zuccherine consistenti, finiva che, con l'arrivo dei primi freddi, si bloccava o rallentava di molto la fermentazione (infatti le cantine all'avanguardia dell'epoca erano dotate di riscaldamento e non del gruppo frigo come è in voga attualmente); prendeva vita così un vino piacevole, amabile, ricco di carbonica e pronto per esser bevuto ai Santi con le castagne. Poi le tecniche si affinarono fino ad arrivare alla filtrazione con i sacchi olandesi e alla messa in bottiglia ancora dolce per ottenere una leggera rifermentazione. Il successo di tale proposta divenne "moda" fino ad identificare ancora una volta con il nome Ribolla tutti i vini un po' dolci e torbidi che si vendevano nelle osterie per le feste dei Santi e che molto spesso Ribolla non erano. Poi la moda passò e si trasformò in tradizione che, seppur in tono minore, è ancora viva per i primi di novembre. Contro tale "piacere" intervenne la legge già nel 1865, con un avviso promulgato il 24 agosto dalla Congregazione Municipale della R. Città di Udine a firma di P. Pavan che diceva: "A prevenire i danni che derivano alla salute dall'uso troppo precoce dei vini nuovi, l'inclita I. R. Autorità Provinciale ne vietava per il passato la vendita fino alla ricorrenza di S. Martino..... .A tutti è noto come il mosto non bollito (Ribolla) ed anche il vino, sebbene abbia percorsa una regolare fermentazione, quando non sia riposato per lunga serie di giorni e spogliato interamente delle parti eterogenee... e perciò l'onorevole Giunta Centrale di Sanità ha deliberato: Nelle osterie ed altri luoghi, ove se ne fa smercio minuto è proibita la vendita del mosto (Ribolla) e dei vini fin a tutto il mese di ottobre p.v.". Si beveva per la ricorrenza dei Santi e la sera dopo le celebrazioni dei Morti, con le castagne cotte nell'acqua con l'alloro e alla brace.

"Ribolla" e castagne
"Ribolla" e castagne

Ribolla: vino dalle infinite capacità di rigenerarsi, fino a riemergere per meriti propri quando agli inizi degli anni Settanta, fu vinificato in purezza, presentato secco e proposto con convinzione sui mercati. Il successo raccolto, anche in campo internazione, da questo vino antichissimo interpretato in chiave moderna, smentì - conclude Filiputti - i numerosi detrattori, confortando allo stesso tempo quel piccolo drappello di "tifosi" tra cui lo scrivente, che venne contagiato dall'entusiasmo del prof. Perusini, che si era battuto sia per la sopravvivenza che per la diffusione poi di questo vino storico".

«In occasione della prima Mostra delle Uve del Friuli indetta nel settembre 1921- scrive Norberto Marzotto in Ampelografia del Friuli- (9) -avevo presentato un Saggio di ampelografia che ora in seguito ad ulteriori indagini ho ampliato e corretto, nella speranza che altri studiosi abbiamo a completare od a correggere le eventuali inesattezze nelle quali si fosse incorsi.
Al valore ampelografico di questo modesto lavoro, vi è connesso un valore storico nel senso che, potendo, con la scelta delle migliori varietà destinate alla ricostituzione dei vigneti su piede resistente alla fillossera, venir eliminati alcuni tipi antichi divenuti ora meno pregevoli per produzione e per resistenza alle crittogame, tale elenco descrittivo costituirà una memoria ed un utile documento per la letteratura ampelografica del Friuli.
Fu limitata la descrizione dei vitigni esteri a quei tipi che avendo dato i migliori risultati per fertilità e resistenza alle malattie, si sono più diffusi ed hanno acquisito, per così dire, il diritto ad essere annoverati nella famiglia dei migliori vitigni del Friuli.
Ai riguardi della ricostituzione della viticoltura friulana merita un plauso la determinazione deliberata con l'ordine del giorno del Convegno viticolo di Udine nel settembre 1921 e già in atto con l'impianto del Vigneto Ampelografico allo scopo di studiare le migliori varietà degne di essere diffuse e di illustrare con notizie più complete e precise l'importante studio sull'Ampelografia del Friuli».

Marzotto 1923
Marzotto 1923

Ribolla gialla.

Sinonimi: Gargania - Rubolla (Goethe).
"La Ribolla - prosegue Marzotto - è un'eccellente varietà coltivata esclusivamente nel Friuli, ed è specializzata nelle colline di Rosazzo presso Cividale, in quelle di Manzano e S. Giovanni di Manzano, di Cormons e di Goriza, ma se ne trova anche nei vigneti della pianura friulana.
Vegetazione media. Tralcio piuttosto sottile, internodi corti, seno peziolare conico, aperto, pagina superiore liscia, inferiore glabra, di color verde-chiaro, dentatura poco marcata. Grappolo piccolo, generalmente cilindrico, talvolta conico, raramente alato, un po' compatto, peduncolo corto, acino piccolo o medio, sferico, buccia consistente, verde-ambrata e dorata dalla parte del sole. Matura alla fine di settembre. In pianura, se la stagione autunale fosse piovosa, andrebbe soggetta al marciume.
Quantunque la Ribolla non abbia le qualità per poterla considerare come uva da mensa, pure nel Friuli, in qualche località di collina, dove le uve riescono asciutte e meno compatte, essa è stimata come uva da tavola e si conserva bene fino a marzo. In provincia di Udine è consumata anche allo stato di mosto dolce, e per vecchia consuetudine smerciato nelle sagre autunnali.
Il vino della Ribolla è considerato da taluni, di qualità mediocre, perchè poco alcolico e poco sapido, riferendosi però a quello derivato dallo stato di mosto dolce. Altri invece lo giudicano di giusta alcoolicità e di sapore gradevole, e quindi si deduce che il vino di Ribolla svinato a fermentazione completa riesce discretamente alcoolico e di ottimo gusto. Prescindendo però da tali considerazioni, devesi in massima ritenere come per altre uve, che la qualità del prodotto sarà sempre superiore per le viti coltivate in collina o in terreni calcari o ghiaiosi, mentre meno pregevole riuscirà nei terreni pingui di pianura".

Ribolla imperiale.

Sinonimi: Ribolla bianca - Ribollone - Ribollat (Friuli).
"E ' un vitigno - prosegue il Marzotto - di origine friulana e si dice sia coltivato in prevalenza nel circondario di Premariacco (Udine).
Vegetazione rigogliosa. Tralcio lungo, rosso-nocciola, internodi medi, foglia di grandezza media, ondulata, a 3 lobi poco marcati o quasi intera, di forma caratteristica più larga che lunga, pagina superiore liscia verde-chiaro, un po' coriacea e leggermente luccente, pagina inferiore verde-glauco, glabra, seni superiori appena segnati, quello peziolare aperto a forma di lira, nervature poco pronunciate di color eguale al parenchina, dentatura piccola, alternata, con denti più grandi. Grappolo di media grandezza, conico-cilindrico, leggermente serrato, peduncolo verde corto e robusto, acini sferici piuttosto grossi con pedicelli corti e forti, buccia grossetta, bianco-verdognola, pruinosa, succo dolce abbondante un po' denso. Molto resistente alla peronospora della foglia e del grappolo. Fertilità costante, preferisce taglio corto. Non soggetta al marciume.
La Ribolla Imperiale presenterebbe alcuni caratteri della Verdese di Como, ma differisce nella pagina inferiore delle foglie che nel Verdese è tomentosa. Può conservarsi bene anche d'inverno come uva da mensa.
La Ribolla Imperiale - conclude Marzotto - si nota tra le uve del Friuli spedite dal Cav. Pasqualini di Latisana alla R. Stazione Agraria di Forlì e descritta come segue nel Bollettino Ampelografico Volume X, pag. 66:
«Grappolo piuttosto grosso, serrato a pigna, acini grandi, rotondi, carnosi, di color verde chiaro, di sapor dolce, con debole aroma di moscato. Tralci a internodi brevi»(9).

"Il vino in queste zone, infatti, anche negli anni bui è stato utilizzato come tributo a nobili e clero, mentre Rabiola, Malvasia e Terrano - scrive Alessandro Pecorari (10) - costituivano omaggio per gli ospiti di maggiore riguardo.
Un ruolo storicamente riconosciuto è attribuito all'Abbazia di Rosazzo, ove Benedettini ed Agostiniani hanno preservato e tramandato la coltivazione della vite e dell'ulivo, con effetti positivi su tutta l'agricoltura della zona che si sono trasmessi nei secoli seguenti1.

La storia dell'Abbazia si intreccia con quella di Venezia. I Veneziani, infatti, sono stati per secoli dominatori della parte occidentale del Friuli, dal mare alla Carnia. Presso le tavole sia della Serenissima che di altre corti europee si brindò a lungo con la Ribolla di Rosazzo, prima, con il Picolit poi.

Nella zona Isonzo si incontravano molto raramente interi campi coltivati propriamente a vigneto. Ancora nel 1932 si leggeva che "Nell'agro goriziano la viticoltura è scarsa inquantochè vi predominano le colture orticole più redditizie" .
In quest'area si prediligeva la coltivazione di uve a bacca rossa; i principali vitigni rossi erano il Corvino ed il Refosco, generalmente tagliati. Si coltivavano anche vitigni bianchi: Cividino, Rabiolo, Malvasia Istriana e Ribolla gialla".

"Questi dati indicano chiaramente l'entità quantitativa dei danni provocati da Fillossera, Peronospora ed Oidio nel corso della seconda metà dell'Ottocento.
Pur di fronte a queste gravi infezioni, il dottor Alberto Levi nel 1877 riscontrava come sulle colline del Goriziano le varietà coltivate estesamente si fossero ridotte a 4 o 5 e proponeva di mantenere solo Ribolla e Refosco come degne di essere propagate"(10).

"I soli vitigni autoctoni che i secoli precedenti ci hanno consegnato sono la Ribolla Gialla e Nera (ora Schioppettino), il Verduzzo, il Picolit (detto in alcuni testi anche Piccolit o Piccolito), il Refosco (nelle sue varie tipologie), il Tazzelenghe ed il Pignolo (varietà, quest'ultima, prima abbandonata, poi salvata e riscoperta nella seconda metà del '900) "(10).

" Con il Regio Decreto numero 1796 del 29 luglio 1923 veniva fondata a Conegliano Veneto la Stazione Sperimentale di Viticoltura e di Enologia, ente diretto dal professore Giovanni Dalmasso, che ha avuto un ruolo importante nella ricostruzione di tutte le superfici vitate e nel riordino delle piattaforme ampelografiche delle Tre Venezie" (10)

"Per la provincia di Gorizia, con la relazione del 25 ottobre 1931, in particolare fu stabilito che per i vigneti delle colline bisognava dare la preferenza a varietà fini specialmente bianche.

Erano consigliati Riesling Italico, il Sauvignon, il Pinot Bianco, il Pinot Grigio, il Sylvaner ed il Tokay, e fra i rossi, indicati soprattutto per la zona dell'alta pianura isontina: la Barbera, il Merlot ed i Cabernets. Accanto a queste varietà si consigliava di continuare la coltivazione di alcune varietà indigene come il Refosco nostrano o dal peduncolo Rosso, il Verduzzo e il Piccolit.
Per quanto riguarda la provincia di Udine, ed in particolare i risultati della zona dei Colli Orientali del Friuli, fatta dal professore Giovanni Dalmasso i risultati sulle varietà proposte furono resi noti in una riunione svoltasi il 6 febbraio 1932 presso il consiglio provinciale dell'Economia di Udine e furono: per le uve a bacca bianca, Verduzzo, Piccolit, Riesling Renano e Riesling Italico; mentre per quelle a bacca nera, Merlot, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Refosco Nostrano.
Uno dei motivi della crisi produttiva di quegli anni, veniva identificato infatti nell'esistenza di un alto numero di varietà scadenti (Ribolla verde, Glera, Spica, Slancamenca, Cralievina, Pagadebiti, Meina, Pergola, Alicante, Isabella, Clinton, Seibel, ...figlie della nostra terra, ma soprattutto di un'agricoltura misera), che si consigliava di escludere dalla vinificazione.

Nel corso dei secoli l'uomo, più o meno approfonditamente, ha cercato di fare un po' di chiarezza e catalogare tutti i tipi di viti, a seconda della loro varietà e a seconda della qualità di vino che si otteneva.
In un documento del 1324, citato da Calò e Costacurta , si scriveva che " i vini friulani del tempo erano Ribolla dell'Istria e del Collio (l'odierna Ribolla Gialla), Pinella, Clareda, Turbiano, Decreto, Malvasia (l'odierna Malvasia Istriana), Vernascia e Moscadello (l'odierno Moscato, poco coltivato nella parte italiana; nel Collio Sloveno ha avuto un notevole aumento di produzione per la pianificazione di mercato Yugoslava).
Nel Convegno dei viticoltori di Udine del 1921 vennero scelte le varietà che dovevano essere utilizzate nella ricostruzione del patrimonio viticolo dell' Italia nord-orientale e particolarmente nella provincia di Udine e nei Colli Orientali del Friuli: il Refosco dal peduncolo Rosso prima di tutto, un po' di Refoscone, quindi Tazzelenghe, Corenossa, Cianorie e Corvino fra le rosse e, fra le bianche Verduzzo, Ribolla e Picolit "(10).

" Le grandi malattie della vite di fine 800 (che colpirono comunque tutti i vigneti d'Europa), assieme alle due Guerre Mondiali, che cancellarono il Litorale Austriaco prima e divisero il Collio goriziano poi, arrestarono per alcuni decenni lo sviluppo dell'economia viti-vinicola del Friuli orientale e misero a dura prova le strutture aziendali.
L'impostazione data dall'istituto del colle Rafut, nelle due zone di competenza (attuali Doc) Collio (Italiano e Sloveno) ed Isonzo, alla fine dell'ottocento era sicuramente solo teorica, ma le basi erano molto buone.
L'imitazione di una viticoltura di stampo francese, allora come oggi espressione della massima qualità mondiale, era l'ideale per le nostre terre. Le menti che lo avevano compreso e di conseguenza illustrato nel IV congresso enologico austriaco non avevano sbagliato. Sarebbe stata l'unica soluzione per un territorio che non avrebbe potuto rapportarsi con le produzioni legate alle quantità.
Le peculiarità territoriali e climatiche assieme ad un'adeguata viticoltura avrebbero generato un'alta qualità delle uve. Se correttamente vinificate, da esse si sarebbero ottenuti dei vini di ineguagliabile qualità.
Queste idee si concretizzeranno con una selezione di nuove varietà, legate innanzitutto a vitigni d'oltralpe come Pinot Bianco, Pinot Grigio, Sauvignon a bacca chiara; Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot a bacca scura, ma anche con la selezione di alcune varietà indigene in grado di dare vini più "fini" come la Ribolla Gialla, la Malvasia Istriana, il Picolit o il Refosco dal peduncolo Rosso"(10).

Appendice ampelografica dei vitigni indigeni

" Questa parte - prosegue Pecorari(10) - ha lo scopo di illustrare le caratteristiche dei vitigni tipici dell'area oggetto di questo lavoro, più volte citati nel testo.
Per tale descrizione utilizzo un testo fondamentale sulla viticoltura del periodo in esame, cioè l'Atlante Ampelografico di Guido Poggi, edito nel 1939 dalla Sezione Viticoltura di Udine del Consorzio, dal quale riporto integralmente le schede ampelografiche dei vitigni che ho ritenuto significativi dal punto di vista della loro origine autoctona. Le osservazioni dell'autore inoltre sono rilevatrici delle prospettive di sviluppo e degli indirizzi produttivi che all'epoca della pubblicazione dell'Atlante si riteneva dovesse intraprendere la viticoltura del Friuli e del Goriziano. E' chiaramente esplicitato infatti quali coltivazioni fossero da sviluppare e quali da abbandonare. Ed è altresì interessante confrontare quelle ipotesi e proposte con l'evoluzione attuale della viticoltura locale e le scelte produttive ad essa connesse.
Per alcuni vitigni più antichi utilizzo anche un testo ottocentesco, edito dall'Imperial Regia Società Agraria di Gorizia, la Descrizione di alcune varietà di viti di uve bianche fra le più accreditate in questo Circolo a cura di Della Bona. Le schede tratte da quest'opera sono anch'esse riportate testualmente e distinte dalle altre dall'uso di un diverso carattere. Nel caso di due vitigni, Picolit e Ribolla, data la loro importanza colturale, riporto entrambe le descrizioni, anche al fine di evidenziare il diverso approccio tecnico scientifico in due diversi momenti storici ".

Gargania ossia Ribolla

"Vite di uva bianca molto accreditata per vino dolce, e particolarmente qualificata per essere piantata nei vignali. La vite ha il fusto di vegetazione mediocre, con tralci midolosi e perciò fragili, e poco pieghevoli; sono essi del colore di canella macchiati, per solito corti e forti con nodi più tosto fissi. Le foglie sono di un verde alquanto chiaro, sopra e sotto nude, cioè non colorate, con lobi poco riconoscibili, dentatura forte, irregolare e col peduncolo lungo dalle due alle tre oncie circa, il grappolo è di grandezza media con picciolo di circa due once. L'acino di grossezza più che mediocre ha la pelle grossa, di colore giallo dorato, che al tempo della maturità si approssima al rossiccio. La costruzione del grappolo ha questo di particolare, che i racemoli sono conficati orizontalmente nel peduncolo generale col quale formano un angolo retto. Ve ne ha una sotto varietà chiamata , la quale si riguarda per inferiore. Neppure però la varietà gentile va piantata nel piano, perchè non giunge a quel grado di perfetta maturità e perchè le brine le sono nocive. La Gargania qui sopra descritta è quella del Coglio ( sic !), nè conviene confonderla con la Gargania delle vicinanze di Trieste, che è altra varietà di uva, e che corrisponde alla Stiriana del Coglio".
" Ribolla Gialla, certamente antichissimo vitigno friulano coltivato in collina nella provincia di Udine (zona collinare orientale) ed in quella di Gorizia (zona collinare del Collio). Il Dott. G. Perusini nelle sue "Note di viticoltura collinare " riporta quanto scriveva il Ciconi nel 1862 (Udine e sua Provincia); a pag. 512 si legge infatti che il Comune di Udine usava donare vini ai luogotenenti nel loro ingresso in città ed era tradizione offrire Ribolla dei colli di Rosazzo. Nella " Storia della vite e del vino " Vol. III, il prof. Dalmasso accenna agli annali del Friuli di F. di Manzano dove si parla del commercio di vino con la Repubblica di Venezia nel XII secolo: tra le qualità apprezzate vi era la Rabiola Del Collio (Ribolla) ed ancora negli stessi annali: «Così il 25 dicembre 1565 il Comune offriva al Patriarca Marquardo per la sua prima venuta ad Udine un'orna del vino Ribolla (vegiete Rabioli) : il 27 giugno 1568 al Duca di Baviera venuto ad Udine offriva 28 bocce di Malvasia e 26 bocce di Rabiola».
" Ed ancora, sempre nella " Storia della vite e del vino " il Prof. Dalmasso parla della dedizione. di Trieste al Duca Leopoldo III d'Austria nel 1382: nell' .atto si legge l'obbligo di dare al suddetto Duca 100 orne di vino Ribolla del migliore. Come vitigno ha dei pregi perchè e vigoroso, produttivissimo, resistente alle malattie e di tardivo germogliamento. L'uva matura precocemente ed è ricca di mosto. Prima della grande guerra la Ribolla gialla ed altre varietà similari quali la Ribolla verde, il Gran Rapp, l'Agadène, il Ribuelatt, costituivano la base della viticoltura della Provincia di Gorizia, oltre confine ed i mosti ed i vini erano quotati e ricercati nell''ex Impero austro-ungarico. Oggi però, ricongiunti alla Patria, i territori collinari al di là dello Judrio, il problema viticolo ha colà assunto un aspetto ed i vini di Ribolla non possono certamente reggere il confronto con quelli di altri vitigni di maggior merito. Ed i viticoltori del Collio hanno compreso e stanno orientando diversamente i loro impianti. Nelle zone collinari meglio esposte la Ribolla gialla matura assai bene e produce vino discretamente alcolico, ma nelle zone più fredde, o comunque di piano, i vini sono assolutamente insufficienti. I filtrati dolci di Ribolla (e purtroppo anche i non filtrati, liquidi torbidi ancora in fermentazione) sono ancora ben pagati e ricercati da una categoria di consumatori; i vini che se ne ottengono, se ben fatti, sono profumati, freschi, dissetanti, ma non hanno certamente alcun requisito di finezza.Senza quindi voler arrivare a dare completo ostracismo al vitigno, lo riterrei coltivabile solo nelle migliori zone collinari, a costituire anche masse da taglio per tipi nettamente superiori quali il Tocai, il Traminer, il Riesling renano che, talvolta, riescono eccessivamente alcolici,profumati e di corpo. L'uva di Ribolla gialla è invece ottima per il consumo diretto ed è richiesta; la poca resistenza ai trasporti non ne permette la diffusione che a breve distanza dai luoghi di produzione.

Il Poggi, nel 1939, così descrive la vite, l'uva ed il vino di Ribolla gialla e nera (alias Schioppettino):

DESCRIZIONE:

" Uva bianca da vino e da consumo diretto.
Vigore: splendido
Resistenza alle malattie: buona; nelle annate piovose un po' soggetta al marciume Produttività: buona e costante: opportuna sarebbe la selezione, allo scopo di eliminare i ceppi soggetti a colatura.
Germoglio: Di colore verde giallo, leggermente striato di bruno, glabro. Foglioline terminali verde-giallo, glabre.
Tralci: Numerosi, sottili, di colore giallastro internodi medi.
Foglia: di media grandezza, intera o trilobata,rotondeggiante, piana, con margini leggermente increspati. Pagina superiore liscia, di colore verde chiaro. Pagina inferiore di colore verde più intenso, glabra. Nervature rilevate. Tessuto poco consistente. Seni laterali appena marcati. Seno peziolare chiuso anche con margini sovrapposti, raramente aperto. Dentatura minuta, acuta, mediamente profonda. Picciolo più corto della nervatura centrale.
Grappolo: medio, o grande, cilindrico, o cilindrico-conico, molte volte asimmetrico, serrato. Peduncolo medio, erbaceo, di colore leggermente giallo. Raspo erbaceo. Pedicelli cortissimi, erbacei. Pennello grosso, incolore. Acini grandi, quasi sferici. Buccia giallo dorata a maturazione completa, splendida, poco resistente, sottile. Polpa dolce, sciolta. Vinaccioli piccoli, in numero di due.

CARATTERISTICHE DEL VINO

Di colore paglierino chiaro, tendente al verdognolo, mediamente alcolico, asciutto, fresco, vinoso, abbastanza armonico. Vino comune da pasto.
Alcolicità: media gradi 9,5, massima gradi 11, minima gradi 9 (in volume al Malligand).
Acidità totale media: grammi 5,5 per litro (in acido volte alato, mediamente compatto; peduncolo erbaceo, leggermente rossastro; raspo erbaceo; pedicelli di media lunghezza, verdi; acini medi, sferici o subrotondi; buccia gialla dorata, con riflessi verdi, pruinata, opaca, leggermente punteggiata di bruno, spessa, ma tenera; pennello piccolo, asciutto, leggermente verdognolo; polpa un po consistente, dolce, di sapore semplice o leggermente aromatico; vinaccioli piccoli in numero di tre.

CARATTERI DEL VINO

Di colore giallo citrino più o meno intenso, alcolico, profumato, asciutto, amarognolo, aromatico (caratteristico), caldo, pieno. Ottimo vino fino suscettibile di diventare superiore dopo adeguato invecchiamento.

Acini di Ribolla
Acini di Ribolla

Alcolicità: media gradi 11, minima gradi 9,5, massima gradi 13,5 (in volume al Malligand).
Acidità totale media: grammi 5 per litro (in acido tartarico). tartarico).

Ribolla Nera

vitigno che ha una limitatissima importanza in provincia perchè è coltivato quasi esclusivamente in territorio collinare e pedecollinare del comune di Prepotto e specialmente nella sua frazione di Albana. Il Rovasenda cita la Ribolla nera a germoglio tomentoso e con foglia glabra, quinquelobata, proveniente da Udine. La Ribolla nera, chiamata anche Pocalza, al di fuori del suo ambiente optimum, anche alla distanza di pochi chilometri, da un vino che non possiede più quelle peculiari caratteristiche che lo rendono pregiato in quel prepotto col nome locale di Schioppettino; da notare inoltre che non sopporta molto l'invecchiamento.
E' vitigno quindi che, almeno ritengo, non è destinato a diffondersi ed è certamente in secondo merito.
Una caratteristica dell Ribolla nera è che tarda moltissimo a fruttificare ed i ceppi debbono raggiungere almeno i 7 anni per dare un regolare e talvolta abbondante prodotto.

1939, Poggi: Ribola nera (disegno di Donadon)
1939, Poggi: Ribola nera
(disegno di Donadon)

DESCRIZIONE

Uva nera da vino

Vigore: fortissimo.

Resistenza alle malattie: soffre per la peronospora in genere ed è sensibilissima particolarmente a quella del grappolo.
Produttività: discreta e sicura.
Germoglio: tozzo, fortemente appiattito a sezione ellittica caratteristica, di colore verde bleu intenso, peloso. Foglioline terminali verde giallo, tendenti al bruno, glabre.
Tralci: numerosi e grossi a sezione ellittica, lisci. Intenodi corti e medi. Nodi appiattiti prominenti. Gemme grosse e sporgenti, coniche glabre.
Foglia: quinquelobata, di grandezza media. Tessuto consistente. Piana, o leggermente revoluta. Pagina superiore di colore verde-giallo, carico. Pagina inferiore verde chiaro leggermente cotonosa. Seno peziolare profondo, aperto o chiuso a margini sovrapposti. Seni laterali abbastanza profondi. Dentatura poco profonda assai larga, ottusa. Nervature rilevate. Picciolo più lungo della nervatura centrale, di grossezza media.
Grappolo: grande, lungo, cilindrico o cilindro-conico, alle volte alato, serrato o semi-serrato. Peduncolo lungo robusto, semi legnoso, di colore bruno.
Raspo erbaceo verde. Pedicelli di lunghezza media sottili, erbacei. Acini medi ellissoidi. Buccia di colore nero non molto intenso, pruinosa spessa, resistente, non tannica. Pennello piccolissimo, asciutto, incolore. Polpa semi carnosa, dolce, a sapore semplice. Vinaccioli piccoli in numero di due o tre.

CARATTERI DEL VINO

Di colore rosso violaceo intenso, profumato, vinoso, asciutto, fresco, leggermente tannico, di corpo. Tipo di vino da pasto comune.
Alcolicità: media gradi 10,5, minima gradi 9, massima gradi 11 (in volume al Milligand).
Acidità totale media: grammi 7 per litro (in acido tartarico)".

Sin qui il Poggi (1939).

Ribolla nelle D.O.C.

In soli due disciplinari di produzione dei vini D.O.C. è possibile ritrovare la Ribolla gialla: Collio e Colli Orientali del Friuli.
Ad onor del vero quando venne emanato il D.P.R. 24.05.1968 di riconoscimento della D.O.C. Collio nello stesso veniva ricompresa la Ribolla gialla non già "in purezza", bensi riunita in un "uvaggio" che fotografava la situazione del Collio "classico" in cui almeno il 90% dei vigneti era costituito da vitigni a bacca bianca; le vecchie vigne erano in gran parte una miscela del "nostro" con Tocai friulano e Malvasia istriana.
Nel 1968 - nel Collio - il Pinot bianco era in grande accelerazione e c'era ancora spazio spazio per gli aromatici (Traminer e Riesling). Pinot grigio e Chardonnay verranno in seguito, così come il Cabernet sauvignon.
Nei Colli Orientali, per contro, la Ribolla gialla sin dal primo disciplinare (D.P.R. 20.07.1970) era prevista in purezza e tale rimane anche ai giorni nostri.
Nelle successive modifiche del disciplinare e da ultimo con il D.P.R. 25.03.1998 (GU. n. 88 del 16.04.1998) il Collio, per mantenendo ed ampliando l'uvaggio ricomprendente la Ribolla, ha ammesso anche la tipologia in purezza aderendo, come era giusto, alle due scuole di pensiero.

La Ribolla a tavola

A proporre una Ribolla al di sopra delle righe (vendemmia tardiva, affinamento in barrique) ci hanno pensato in pochi e con risultati ancora in via d'interpretazione. Come dire che ben altre sono le tipologie bianche (francesi acclimatate, prima ancora che autoctone) che nel "Vigneto Friuli" hanno i numeri per essere guidate dalla vinificazione all'invecchiamento.

Acini di Ribolla

La spumantizzazione ("Charmat" o "Classico") sembra aver attratto più i produttori sloveni della "Brda" che quelli di casa nostra. Va servito fresco (7-9 gradi circa).

Negli uvaggi la Ribolla gialla, per la sua "neutralità" e l'elevata acidità costituzionale è buona comprimaria, prima che protagonista.( Va servito a 12 gradi circa).

Ribolla nell'anfora di Marina Sgubin (a dx.) di Scriò-Dolegna
Ribolla nell'anfora di Marina Sgubin
(a dx.) di Scriò-Dolegna

In purezza evidenzia tutta la sua piacevole freschezza (vinificazione in bianco, affinamento in acciaio, controllo termico) che ne fa un partner ideale con tutti gli antipasti a base di pesce.
Va servito fresco (10 gradi circa).

Ribolla dell'orcio di Marina
Ribolla dell'orcio di Marina

Note e riferimenti bibliografici

(1) Costacurta A. (1978): "Ribolla" - Agricoltura delle Venezie n. 8;

(2) Filiputti W. (1983): "Terre, Vigne e Vini del Friuli-Venezia Giulia";

(3) Costacurta A. (1978): "Ribolla", op. cit.;

(4) Poggi G. (1939): "Atlante Ampelografico";

(5) Costacurta A. (1978): "Ribolla", op. cit.;

(6) Ibidem;

(7) Filiputti W. (1997): "Il Friuli-Venezia Giulia e i suoi grandi vini";

(8) Ibidem.

(9) Marzotto N. ( 1923): " Ampelografia del Friuli" - Cattedra ambulante di Agricoltura per la Provincia del Friuli - Estratto de " L' Agricoltura Friulana " anno 1923, Tip. Domenico Del Bianco e figlio, Udine 1923

(10)PECORARI A. (2002): " La vitivinicoltura nel Friuli orientale fra '800 e '900 - Tesi di laurea - Università degli Studi di Trieste, Facoltà di lettere e filosofia , Anno Accademico 2001-2002