vigneto Friuli 

Piccola guida per conoscere più da vicino
un grande vitigno autoctono friulano:

 IL PIGNOLO 
di Claudio Fabbro ®

Uno dei vitigni che maggiormente ha animato l'interesse più o meno recente degli agricoltori ma soprattutto di quello dell'informazione è sicuramente il PIGNOLO. Sarà per questo ritorno di fiamma nei confronti degli autoctoni oppure per il fatto che i vignaioli che si sono fatti carico chi di recuperarlo chi di reimpiantarlo sono ritenuti d'avanguardia sicuramente il vitigno in questione rappresenta un argomento nuovo e suggestivo d'intendere il VIGNETO FRIULI . L'atavica sudditanza nei confronti di vitigni austro/tedeschi prima e di quelli francesi in tempi più recenti ha creato non pochi dispiaceri alla nostra base produttiva. Se non ci fosse stato il FILIPUTTI a salvarlo in quel di Rosazzo ( parliamo appena di vent'anni addietro o poco più) il DORIGO a rilanciarlo in quel di Buttrio il più giovane MOSCHIONI a riproporlo dopo attenta cura nelle vigne ed appassimento ventilato a seguire forse oggi non se ne parlerebbe più. Che dire infine del ruolo avuto dalla Famiglia NONINO al riguardo ? E'stato fondamentale poiché attraverso il RISIT D'AUR ha sollevato il problema sotto il profilo storico/culturale della nostra viticoltura contribuendo non poco a stimolare provvedimenti legislativi determinanti al fine di regolarizzare un momento di confusione e ridare dignità con regolamenti e decisioni comunitarie e leggi dello Stato al PIGNOLO ed a tanti altri vecchi vitigni ormai dati per dispersi. Di questo ed altro ancora il lettore potrà cogliere quanto di suo interesse attraverso gli scritti di personaggi illustri del passato quale fu il dott. Guido POGGI che nel 1939 dette alle stampe quel prezioso documento che è l'ATLANTE AMPELOGRAFICO un insieme di schede e di illustrazioni bellissime ed attuali.

Poi venne il PITTARO che nel 1982 riprese per mano insieme al fotografo LISIO PLOZNER il VIGNETO FRIULI con "L'UVA E IL VINO". Infine il FILIPUTTI che nel suo pregevole " IL FRIULI-VENEZIA GIULIA ED I SUOI GRANDI VINI-STORIA DI UOMINI E VIGNETI" dedicò ampio spazio-correva l'anno 1997- proprio al PIGNOLO scrivendone con l'emozione di un vignaiolo che vent'anni prima aveva saputo capire prima d'altri il valore intrinseco di quelle due ultime viti rimaste a testimoniare antichi splendori. Riprenderemo in questo lavoro proprio il loro pensiero e dalle foto si potrà comprendere meglio di quale realtà si sia dotato di fatto e diritto il nostro FRIULI sublimandosi proprio nella "sottozona" di ROSAZZO punto di partenza della nostra ricerca.

"Di tutta l'antica viticoltura il Pignòlo (in friulano "Pignul" da non confondersi con l'omonimo vitigno a frutto bianco della vicina provincia di Treviso) è certamente - secondo il POGGI - (1) l'esemplare degno di maggior rilievo e forse anche di una nuova diffusione. E che il vitigno sia vecchio e fosse quotato lo provano le numerose citazioni di antichi scrittori non ultima quella dell'Abate Gio.Batta Michieli che nel suo ditirambo "Bacco in Friuli" pubblicato sul finire del XVII secolo così si esprimeva:
          «Del bel Turro (torrente Torre) sulla sponda
     il buon vin alligna e abbonda
     che del dolce Berzamino
     ne berrei per poco un tino
     e vorrei sempre esser solo
     nel ber a tazze piene il buon Pignòlo»

Strano vitigno di aspetto cespuglioso e rustico ma sofferente ed al quale nessuna cura colturale riesce ad imprimere un maggior vigore.
Se mi fosse lecito esprimermi in tal modo la definirei una varietà al limite della sua potenzialità vitale sulla via cioè di una fatale scomparsa.
Diffuso qua e là con sparuti ceppi franchi di piede lo troviamo principalmente sulle colline eoceniche di Rosazzo e di Rocca Bernarda (Comuni di Manzano e di Premariacco) dove in unione col succo delle uve di altre vecchie varietà anche esse in via di estinzione dà ancora prodotti eccellenti di pregio indiscutibile e con caratteri particolari inconfondibili.


L'Abbazia di Rosazzo

Ricordo che a Rosazzo quasi all'ombra della secolare Abbazia un vecchio colono dell'Amministrazione di Brazzà dalla fluente barba bianca e dalla mente lucidissima mi tesseva anni or sono gli elogi del Pignòlo e accanto ad un vecchio ceppo dagli esili tralci e dalle innumerevoli foglioline assai piccole mi facevano ambedue l'impressione di esistenze stanche per una vita troppo lunga: ed infatti il buon Zamò (così si chiamava il colono) ora non è più e non è più nemmeno il vecchio ceppo di Pignòlo.
Ne colsi allora delle marze le innestai nel vigneto Ampelografico di Buttrio (Consorzio per la Viticoltura oggi Sezione della Viticoltura del Consorzio Provinciale tra i Produttori dell'Agricoltura) ne seguii lo sviluppo ed i vini prodotti nelle diverse annate vennero analizzati e degustati.
Vi è certamente della "stoffa" nel prodotto che è sempre di ottima alcolicità di acidità non eccessiva di profumo gradevole e caratteristico sufficientemente resistente all'invecchiamento.
Il vitigno è però sensibilissimo all'oidium ed io ritengo sia questa una delle ragioni della sua scomparsa; tuttavia una reintroduzione nelle migliori località collinari e pedecollinari e nelle aziende viticole di avanguardia potrebbe riuscire utile dal lato enologico ed il vino che ha caratteri suoi particolari inconfondibili contribuirebbe quasi certamente ha creare tipi fini e superiori.
Ed a proposito del vino ho sempre presente una annotazione fatta dal Prof. Dalmasso in una scheda di degustazione del Pignòlo prodotto nel 1930 che diceva: "tipo singolare di vino: di lusso?" Ritengo egli abbia colpito nel segno ed ancora oggi dopo aver degustato il vino del 1939 mi convinco vieppiù che il Pignòlo se non può gareggiare con il Merlot e col Cabernet per vigore e produttività merita però una nuova e più attenta considerazione."


Walter Filiputti

"Se l'epoca della sua scomparsa non ci è chiara - scrive FILIPUTTI - (2) pare invece fuori di dubbio il luogo di nascita: le colline di Rosazzo. Con la soppressione del patriarcato di Aquileia la badia di Rosazzo venne aggregata all'arcivescovo di Udine Bartolomeo Gradenigo nel 1762. "E in Abbazia allora - annota Giandomenico Ciconi in Udine e la sua Provincia - vi si raccoglie un eccellente vino nero denominato pignolo". E sarà proprio tra le colline di Rosazzo che si conserveranno pochi ceppi sparsi tra i vigneti dell'Abbazia del Conte Trento e di "Menut" Casasola che ha lasciato in eredità non più di 150-160 viti. "Menut" che visitavo prima con mio padre per gli acquisti di vino per l'osteria di famiglia e poi assiduamente da quando venni ad abitare a Rosazzo più volte mi raccomandò di riservare al Pignolo (nonchè alla Ribolla ed al Picolit) posizioni particolarmente solatìe su terreni non umidi. "Menut" era un libro di memorie; aveva dentro di sé la storia delle vigne di Rosazzo fin dal 1863 quando la sua famiglia vi arrivò al seguito di monsignor Andrea Casasola nominato Arcivescovo di Udine e come tale anche parroco di Rosazzo. Tra i suoi tanti racconti e considerazioni ricordo che soleva dire che quando era l'anno del Picolit lo era anche per il Pignolo. Il Pignolo lo troviamo citato nel Catalogo delle varietà delle viti del Regno Veneto istruito nel 1823 sotto l'amministrazione di Vienna all'interno del quale si possono ritrovare quelle coltivate in Friuli. Le varietà catalogate grazie al "servigio" del Conte Pietro di Maniago furono 127. Tra queste il "Pignûl" (Pignolo) che così veniva descritto: "Nero di botte. Varietà delle Pignole. Vegetazione mediocre foglie ordinarie di colore verde cupo conb picciolo pallido; grappolo medio; acini fitti rotondi di colore nero-carico; molto succosi di sapore dolce-aromatico; buccia sottile. In colle".
L'Acerbi in Delle viti italiane del 1825 lo cita - Pignolo - al n.223 delle "Viti Friulane dè contorni di Udine". Era coltivato sui colli Orientali. Nel settembre 1863 l'Associazione agraria friulana organizza un'esposizione di uve con ben 357 varietà presentate tra le quali il Pignolo. All'esposione seguiranno a suo completamento delle annotazione nel 1921. Una delle quali del prof. Zanelli riguarda il Pignolo. Dopo aver ripreso le note riportate nel catalogo del 1823 si aggiungeva: "il 'Pignûl' o Pignolo del Friuli non ha neppure esso somiglianza col famoso Pinot della Borgogna e dello Champagne ed è altra cosa del Pignolo del Piemonte; uva che si approssima al Rifosc ed è pure a distinguersi dalla nostra Pignola a buccia sottile di minor merito e d'ineguale maturanza. Il vero Pignolo di Rosazzo ha un grappolo cilindrico serrato non grande sugo dolce buccia forte alquanto coperta di fiore e dà ottimo vino; la vite non è delle più abbondanti di prodotto ma non manca quasi mai". Ecco invece il commento del prof. Zanelli che così conclude: "piuttosto ci è dato di poter estendere con asseveranza le esclusioni dei vitigni di qualità inferiore qualè il 'Pignûl' di maturanza ineguale e che non sarebbe affatto indicato per la vigna bassa avendo l'abito a far molto legno e sfeminellare all'infinito come più che il Lambrusco". Era iniziata l'opera di demolizione. Ad una descrizione che ne esalta la qualità se ne contrappone una contraria supportata da un uomo di scienza che condanna questo vino. Infatti nell'elenco di vitigni friulani di G.B. Zava del 1901 il Pignolo non compare. Allora ci si rendeva conto della necessità sacrosanta di individuare nell'enorme massa di varietà presenti quelle di maggior pregio".

"Ed il Pignolo viene considerato-prosegue il FILIPUTTI- non degno di far parte del gruppo elitario. Certo ci saranno anche state anche ragioni tecniche (scarsa produzione facilmente attaccabile dall'oidio) ma soprattutto si stava allargando quel bovarismo friulano che avrebbe portato nel volgere di mezzo secolo alla quasi scomparsa delle varietà locali più ricche di personalità (Ribolla nera Ribolla gialla Tazzelenghe Pignolo ed anche il Picolit se non fossero intervenuti i Perusini padre e figlio). Nel 1921 il Consorzio antifillosserico friulano organizza una esposizione di uve friulane: verranno presentate 130 varietà di vino 45 da tavola e 52 ibridi produttori diretti. Il Pignolo era ancora assente. Italo Cosmo nel 1952 sviluppando il tema dei "Possibili miglioramenti della viticoltura e dell'enologia nelle province di Udine e Gorizia" propone soluzioni intelligenti come quella di abbandonare pian piano la Glera il cui vino era tutt'altro che pregiato ma nell'elenco che suggerisce non cita il Pignolo. Che non compare nelle classificazioni per le province friulane del 1970 (regolamenti CEE n. 2005/70 e n. 1985/71) né tra le varietà raccomandate né tanto meno tra quelle autorizzate (assieme al Pignolo a conferma del tonfo culturale sia dei friulani che dei preposti alla sperimentazione sono assenti la Ribolla nera o Schioppettino il Tazzelenghe e la Ribolla gialla in provincia di Udine mentre era raccomandata in quella di Gorizia). Fu a questo punto che il movimento d'opinione ispirato da Luigi Veronelli e di cui già se ne è descritta la genesi gridò al delitto che si stava perpetrando alla nostra cultura. La mossa decisiva come abbiamo avuto modo di raccontare arrivò dal "Risit d'aur" dei Nonino che seppero coagulare in maniera straordinariamente efficace queste proteste fino ad arrivare all'autorizzazione nel '78. Ancora una riprova del bovarismo friulano? Il Pignolo raggiungerà l'agognato traguardo della denominazione d'origine controllata nei Colli orientali del Friuli solo nel 1995" !


"Chi scrive-ricorda il FILIPUTTI- arrivò all'Abbazia di Rosazzo nel 1978: le vigne erano disastrate. Erano tenute in vita da don Nadalutti detto anche don Camillo per la sua somiglianza a Fernadel. Che faceva ciò che poteva ma produceva il il Pignolo. Nel '78 feci l'amara scoperta: di viti ve n'erano solo due appoggiate al vecchio muro che guarda a mezzogiorno. E quel Pignolo ? nasceva da un miscuglio di uve rosse ! "E cosa potevo fare mi disse il monsignore con due sole viti e di fronte alle continue richieste di quel vino!"
"Fu nel 1979 – conclude FILIPUTTI - che da quelle due viti molto vecchie partimmo per recuperare il Pignolo dell'Abbazia di Rosazzo sacrificando un piccolo vigneto di Tocai sul quale innestammo per moltiplicarlo. A suggellare tale opera di recupero (che comprendeva anche la Ribolla gialla) il 15 gennaio dell'83 venne assegnato all'Abbazia di Rosazzo il premio "Risit d'aur" di Nonino. La prima vendemmia avvenne nell'84 e ne ricordo l'emozione. Nonostante l'annata fosse pessima il Pignolo dette ottimi risultati. Venne interpretato fin dall'inizio come grande vino da invecchiamento con conseguente macerazione e poi affinamento in barrique. Ebbi subito la sensazione di essere davanti ad un vino "di lusso" totalmente al di fuori dalla tradizione fin qui espressa dai rossi friulani. La vendemmia '85 che fu superba confermò il grande carattere di tale vino e la sua incredibile vocazione all'invecchiamento. Ricordo che lo raccogliemmo dopo il Picolit: aveva oltre 13 gradi alcolici naturali. Iniziata la macerazione capii immediatamente che stava nascendo un vino davvero unico ed inimitabile. Fu cu così: alla fine era tannico coloratissimo intenso nelle sue sensazioni olfattive. Rimase nelle barriques nuove per oltre un anno ed altrettanto riposò in bottiglia: ne uscì un vino di straordinaria razza e potenza dal colore rubino carico con toni molto accesi dalle sfumature violacee. Un vino di una grande e coinvolgente personalità. Bevuto alla distanza di dieci anni ha mantenuto quel suo fascino: i suoi profumi sono diventati più dolci più ovattati ma ricchi di sensazioni di legno di sacrestia di incenso di sottobosco e alla fine di marasca molto matura. La sua fase ascendente continuava ancora imperterrito davanti al tempo che passa. Erano trascorsi cinquantacinque anni da quelle intuizione del prof. Dalmasso. Giustizia era fatta! "

Una descrizione precisa e puntuale nonchè utili indicazioni sul ruolo del Pignolo nell'enogastronomia è stata curata dal PITTARO (3) che ne illustra le caratteristiche:
"Grappolo medio cilindrico irregolare spesso con due piccole strettissime ali compatto. Peduncolo robusto medio erbaceo di colore verde-giallo. Acini medio-piccoli tondeggianti di colore blu-nero intenso. Buccia molto pruinosa. Pedicello e pennello corti. Stacco regolare. Polpa a sapore semplice carnosa dolcissima.
Vite foglia piccola pentalobata con due lobi superiori profondi e quelli inferiori molto più contenuti. Seno peziolare a U aperto come pure quelli laterali. Pagina superiore color verde intenso. Pagina inferiore verde chiaro quasi feltrata. Dentatura appuntita uncinata regolare. Tralcio esile con portamento sarmentoso internodi medi gemme coniche ben evidenti color bruno rossastro tendente al vinoso verso l'apice. Vigoria scarsa bizzarra. Scarsa anche la produzione. Sensibile all'oidio mediamente alle altre crittogame. La troviamo ancora in vecchi impianti su piede franco. Resiste quindi bene alla fillossera.
Terreni data la scarsa diffusione si hanno poche notizie circa l'adattabilità ai vari terreni. Regna bene in collina nella marne arenarie dove probabilmente ha il suo habitat naturale.
Vino il Pignolo come la vite è un vino tutto particolare. Contenuto e misterioso nel gusto timido quasi esitasse a farsi scoprire. Colore rubino chiaro però vivace e affascinante. Buona acidità fissa e alcole. Elegante di corpo e morbido in tannicità. Profumo vinoso fruttato riservato che si apre con bouquet invitante. E' insomma un vino tutta da scoprire.
Accostamenti gastronomici vino da: piatti di carne della cucina friulana (soprattutto predilige: ciàr in padiele spezzatino di manzo e brisiola alla cotola braciola fritta). Va servito alla temperatura di 18-20 gradi."

A questo punto noi ci aggiungeremmo una serie infinita di grandi formaggi nazionali e perché no un bel Montasio friulano stagionati alquanto poiché la forza strutturale e la completezza di un grande PIGNOLO non teme certamente confronti ad alto livello.

Claudio Fabbro ®

Gorizia 10 maggio 2002
®è consentita la riproduzione previa citazione della fonte.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

(1) - POGGI G.: Atlante Ampelografico - Consorzio Provinciale tra i produttori dell'agricoltura - Sezione Viticoltura Udine - Arti Grafiche Pordenone 1939.

(2) - FILIPUTTI W.:"Il Friuli-Venezia Giulia ed i suoi grandi vini -Storia di uomini e vigneti" - Arti Grafiche Friulane - Feletto Umberto Udine 1997.

(3) - PITTARO P.-PLOZNER L.: "L'uva e il vino" - Magnus Edizioni 1982.