LA "RIBOLLA GIALLA" VITIGNO DI FRONTIERA ©
di Claudio Fabbro
Via Forum Julii di Corno di Rosazzo dedicata alla Ribolla GiallaCenni Storici ed Origini
"Antichissimo vitigno coltivato in Friuli-Venezia Giulia nelle provincie di Gorizia e Udine nelle colline slovene della "Goriska Brda" e per il passato in Istria. Trattasi dio un vitigno autoctono della provincia di Gorizia; per taluni Autori la Ribolla corrisponderebbe all'"Avola" dei romani. Altri sostengono che il "Pucinum" romano avesse come base la Ribolla.
Passando alla storia relativamente più recente numerose sono le citazioni del "Vino Ribolla" come vino di qualità primaria tra i diversi vini del Collio usato spesso come "rappresentanza" in segno di omaggio ed amicizia agli illustri personaggi del momento." Così esordisce Angelo Costacurta nella sua preziosa ricerca "RIBOLLA" che gli valse il premio "RISIT D'AUR 1977" e che riassumiamo da "AGRICOLTURA DELLE VENEZIE N° 8/1978".Prosegue l'Autore:
"Ricco di citazioni a tale proposito è il Dalmasso nel III° volume della sua già citata "Storia della vite e del vino"; dagli "Annali del Friuli" di F. Manzano si ricorda che nel XII secolo il Friuli forniva alla Repubblica di Venezia la Ribolla del Collio.
In un documento di compravendita di un terreno sito in comune di Barbana nel 1376 si precisa che da tale appezzamento il colono ricavava "sex urnas raboli". La presenza del vino Raibola (o Ràbola) dell'Istria e del Collio nel Friuli risulta anche da un documento stilato ad Udine nel 1324. Il 1327 viene malinconicamente citato come un' annata di scarsa produzione di vini soprattutto di vino "Ribolla".
La Ribolla veniva offerta come segno di devozione ai luogotenenti al loro primo ingresso in città o devozione ad illustri personaggi in visita alle stesse; documentazioni in tal senso risalgono agli anni 1365-1368-1393. Come segno di omaggio nel 1565 il Comune offriva al Patriarca Marquardo per la sua prima venuta ad Udine un'orna del vino Ribolla (vegiete Rabioli); nel 1568 offriva al Duca di Baviera 28 bocce di Malvasia e 26 bocce di Rabiola. Inoltre il Senato Veneto invia all'Imperatore Carlo V "do bote de vin" di Rosazzo (Ribolla). La fama della Ribolla ebbe così modo di espandersi tanto che verso la fine del '300 il "Rainfald" era variamente decantato da cronisti e poeti tedeschi. Lo stesso Boccaccio cita la Ribolla in una sua requisitoria contro gli eccessi della gola.
La predilezione tedesca per questo vino porta il Duca Leopoldo III di Austria sempre secondo il Dalmasso nell'opera citata a chiedere che nell'atto di dedizione della città di Trieste venga inserita la clausola che obbligava la città a rifornirlo annualmente di 100 orne di vino Ribolla del migliore. Tale clausola doveva essere molto diffusa nei contratti di pace o di dedizione tra le città dato che secondo il "Codice diplomatico istriano" dell'anno 1384 anche la isola di Istria dove a quei tempi la Ribolla era diffusa doveva al comando di S. Maria di Aquileia "urnas centum duas de Ribolio solito" ".Costacurta ricorda che:
"Nel "Libro del Cancelliere" fiumano A. di Francesco de Reno si può trovare una ordinanza datata 28.12.1446 contro coloro che commettevano la frode di smerciare del vino "forensem" "dicentas quod sit Ribola cum non sit". La protezione di cui godeva tale vino risulta anche da un documento della città di Fiume del 1445 in cui si disponeva che ogni partita di Ribolla fosse accompagnata da una dichiarazione ufficiale del luogo di provenienza. Si hanno anche notizie dell'evoluzione del prezzo del vino Ribolla: nel 1365 l'orna di vino Ribolla venne pagata nel Comune di Udine 50 grossi; nel 1365 la Rabiola veniva pagata 21 piccoli la boccia per passare nel 1407 a 2 denari la boccia e così via. La città di Pavia inoltre nel 1390 stabiliva la tassa di un fiorino per ogni brenta di vino Ribolla importata".
Più volte il wine maker e giornalista friulano Walter Filiputti cita la Ribolla nei suoi scritti sul "Vigneto Friuli". Tra l'altro nel suo pregevole " TERRE VIGNE E VINI DEL FRIULI-VENEZIA GIULIA (1983) egli ricorda che "il vitigno ha diversi sinonimi: "Rebolla";"Ribuèle"; " Ràbuele"; "Ribuèle zale"; "Ribolla di Rosazzo"; "Raibola"; "Ràbola"; "Rèbula" (nella parte slava del Collio). Secondo Filiputti "è uva da sempre coltivata in Friuli. Il primo documento risale alla fine del Medioevo; il lontano 1299 e si riferisce a degli atti del notaio Ermanno di Gemona in"Notariorum Joppi". Trattasi di un contratto di vendita. La sua coltivazione doveva essere estesa se nel 1376 in un documento di compravendita sito in comune di Barbana (Collio) si precisa che da tale appezzamento il colono ricavava "sex urnas rabioli".
La presenza di tale varietà era diffusa sia sulle nostre colline che in Istria ed è confermata da un documento stilato a Udine nel 1324. E nel tracciare il profilo dell'annata 1327 la si definisce di scarsa produzione di vini soprattutto di vino Ribolla. Era la Ribolla il vino che veniva offerto dal Comune di Udine ai luogotenenti quando facevano il loro primo ingresso in città: documentazioni in tal senso risalgono al 1364 1368 1393. Il Comune stesso decise per difendere e garantire il vino di emanare nel 1402 la nuova riforma dello statuto dei giurati della Città. E tale statuto riguardava anche il controllo del vino: "Gli osti non possono tenere vasi di capacità minore di una boccia (litri 0 6) e debbono vendere il vino secondo il calmiere fissato e dare la misura giusta; giurino ogni quattro mesi non avervi posto allume di rocca specialmente nella rabiola (Ribolla) nè possono mescolare vino terzano o comune con rabiola de colli oppur d'Istria nè con vino straniero". E sempre il Comune di Udine offriva in segno di omaggio al Patriarca Marquardo per la prima volta a Udine un'orna del vino Ribolla: era il 1565; nel 1568 al duca di Baviera venivano donate 28 bocce di Malvasia e 26 di Rabiola.
E il Senato veneto nell'ottobre del 1592 decretava di inviare all'Imperatore Carlo V che stava per arrivare nel territorio della Repubblica "do bote de vin " di Ribolla; il cronista ci assicura che l'Imperatore "gustò" molto il dono. Il vino era talmente conosciuto che lo stesso Boccaccio cita la Ribolla in una sua requisitoria contro gli eccessi della gola. Erano i tedeschi i grandi estimatori di tale vino; il duca Leopoldo III d'Austria chiede che nell'atto di dedizione della città di Trieste venga inserita la clausola che obbligava la città a rifornirlo ogni anno di 100 orne di Ribolla e del migliore.
In tempi a noi più vicini - verso la fine del '700 - il medico Antonio Musnig nel suo "Clima goritiense" mette la Ribolla al primo posto tra i bianchi friulani. Dopo il periodo di oscurantismo provocato dalla fillossera dall'entusiamo e forse dalla curiosità sollevata dai vini d'Oltralpe la Ribolla sta riprendendo la sua giusta dimensione: viene coltivata unicamente in collina (sia sul Collio che nei Colli orientali) e di essa si hanno due varietà: quelle più conosciuta e in grado di dare il vino migliore: la Ribolla gialla; e quella verde di minor pregio e pertanto poco diffusa. Esiste anche una Ribolla nera o "Pòcalza" (in sloveno) che dà origine allo "Schioppettino" ". Sin qui il Filiputti.Ma torniamo al lavoro di Costacurta il quale ricorda che:
"La Ribolla è ancora importante verso la fine del '700 anche se A. Zanon nel 1767 lamenta la decadenza dei vini italiani e tra questi la "Ribuole" che cedevano il passo all'avanzare dei vini francesi. Nello stesso periodo il medico Antonio Musnig nel suo "Clima goritiense" ritiene la Ribolla (Rebulla) soprattutto quella di Rosazzo al primo posto tra i vini bianchi friulani per dolcezza e generosità; la Ribolla è anche il vino più prodotto tra i bianchi del Collio. Ci informa inoltre che il vino Ribolla è molto ricercato dagli abitanti della Carinzia e Carniola.
Nel 1825 l'Acerbi cita fra le varietà coltivate nei contorni di Udine una "Ribolla verde" e una "Ribolla gialla". La diffusione del vitigno anche in zone non tradizionali risulta dalla "Ampelografia Provinciale Tevigiana" del 1869 dove risulta che sulle colline di Conegliano e Vittorio Veneto si è introdotta verso il 1855 dal Friuli la Ribolla bianca o Ribolla del Friuli.
Col nome di Ribolla bianca viene elencata anche nel "Saggio di una ampelografia universale" (1877) di Giuseppe di Rovasenda.
Dall'"Elenco descrittivo dei vecchi vitigni coltivati nel Veneto" del G.B. Zava (1901) si può supporre l'esistenza di una "Ribolla bianca" di una "Ribolla nera" e di una "Ribolla verde".
Una descrizione ampelografica più recente si può trovare nell'"Atlante ampelografico" del G. Poggi (1939) relativa alla "Ribolla gialla" dove viene considerata da tale Autore sia come uva da vino che da consumo diretto. L'Autore ne consiglia la sostituzione con altri vitigni ritenuti in grado di fornire produzioni qualitativamente migliori (Tocai Traminer ecc.).
Fino agli inizi del '900 la Ribolla veniva coltivata in tutto il Collio anche in mescolanza con vecchi vitigni locali tipo "POGROZNICA" "PICA" e"GLERA" fornendo un ottimo vino frizzante.
Negli anni '60 nella parte italiana del Collio è venuto meno l'interesse per la Ribolla crescendo per contro la simpatia per altri vitigni quali Tocai friulano Pinot bianco e grigio Sauvignon Traminer e Riesling.
Nel Collio sloveno invece si è creduto maggiormente nelle potenzialità del vitigno che negli anni '80 rappresentava oltre il 65% della produzione totale. Solo nell'ultimo decennio l'introduzione di varietà "universali" a bacca bianca è stata nella "GORISKA BRDA" prerogativa della generalità dei viticoltori.
Theana Polencic mentre vendemmia la ribolla a Pradis di Cormòns; MARKO PRIMOSIC con oadre e fratello è fra i più noti produttori di ribolla in Oslavia (GO) Caratteristiche ed attitudini colturali
"La Ribolla come precisa il Costacurta è un vitigno di buona vigoria che presenta una produzione abbastanza costante soprattutto nei tipi "verde" e quello da lui ribattezzato "Castel Dobra". Questi ultimi due sono anche più produttivi del tipo "giallo" in quanto il grappolo è più compatto e meno soggetto alla colatura; sono però più soggetti alla botrytis che comunque non arreca danni gravi sia per una certa resistenza intrinseca di tale cultivar sia perchè di solito viene coltivata in zone di collina ventilate e ben soleggiate.
Per quanto riguarda l'adattamento ai vari portinnesti l'innesto della Ribolla su 420A 3309 Rupestris du Lot e su Kober 5BB non ha dato luogo a particolari inconvenienti.Area di coltivazione e tecnica colturale
" La Ribolla - prosegue il Costacurta - è diffusa prevalentemente sul "Collio" sia nella parte italiana sia e soprattutto nella sua porzione slovena. Relativamente all'Italia nel 1976 la superficie complessiva in coltura specializzata iscritta all'"Albo" risultava essere di circa 60 ettari di cui circa 12 in provincia di Udine e 48 circa in provincia di Gorizia. Nello stesso anno la produzione complessiva denunciata si è aggirata sui 2.500 q.li (300 circa in provincia di Udine ed il rimanenente in provincia di Gorizia).
E' da tener presente che i dati relativi alla provincia di Gorizia per quanto riguarda le superfici e le produzioni sono piuttosto approssimativa in quanto le denunce non riguardano specificatamente i vigneti di "Ribolla" ma più genericamente quelli denominati "Collio goriziano" che peraltro erano costituiti per circa la metà da "Ribolla gialla" (in uvaggio con "Tocai friulano" e "Malvasia istriana"). Ai quantitativi sopra citati bisognava naturalmente aggiungere quelli relativi ai ceppi non in coltura specializzata che alla fine degli anni '70 si trovavano sparsi nei vigneti di altre cultivar e che si possono valutare in qualche migliaio.
I comuni di maggior coltivazione della "Ribolla gialla" sono in ordine decrescente: San Floriano del Collio Gorizia (in particolare ad Oslavia) Dolegna del Collio Cormòns Capriva e Mossa. Tale varietà è coltivata innestata soprattutto su Kober 5BB. Ciò le conferisce una buona vigoria ma la rende sensibile alla siccità di cui qualche volta soffe nelle zone collinari. Tale inconveniente un tempo era meno frequente dato l'uso di portinnesti quali il 420A ed il 3309. La forma di allevamento quasi universalmente usata è il doppio capovolto con il Guyot a seguire.
Nel Collio sloveno i viticoltori a partire dagli anni '60 si sono decisamente orientati nei nuovi impianti verso questo vitigno rallentando contrariamente a quanto è accaduto nel Collio goriziano la diffusione di altri vitigni quali il "Tocai friulano il "Pinot bianco" il Merlot ecc. La produzione produzione di uva Ribolla in Slovenia si aggirava alla fine degli anni '70 sugli 80.000 q.li di cui circa 65.000 sul "Collio" e 15.000 circa nella zona di Vipacco con una superficie di vigneto in coltura specializzata rispettivamente di circa 750 e 150 ettari.
Le località di maggiore diffusione della Ribolla (Rèbula) rimane Castel Dobra (che ospita anche una Cantina Sociale che dal 1960 al 1990 ha valorizzato notevolmente il vitigno) Medana Cosana Quisca San Martino Bigliana San Lorenzo Cerò Visgnavicco Vedrigano (per la Goriska Brda) e Vipacco.
E' da notare anche che in tali zone nel citato periodo erano destinati alla coltivazione di Ribolla gli appezzamenti migliori e situati nelle parti più alte e soleggiate delle colline. Il portinnesto maggiormente usato dopo il 1970 era il Kober 5BB mentre per il passato era molto diffuso l'uso della Rupestris du Lot e del 420A. (Quest'ultimo in ripresa insieme all'SO4).
Anche qui la forma di allevamento più usata è il Guyot doppio con sesti d'impianto di circa m 1 5 x 3 con una carica di circa 20-30 gemme per pianta ma gli imbottigliatori del "nuovo corso" post giugno 1991 - anno dell'indipendenza dall'ex Jugoslavia - scendono più verosimilmente a 10-15 gemme. Nelle zone più fertili è stato fatto qualche tentativo di impianti allevati con il sistema "Friuli" (cui imputando responsabilità nella diffusione del cosiddetto "Mal dell'Esca" si dedica sempre minor interesse.Utilizzazione
Fin dai tempi più remoti la Ribolla è stata usata quasi esclusivamente per la vinificazione salvo piccoli quantitativi noti soprattutto col nome di "Rabuelat" usati per il consumo diretto.
Dopo i fasti e la rinomanza goduti dal vino di Ribolla nei secoli passati agli inizi del '900 ebbero inizio per questo vino i tempi oscuri godendo fra le due guerre di una ben modesta fama qualitativa (Poggi 1930) ed in effetti solo in un limitato numero di casi riusciva a raggiungere elevati livelli qualitativi. Da ciò la forte contrazione avvenuta nell'ultimo secolo delle sua area di diffusione a favore di nuovi vitigni qualitativamente più quotati.
Oggi con l'avvento delle nuove tecniche di vinificazione confortate dalle moderne attrezzature altamente funzionali di cui il tecnico può disporre si ottengono vini Ribolla di notevole interesse in quanto impostati su una enologia di qualità partendo da accurate vinificazioni ottenute decisamente "in bianco" e con la conservazione del vino in vasche di acciaio inossidabile. Tutto ciò è indispensabile per proteggere un tale vino "beverino" dalle nefaste azioni ossidanti di una irrazionale vinificazione. Il vino comunque è da considerarsi giovane e da utilizzarsi entro l'anno successivo alla vinificazione.
Nella Cantina di Castel Dobra si è cominciato a considerare la Ribolla come una buona base per la produzione di spumanti col metodo Charmat acquisendo negli anni '80 un consistente mercato la cui attuale contrazione è conseguenza della profonda evoluzione socio-economica territoriale in cui pochi coldiretti di forte managerialità si sono progressivamente affiancati o sostituiti alla Cooperazione vitivinicola.
E' da ricordarsi inoltre l'interessante sia pur limitato impiego delle vinacce di Ribolla per la preparazione di una grappa di ottima qualità.
Una preziosa testimoniazia ci viene ancora da Filiputti nel suo pregevole "Il Friuli-Venezia Giulia e i suoi grandi vini" (1997) in cui dedica ai vitigni autoctoni ampio spazio ed intitola:"Ribolla : vino moderno perchè antico"
"E' il vino che ha assistito e partecipato alla storia del popolo friulano degli ultimi settecento anni. E lo ha fatto spesso da prim'attore. Dal 1300 fino alla comparsa sulle scene del Picolit verso il 1770 la Ribolla soprattutto quella di Rosazzo sarà il vino-bandiera del Friuli di allora." Così prosegue l'Autore:
"Vino capace di assecondare le infinite variabili di gusto che fino ad oggi si sono susseguite. Vinificato in purezza o con altre varietà è uscito indenne da profonde critiche come quelle espresse nel catologo del 1863 dove si dice che per alcuni il pregio dei vini di Rosazzo era dovuto ad altre uve (e non alla Ribolla) e che "eziandio il vino del Coglio quantunque passi sotto il nome di Ribolla deve la sua reputazione alle posizioni quanto mai favorevoli e ad altri profumati vitigni". Moderno e attuale perchè immediato semplice facile e pulito; moderno e attuale per il suo enorme "bagaglio" culturale accumulato in tanti secoli di storia del gusto. Fino agli anni Trenta afferma il Perusini "quando la coltivazione della Ribolla era ancora abbastanza estesa il vino venduto con quel nome era prodotto con una decina di varietà: "ribuele zale ribuele verde ribuelat gran rap (detto anche paje debits) agadene (agadele) pogruize cividin cividin garp prossecco coneute glere gruesse glere secie". Levi già nel 1877 nella sua Nota sul presente dell'Industria vinifera nel goriziano sottolineava come "Ribolla fosse nome generico di uve o di vini bianchi delle colline alla cui fattura concorrevano parecchi vitigni fra cui soprattutto Ribolla e Glera". Sempre Levi riconoscendo alla Ribolla di crescere bene nei terreni aridi e sterili di arenaria stratificata con ponca e magra marna implicitamente affermava che la Ribolla era varietà adatta solo alle colline eoceniche con vigneti in ottima esposizione. Ribolla che porta con sé tradizioni ancora in uso come quella di berla dolce. Fino agli anni Cinquanta-Sessanta la Ribolla veniva raccolta molto tardi anche a metà ottobre per raggiungere concentrazioni zuccherine consistenti finiva che con l'arrivo dei primi freddi si bloccava o rallentava di molto la fermentazione (infatti le cantine all'avanguardia dell'epoca erano dotate di riscaldamento e non del gruppo frigo come è in voga attualmente); prendeva vita così un vino piacevole amabile ricco di carbonica e pronto per esser bevuto ai Santi con le castagne. Poi le tecniche si affinarono fino ad arrivare alla filtrazione con i sacchi olandesi e alla messa in bottiglia ancora dolce per ottenere una leggera rifermentazione. Il successo di tale proposta divenne "moda" fino ad identificare ancora una volta con il nome Ribolla tutti i vini un po' dolci e torbidi che si vendevano nelle osterie per le feste dei Santi e che molto spesso Ribolla non erano. Poi la moda passò e si trasformò in tradizione che seppur in tono minore è ancora viva per i primi di novembre. Contro tale "piacere" intervenne la legge già nel 1865 con un avviso promulgato il 24 agosto dalla Congregazione Municipale della R. Città di Udine a firma di P. Pavan che diceva: "A prevenire i danni che derivano alla salute dall'uso troppo precoce dei vini nuovi l'inclita I. R. Autorità Provinciale ne vietava per il passato la vendita fino alla ricorrenza di S. Martino..... .A tutti è noto come il mosto non bollito (Ribolla) ed anche il vino sebbene abbia percorsa una regolare fermentazione quando non sia riposato per lunga serie di giorni e spogliato interamente delle parti eterogenee..... e perciò l'onorevole Giunta Centrale di Sanità ha deliberato: Nelle osterie ed altri luoghi ove se ne fa smercio minuto è proibita la vendita del mosto (Ribolla) e dei vini fin a tutto il mese di ottobre p.v.".
Si beveva per la ricorrenza dei Santi e la sera dopo le celebrazioni dei Morti con le castagne cotte nell'acqua con l'alloro e alla brace. Ribolla: vino dalle infinite capacità di rigenerarsi fino a riemergere per meriti propri quando agli inizi degli anni Settanta fu vinificato in purezza presentato secco e proposto con convinzione sui mercati. Il successo raccolto anche in campo internazione da questo vino antichissimo interpretato in chiave moderna smentì - conclude Filiputti - i numerosi detrattori confortando allo stesso tempo quel piccolo drappello di "tifosi" tra cui lo scrivente che venne contagiato dall'entusiasmo del prof. Perusini che si era battuto sia per la sopravvinza che per la diffusione poi di questo vino storico".
A sinistra: ALES KRISTANCIC (Movia) attualmente il più noto fra i produttori della Ribolla (REBULA) slovena (è di Medana subito oltre il confine di Stato fra Plessiva di Cormons e Medana).
A destra: Luciano Carletti che ha diretto per quasi trent'anni la storica Rocca Bernarda contribendo a salvaguardare e rilanciare la Ribolla gialla anche nei Colli orientali del Friuli; accanto a lui l' ing. Zvonimir (Miro) SIMCIC già a lungo direttore della Cantina sociale di DOBROVO (Casteldobra) e considerato "il padre della ribolla" della BRDA (colline slovene).Ribolla nelle D.O.C.
In soli due disciplinari di produzione dei vini D.O.C. è possibile ritrovare la Ribolla gialla: Collio e Colli Orientali del Friuli.
Ad onor del vero quando venne emanato il D.P.R. 24.05.1968 di riconoscimento della D.O.C. Collio nello stesso veniva ricompresa la Ribolla gialla non già "in purezza" bensi riunita in un "uvaggio" che fotografava la situazione del Collio "classico" in cui almeno il 90% dei vigneti era costituito da vitigni a bacca bianca; le vecchie vigne erano in gran parte una miscela del "nostro" con Tocai friulano e Malvasia istriana.
Nel 1968 - nel Collio - il Pinot bianco era in grande accelerazione e c'era ancora spazio spazio per gli aromatici (Traminer e Riesling). Pinot grigio e Chardonnay verranno in seguito così come il Cabernet sauvignon.
Nei Colli Orientali per contro la Ribolla gialla sin dal primo disciplinare (D.P.R. 20.07.1970) era prevista in purezza e tale rimane anche ai giorni nostri.
Nelle successive modifiche del disciplinare e da ultimo con il D.P.R. 25.03.1998 (GU. n. 88 del 16.04.1998) il Collio per mantenendo ed ampliando l'uvaggio ricomprendente la Ribolla ha ammesso anche la tipologia in purezza aderendo come era giusto alle due scuole di pensiero.La Ribolla a tavola
A proporre una Ribolla al di sopra delle righe (vendemmia tardiva affinamento in barrique) ci hanno pensato in pochi e con risultati ancora in via d'interpretazione. Come dire che ben altre sono le tipologie bianche (francesi acclimatate prima ancora che autoctone) che nel "Vigneto Friuli" hanno i numeri per essere guidate dalla vinificazione all'invecchiamento.
La spumantizzazione ("Charmat" o "Classico") sembra aver attratto più i produttori sloveni della "Brda" che quelli di casa nostra.
Negli uvaggi la Ribolla gialla per la sua "neutralità" e l'elevata acidità costituzionale è buona comprimaria prima che protagonista.
In purezza evidenzia tutta la sua piacevole freschezza (vinificazione in bianco affinamento in acciaio controllo termico) che ne fa un partner ideale con tutti gli antipasti a base di pesce. Va servito fresco (7-9 gradi circa).LA "RIBOLLA GIALLA" vitigno di frontiera
Note e riferimenti bibliografici
(1) Costacurta A. (1978) : "Ribolla" - Agricoltura delle Venezie n. 8;
(2) Filiputti W. (1983) : "Terre Vigne e Vini del Friuli-Venezia Giulia";
(3) Costacurta A. (1978) : "Ribolla" op. cit.;
(4) Poggi G. (1939) : "Atlante Ampelografico";
(5) Costacurta A. (1978) : "Ribolla" op. cit.;
(6) Ibidem;
(7) Filiputti W. (1997) : "Il Friuli-Venezia Giulia e i suoi grandi vini";
(8) Ibidem
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Claudio Fabbro - Gorizia 31 maggio 2002