"Il vitigno secondo - il POGGI - (1) è
stato introdotto in Friuli dalle Amministrazioni Pecile di S. Giorgio
della Richinvelda e Conti di Brazzà di Mereto di Capitolo nella seconda
metà del secolo scorso col preciso intendimento di tentarne la diffusione
la per una sostituzione dei vitigni nostrani certamente di minor merito.
In Francia è coltivato nel Lot e Garonne
nella
Dordogna e nella Gironda dove
coi Cabernet
forma i celebri vini di
Médoc; tuttavia i viticoltori di quelle regioni non lo apprezzano molto
anche perchè manifesta una particolare sensibilità alla peronospora
cola facilmente ed alla vendemmia gli acini vanno preda del marciume. In
Friuli invece il vitigno ha fornito subito ottima prova e costituisce ora
una salda base della viticoltura della provincia.
Piero PITTARO e Claudio Fabbro Buttrio 87
Varietà vigorosa
si adatta molto bene ai terreni di
piano e di colle: in questi ultimi però soffre per prolungata siccità.
In terre argillose e fresche pedecollinari ed anche in zone calcaree
produce vino veramente di merito
squisito
di ricca alcolicità. Di tutti
i caratteri dirò così negativi riconosciuti dai francesi
da noi si
manifesta solo per la scarsa resistenza alla peronospora del grappolo ed
una eccessiva vigorosità che porta
in certe annate e col sistema di
allevamento in uso
a capovolto
alla atrofia di numerose gemme nella
parte discendente dei capi a frutto. E' ovvio però che una oculata
applicazione dei rimedi polverulenti
facilmente elimina il primo
incoveniente ed una modifica del sistema di allevamento
del resto
tecnicamente consigliabile in tutti i casi
annulla il secondo. La
vegetazione è indubbiamente vigorosa e l'aspetto di assieme del vitigno
è di robustezza e rusticità; ottima l'affinità con tutti i portainnesti
attualmente diffusi in provincia di Udine. Se ci riferiamo al prodotto
vino
lo riscontriamo ottimo iin tutte le zone
per giusta acidità
buona
alcolicità
armonicità dei componenti e con caratteri costanti
inconfondibili di finezza. In collina
nelle zone pedecollinari
nelle
parti litoranee della provincia (terreni sabbiosi) ed in alcune terre
calcaree
così come ebbi occasione di esprimermi
il Merlot arriva ad un
grado di squisitezza veramente eccezionale e lo si deve considerare come
tipico vino da arrosto degno delle migliori mense. Il tallone di Achille
è la scarsa resistenza all'invecchiamento: dopo due o tre anni lo si
riscontra decrepito ed è raro poterne trovare di ottimo che abbia
superato tale età. Unendo al Merlot il 20-30 per cento di Cabernet lo si
nobilita ed allora le possibilità di invecchiamento aumentano
considerevolmente; tentuto conto però della scarsa produttività di vino
in Friuli
dove annualmente si importano centinaia di migliaia di
ettolitri
questo carattere veramente negativo per un vino indubbiamente
fino non è per ora preoccupante. Le simpatie di viticoltori sono oggi
(1939
n.d.A.) decisamente orientate su questo vitigno e tre quarti dei
nuovi impianti con uve nere sono seguiti con Merlot."
Una esauriente descrizione ampelografica
ma anche
agronomica ed enogastronomica del Merlot viene proposta dal Pittaro
(2) che così descrive il vitigno
l'uva ed il vino.
Grappolo
A forma piramidale
alato
con due ali ben evidenti
mediamente
compatto
Lunghezza media di circa 15-20 cm. Acini sferici
buccia molto
resistente
di colore blu-nero con sfumature violacee
molto pruninosa.
Pedicelli mediamente lunghi
sottili. Stacco dell'acino facile. Pennello
corto. Cercine medio. Polpa di sapore leggermente erbaceo
poco carnosa
scarsamente acida
neutra
incolore. Vinaccioli in numero variabile da due
a tre.
Vite
Foglia di media grandezza
pentalobata con seni aperti. Seno peziolare
a U aperto. Pagina superiore color verde opaco. Pagina inferiore color
verde oliva leggermente tomentosa
bollosa
con nervature molto evidenti.
Dentatura irregolare
con denti appuntiti o smussati. Picciolo medio
sottile
di color rosato. Colorazione autunnale rossa. Tralcio di colore
verde con sfumature marron su un lato
che diventa in seguito marron
rossastro. Internodi medi
gemme a base larga
ben evidenti. Allegagione
vigoria e produzione ottime. Resistenza alle malattie normale. Soffre
però di frequenti attacchi di peronospora del grappolo. Esige impianti a
distanza medio-alta data la gran vigoria. Potatura corta ma con molti
tralci. Soffre infatti di fallanze nei tralci lunghi.
Terreni
E' una varietà più che rustica. Si adatta a tutti i terreni
possibili (da cui la diffusione). Nei terreni profondi dà produzioni
enormi
ma scarsa qualità. Nei terreni poveri o collinosi
la produzione
è contenuta
ma la qualità ottima.
Cenni storici
Anche il Merlot
come i cugini Cabernet franc e sauvignon
proviene
dalla Gironda (Bordeaux). In Italia è stato portato dal senatore Pecile e
dal conte di Brazzà nel 1880
da dove poi si è diffuso in Friuli prima e
poi nel Veneto. Nel 1896 il conte Savorgnan di Brazzà presentava
all'esposizione di Cividale il primo vino Merlot
ottenendo come premio la
medaglia d'oro. In Friuli i primi impianti sono stati effettuati a San
Giorgio della Richinvelda e Fagagna
sede appunto delle aziende del
senatore Pecile. Altro notevole sviluppo ebbe per merito dell'accademico
della vitee del vino comm. G. Morelli de Rossi. Nella collezione
ampelografica della Reale Scuola di Viticoltura e Enologia di Conegliano
lo ritroviamo intorno al 1880.
Da queste zone il Merlot si è diffuso nel vicino Veneto. L'abbondante
produzione
la qualità del vino
la rusticità del vitigno hanno spianato
la via alla diffusione un po' generale su tutto il territorio nazionale
tantochè lo stesso Mondini
nel 1903
lo cita coltivato in Piemonte
Lombardia
Veneto
Friuli
Emilia
Toscana
Lazio e Meridione.
Vino
Penso che descrivere questo vino sia abbastanza difficile
non tanto
per la complessità del suo gusto
quanto per la diversità dei terreni su
cui la vite viene coltivata. Di Merlot ne troviamo un'enormità: dal vino
comunissimo da pasto
al vino eccellente da bottiglia. Giudichiamo
comunque un Merlot di collina o di grave. E' certamente un gran vino
pieno
robusto
ricco di colore
quasi sempre basso di acidità fissa
fattore che ne condiziona l'invecchiamento. Profumo e sapore leggermente
erbaceo. Vinoso
con profumo netto di lampone da giovane. Da vecchio (due-tre
anni) si affina notevolmente
acquista un sapore asciutto con piacevole
fondo amarognolo
mentre sviluppa un notevole fine bouquet.
Accostamenti gastronomici
Vino da: arrosti fritti e umidi di carni bianche e rosse (in
particolare coniglio e pollame). Va servito intorno ai 18-20 gradi.
Un'approfondita analisi degli aspetti vivaistici della
selzione clonale del Merlot fu al centro di una relazione che il dott.
Eugenio Sartori (3) tenne a Villa Manin di Pssariano (UD) il
24.06.1999 nell'ambito della Tavola rotonda "Universo Merlot".
Sartori esordì dicendo che
"L'Italia
fra i Paesi di antiche tradizioni
viticole è quello che ha mantenuto in coltivazione il più vasto
patrimonio ampelografico. Dei 340 vitigni iscritti al catalogo nazionale
ne risultano coltivati ben 305
ma molti altri sono ancor oggi utilizzati
per le produzioni famigliari tanto da rappresentare il 3
6% della
superficie a vite nazionale. Le ricorrenti crisi vitivinicole non hanno
contribuito in maniera significativa alla razionalizzazione della nostra
base ampelografica.
La complessiva produzione vivaistica italiana (2ª
potenza mondiale vivaistico-viticola dopo la Francia) grazie ai dati
forniti a partire dagli anni '70 dal Servizio Controllo Vivai
dell'Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano Veneto è
diventata un punto di osservazione fondamentale per seguire l'evoluzione e
le dinamiche varietali.
In quest'ambito la posizione del Merlot non può essere
disgiunta da una analisi più ampia rappresentata dall'insieme delle altre
varietà. Se gli anni '70 ed '80 sono stati caratterizzati dal
ridimensionamento della viticoltura
causa soprattutto la diminuzione dei
consumi del vino
e da una sostanziale staticità della piattaforma
ampelografica
negli anni '90 assistiamo
al contrario
alla ripresa degli
investimenti viticoli e a profondi cambiamenti nella utilizzazione
varietale. L'attenzione creata attorno ai vini rossi
anche per motivi
salutistici
è esplosa nell'ultimo triennio tanto di diventare vera e
propria tendenza. Il rapporto varietà rosse/bianche messe a disposizione
dal vivaismo viticolo ne è la conferma; la supremazia delle varietà
bianche è prevalsa per quasi un ventennio
da metà degli anni '70 fino
al 1994
poi il viraggio rapido e non facilmente prevedibile verso i
vitigni rossi che nel corso di un triennio si sono portati in posizione
nettamente dominante. A conferma di ciò le talee innesto messe a dimora
nel 1998: ben il 67% fanno riferimento a varietà rosse.
Certamente l'accostamento del consumatore ai vini rossi
è stato aiutato anche dal miglioramento del livello qualitativo che oggi
è tale da consentire un più ampio e soddisfacente apprezzamento delle
complessità organolettiche che soprattutto i rossi sono in grado di
esprimere. Profondi cambiamenti a livello varietale sono stati la
conseguenza di questa repentina evoluzione del consumo e ad essere
penalizzate
pur in una situazione di crescita
risultano soprattutto le
varietà a valenza locale. Infatti nell'utilizzo del prodotto vivaistico
le varietà locali nell'ultimo quinquennio hanno rimediato un più 20%
le
interregionali in più 39%
le internazionali un più 50%
le nazionali
ben il 137%. L'incidenza sulla complessiva produzione vivaistica ha
confermato il peso delle varietà internazionali ed ha evidenziato il
forte incremento delle nazionali che dal 16% passano al 25%. Il lieve
arretramento delle interregionali
-3% e delle locali
-4%.
La chiave interpretativa di questa evoluzione è
abbastanza semplice: la globalizzazione del mercato impone
sia per i
prodotti D.O.C. che per i vini varietali
masse critiche via via crescenti
e di conseguenza i grandi vitigni a diffusione nazionale e/o
internazionale vengono premiati
salvo alcune eccezioni
per le realtà di
grande rilievo qualitativo a valenza interregionale o locale. Una conferma
della convergenza verso le varietà nazionali ed internazionali emerge
dall'esame della produzione vivaistica delle prime 10 più importanti
varietà rosse in 5 anni è passato dal 35% al 48
9% sul totale degli
innesti prodotti mentre le bianche sono crollate dal 31
7% al 23%. Il peso
delle prime 20 varietà è passato da un 67% a 71
8%".
"Per le varietà internazionali significativa -
proseguì Sartori - è l'attenzione rivolta al Merlot tanto che
nonostante l'incremento del 94% nella produzione vivaistica passata da 2
3
a 6
8 milioni di talee innestate rispettivamente nel 1994 e nel 1998 (più
171%) si è ricorsi a forti importazioni per soddisfare la domanda dei
viticoltori. Analizzata la situazione nazionale passiamo ad osservare
quanto è successo in Francia e sempre nell'ultimo quinquennio
riscontriamo che
come in Italia
il peso delle prime 10 varietà rosse è
sensibilmente aumentato passando dal 55
6% al 65%
mentre al contrario
le
bianche hanno peggiorato le loro posizioni (nonostante l'eccezione
Chardonnay).
Nella evoluzione varietale francese si può evidenziare
come le grandi varietà rosse internazionali non abbiamo assolutamente
abdicato al ruolo di leader di mercato e questo vale in particolare per i
vitigni di grande pregio quali il Merlot che con 43
2 milioni di innesti
rappresenta la varietà più moltiplicata al mondo. A differenza
dell'Italia la gamma varietale utilizzata risulta essere molto meno
frammentata tanto che le prime 20 varietà rappresentano l'86% degli
innesti prodotti contro il 71
9% registrato nelle produzioni nostrane. La
tendenza comune è comunque di affidarsi maggiormente alle grandi varietà
ad elevato potenziale qualitativo visto che anche in Italia negli ultimi 5
anni il peso delle prime 20 varietà è passato dal 67% al 71
9%.
Ulteriori considerazioni possono emergere dal confronto
tra quanto evidenziato per l'Italia e la Francia e quanto sta avvenendo in
Australia
Cile
California e Argentina
Paesi di nuova viticoltura che
stanno dimostrando un dinamismo particolare sul fronte della produzione di
vini varietali (ottimo rapporto prezzo/qualità). In Australia
a parte la
estensione della superficie a vite che sta procedendo a ritmi serrati con
incrementi pari a 5/6.000 ettari all'anno
si riscontra una massiccia
riconversione ampelografica verso i vitigni a bacca rossa. Dai dati delle
produzioni vivaistiche del 1997 si può evincere come i vitigni rossi
rappresentino ben l'80% della totale produzione vivaistica contro il 19
2
dei bianchi. I primi quattro vitigni moltiplicati
Syrah
Cabernet
sauvignon
Pinot Nero e Merlot (69%) da soli pesano il 74
9% dell'intera
produzione vivaistica. Stessa situazione si riscontra in Cile dove il 70%
dei nuovi impianti viene effettuato con Cabernet sauvignon
Merlot
(20%)
Syrah
Cabernet franc e Pinot nero e il restante 30% con Chardonnay e
Sauvignon.
In California
Sonoma e Napa Valley
tra il 1992 e il
1996 i vigneti sono stati costituiti rispettivamente con il 70% e il 53%
di vitigni rossi e con una prevalenza di Merlot (22%-27%) e Cabernet
Sauvignon. Esaminando le importazioni argentine nel corso dell'anna
'97/'98 si evince che la varietà maggiormente utilizzata risulta essere
il Merlot con 789.000 pari al 27% della totalità del materiale importato.
Per quanto riguarda il Merlot riferito alla nostra regione è interessante
osservare come (ISTAT '90) questa varietà a fronte di una superficie pari
al 54% (9.500 ettari) proponeva una commercializzazione di sole 215.000
piante pari al 6% delle barbatelle commercializzatein Friuli.
Diversa la situazione nel 1996/1997: la superficie è
diminuita (i dati sono contrastanti) ma il quantitativo di barbatelle è
notevolmente aumentato (423.600 pari al 15%). Si deduce che la dinamica
della quota di rinnovo (al 5% con situazione di stasi totale) si sta
spostando su valori più elevati ed in armonia con la
"riscoperta" nazionale ed internazionale di tale varietà. Da
quanto evidenziato emerge chiaramente come in Italia lo spostamento verso
le grandi varietà internazionali (Merlot) oltre ad avere un significato
di una maggiore valorizzazione delle grandi D.O.C. è da leggere anche
come una tendenza ad investire maggiormente sulla produzione di vini
varietali. Tale tendenza come visto è comune anche alla gran parte degli
altri Paesi viticoli". Così concluse il Sartori: "Un
altro aspetto importante è la clonazione in viticoltura. Oggi disponiamo
per il Merlot di una percentuale elevata di materiale certificato (70%)
rispetto al totale. Solo la poca disponibilità di materiale clonale o la
presenza di cloni ad elevata produttività hanno ingenerato talora la
tendenza a preferire la selezione massale.
ALDENO TN) Mostra merlot 7 sept.01 intervento sindaco Daniele BALDO
Comunque in un mercato sempre più globalizzato dove
forte è il pericolo della standardizzazione
soprattutto a livello dei
vini varietali
un vasto assortimento clonale rappresenta una salvaguardia
della variabilità genetica intravariale che spesso contribuisce in
maniera significativa alla creazione dei grandi vini. A questo riguardo
quanto fatto nel Merlot a livello di selezione clonale può essere un
esempio significativo. Vengono mediamente moltiplicati 20 cloni di Merlot
(10 francesi più 10 italiani) naturalmente il "peso specifico"
dei 2 gruppi è diverso e al momento per il mercato italiano vi è ancora
una preponderanza di cloni nazionali (83%) rispetto a quelli
d'oltralpe."
Nella stessa Tavola Rotonda di "Villa Manin"
il dott. Giovanni Colugnati(4)
agronomo e responsabile
per l'E.R.S.A
Friuli-Venezia Giulia del Centro Pilota per la Vitivinicoltura di Gorizia
affermò che
"La qualità di un vino è legata al terroir
alla
varietà e all'intervento dell'uomo; egli apporta la qualità acquisita
la qualità culturale". Così Jean Heritier in una recente
pubblicazione riassume il concetto della qualità di un vino come
risultante dell'azione combinata ed estremamente complessa dei fattori
naturali (l'ambiente
inteso in senso lato)
del vitigno
dell'uomo:
"la qualità è senza dubbio perfettibile
poichè è essenzialmente
opera dell'uomo" (Baron Leroy). Pare che questa definizione seppure
generalizzabile a molti vitigni di alto pregio
sia particolarmente
calzante per il Merlot noir; in fondo
fare il punto sul Merlot fornisce
l'occasione per riflettere sulla storia viticola e sul concetto stesso di
qualità."
Secondo Colugnati "Non si sa niente di
preciso sulle origini della cultivar; la sua prima descrizione si trova
una collezione varietale del Jardin de Luxembourg nel 1789. Più tardi
Victor Rendu
Ispettore Generale dell'Agricoltura
ne fa una descrizione
precisa sulla sua "Ampelografia Francese". E ancora più tardi
si trova qualche segnale che esso si è ben ambientato nei crus del Medoc
assieme al Cabernet Franc e Malbec
ma è ancora un vitigno secondario.
L'origine del Merlot sembra dunque bordolese. Ciò che
non è sicuro
è che il nome vitigno derivi da questa regione. In
effetti
questa cultivar arriva tra le prime a maturità ed il suo colore
e la sua morbidezza piacciono ai merli (Merlot significa "piccolo
merlo" in occitano). Inizialmente
si trovano altri sinonimi: Pianta
del Medoc
Semilon rosso
Alicante e altri. Si deve precisare che esiste
anche il Merlot Blanc
estremamente localizzato nel vigneto bordolese su
una superficie di 200 ettari
in costante diminuzione
e il Merlot gris
segnalato in Brasile ed in Gironda."
Il ricercatore trattò
inoltre l'argomento "Merlot
& Selezioni Clonali" osservando che "Il Merlot
sovente
considerato come il "delfino" del Cabernet Sauvignon
fa parte
dei grandi vitigni di pregio di fame internazionale; appartiene alla
grande famiglia dei "Carmenere" caratterizzati dagli aromi
tipici che ricordano i frutti del ribes nero. A seconda dei diversi
terroir (climi e suoli) in cui viene coltivato
il Merlot offre prodotti
anche molto differenti tra di loro con una gamma di nuances aromatiche che
evolvono dai fruttti alla frutta matura.
In Francia la selezione clonale del Merlot iniziò nel
1955 da parte dell'INRA di Bordeaux e 3 anni più tardi venne piantata la
prima collezione di studio: i primi cloni furono registrati nel 1973.
Attualmente vengono moltiplicati e diffusi 11 cloni che l'ENTAV nel suo
"Catalogue delVarietes et Clones de Vignes cultives en France"
ha classificato in 3 gategorie diversificate
in funzione soprattutto dei
differenti obiettivi enologici che si intendono perseguire (vini novelli
vini freschi
vini da medio invecchiamento
vini da lungo invecchiamento).
Il Centro Pilota per la Vitivinicoltura di Gorizia - concluse Colugnati
- di concerto con il Centro di Selezione Clonale di Pantianicco
ha posto
in essere una serie di sperimentazioni con la precisa finalità di
saggiare nei diversi ambienti regionali la variabilità genetica
all'interno della cultivar Merlot
fornendo nel contempo indicazioni
attitudinali delle diverse selezioni clonali presenti sul mercato. Per
tale obiettivo
la scelta è caduta su una ampia gamma di cloni
italiani
e francesi
appartenenti alle diverse classi di potenziale
produttivo".
Claudio Fabbro - Aldeno
(TN) 7 settembre 2001
Note e riferimenti bibliografici
1): Poggi G. (1939) :"Atlante ampelografico"
Arti Grafiche
Pordenone.
2): Pittaro P. (1982) :"L"uva e il Vino"
Magnus Edizioni
Udine.
3)Il dott. Eugenio Sartori è il direttore dei Vivai Cooperativi di
Rauscedo - San Giorgio della Richinvelda (PN).
4): il dott. Giovanni Colugnati è coordinatore responsabile del Centro
pilota vitivinicolo dell'ERSA di Gorizia