vigneto Friuli

TOCAI: LA SENTENZA DIMENTICATA
(© di claudio fabbro)

E' quella relativa alla causa di 40 anni fa fra l'ungherese Monimpex
ed i Baroni Economo di Aquileia nell'uso del nome.


 Gemellaggio Cormòns-Tokaj 

Verona aprile 1997 Vinitaly. Ammirando insieme al Direttore della Cantina Produttori di Cormòns Luigi Soini ed al Presidente dell'enoteca della "Città del Vino" Dario Raccaro la "Vigna Bonsai" creata dal Laboratorio S. Urbano agli stessi che mi stuzzicavano ad ipotizzare il nome del vino che essa avrebbe prodotto risposi di "rimando" senza esitazioni: "BONTAJ"! Ilarità generale e - confesso - a parte la rima a tutto pensai nell'esternazione meno che al futuro del nome TOCAI non essendomi ancora posto il problema per naturale disinteresse comune a chi non ne produce neanche un litro.
Col senno di poi con i pronunciamenti di personaggi "storici" del mondo del vino ed in considerazione che troppe soluzioni ridicole per non dire tragicomiche sono state esternate devo riconoscere che - istintivamente - mirai piuttosto bene dando per sottinteso che un aggancio al "furlan" o al "friulano" era d'obbligo. (L'indice di gradimento per tali proposte rispettivamente avanzate dal giornalista statunitense Fred Plotkin e dal "nostro" Piero Pittaro è piuttosto alto in Friuli).
Milano aprile 1999. In una tavola rotonda all'esclusivo Circolo "A. Bonacossa" in cui ho avuto l'opportunità di sviluppare il mio pensiero sul "Vigneto Friuli" di ieri di oggi e (forse) di domani ho dedicato più spazio a raccontare cose belle e risvolti positivi che accentuare malinconie. Tuttavia in sede di dibattito l'interesse per il "Tocai perduto" è emerso con prepotenza spiazzando il relatore (chi scrive per intenderci) che in analoghe occasioni era stato interrogato a senso unico su Pinot grigio Picolit e dintorni ma mai sul "più amato dai friulani".
E' un po' come capita a certe vedove che dopo aver logorato in vita il marito stranamente insistono "post mortem" a magnificarne reali o presunte virtù. Nè ritengo di aver soddisfatto l'uditorio spiegando meglio che la filosofia extra U.E. previlegia i Marchi registrati mentre quella comunitaria è tutta tesa a proteggere i nomi d'origine implicitamente giustificando il nuovo corso che vede il "Vigneto Friuli" (nell'accezione più ampia "pubblico-privata") più proteso a ricercare il nome del futuro che a dissanguarsi in spese funerarie che - si presume - non resusciterebbero il Tocai friulano. L'analisi e le conclusioni del noto giornalista cormonse Bruno Pizzul - uomo di legge prestato "sine die" allo sport - sono per contro partite da altra angolazione. In sostanza secondo Pizzul; il "Tocai friulano" non è ancora "alla frutta" e l'ultima spiaggia del nome sostitutivo dovrebbe essere tenuta ancora distante adottando diverse strategie.
Il giornalista coerentemente riprendendo il proprio pensiero già espresso in occasione del memorabile incontro (ottobre 1997) sul Tocai promosso dal Ducato dei Vini Friulani al Castello di Udine rimane dell'avviso che altre strade andrebbero esplorate meglio rileggendo fra le righe del contenzioso sotto il profilo storico e legale riaccendendo armonie diplomatiche ipotizzando infine nuove prospettive commerciali (ammesso che il Tocai abbia ancora un prezzo quantificabile) bilaterali.
Il pensiero corre inesorabilmente ad un documento importante archiviato e dimenticato ma - almeno non risulta - legalmente cancellato: la sentenza con cui i Baroni Economo di Aquileia vinsero la causa - sull'uso del nome Tocai - contro di loro intentata dalla Ditta Monimpex di Budapest.
Anche per risparmiare al lettore un riesame di tale documento così come redatto nel più crudo ed incomprensibile linguaggio "burocratese" che caratterizza una sentenza (provvedimento notoriamente di grande peso e riferimento per contenziosi futuri) è più scorrevole e generalmente comprensibile il commento curato a suo tempo da un autorevole addetto ai lavori nonchè penna raffinata.

Ci riferiamo al dott. Ferruccio Costantini Segretario di Redazione del bimestrale di Tecnica ed Economia Agricola "TERRA FRIULANA" (Udine) che alla causa "Economo-Monimpex" dedicò uno "speciale" sul n° 5 (Anno IV - Settembre-Ottobre 1959) del periodico intitolandolo "L'avventura del Tokai".

"Un giorno alquanto lontano - esordì Costantini - nella sala delle degustazioni della Scuola di Enologia di Conegliano gli studenti friulani ebbero una sorpresa che li rese ancor più orgogliosi d'un eccellente prodotto della loro terra. Il loro direttore il professor Dalmasso nel mezzo della tavolata a ferro di cavallo alzava contro la luce delle finestre un bicchierino giallino per il contenuto la traguardava lo annusava lo assaporava a brevi tratti compiva insomma quella delicata ricerca che va compediata in tre parole; colore-sapore-nitore. E poi prese a parlare a scatti previso rapido essenziale com'era suo stile".

"Come lor signori hanno potuto constatare i due vini sono ben diversi. Hanno però lo stesso nome. Il primo è ungherese. Hanno visto ch'è colore giallo intenso liquoroso. L'analisi ci dirà che l'alcole sarà sui tredici gradi. Forse li sorpassa in questo campione". Il maestro adesso alzava contro la luce i due bicchierini. Gli studenti ripetevano il gesto mentre masticavano fettine di pane per dissaporare il palato.
"Confrontino signori. Son due vini diversi. Di colore. Di sapore. Quest'ultimo il Tokai friulano ha profumo meno intenso dell'omonimo ungarico ma pur gradevole direi più delicato. E' paglierino mentre l'altro è carico; è di sapore asciutto rotondo caldo tipicamente amarognolo quando invece lo straniero è dolciastro ed è armonico.....
Gli studenti si passavano il vassoio con le fettine di pane e riempivano i bicchierini minuscoli del vino nostrano. Il maestro guardava quei giovanetti sui quali spuntavano le prime barbe con occhio serio ma benevolo e proseguiva la sua lezione dicendo che il Tocai friulano a differenza dell'omonimo ungherese è un vino eccellente da consumarsi nell'anno o appena invecchiato buono per gli antipasti per le minestre per pesce lesso per le carni in bianco quanto l'ungherese è da fine pasto da «dessert». Poi disse che in Friuli ove si produce in maggiore quantità lo si usa molto fuori pasto specialmente quale aperitivo. E soggiungeva:
"Quanto all'omonimia dei nomi ne parleremo in classe. Per ora vi basti sapere che i due vini sono prodotti da due vitigni diversi che della coltivazione del Tokai friulano si ha notizia fin dal 1771 e che da tempo immemorabile il vino è sempre stato chiamato così".
Gli studenti friulani hanno sempre chiamato e sentito chiamare Tocai il loro vino a Venezia a Treviso a Gorizia a Udine ove nelle varie taverne lo sorseggiano e lo offrono un po' orgogliosi all'amico forestiero. E così lo chiamavano i loro padri e così i loro nonni. Mai nessun contrasto mai nessuna confusione con quello dello stesso nome ungherese. E quanti sono non dico in Friuli ma nell'intera penisola che conoscono di fatto l'omonimo liquoroso d'Oltralpe?"

Esaurito l'anneddoto Costantini passò ad analizzare la sentenza "Monimpex-Economo" osservando che "Nessun contrasto fin all'Estate dello scorso anno (1958) quando la Società per il commercio con l'estero"Monimpex " con sede a Budapest citava in giudizio i Baroni Economo per aver posto in commercio bottiglie di vino con la denominazione di Tokai. Il Tribunale dichiarava illegittimo l'uso fatto dal Barone Economo e lo condannava al pagamento delle spese. Ma il barone Economo si appellava. La sentenza del 5 Giugno 1959 ( Corte d'Appello di Trieste; quella definitiva della Corte di Cassazione-passata in giudicato- è del 30 aprile 1962 n.d.A.)meriterebbe d'esser riportata per intero tanto essa è ben circostanziata minuta dotta. Ma ci porterebbe via troppo spazio tanto essa è lunga. Cercheremo di riassumerla il meglio possibile destreggiandoci tra le molte citazioni fatte dall'una parte e dell'altra tra i Paracelso i Voltaire Heine Parini Ghoete Schubert e i nostrani Zanon Zorutti Poggi ed altri.

Ricorrendo contro la prima sentenza il rappresentante dei Baroni Economo osserva:

  • I° - i vitigni coltivati nella loro azienda d'Aquileia son derivati da quelli che da più d'un secolo si coltivano in Friuli col nome di Tokai;

  • II° - Il vino che danno questi vitigni è ben diverso inconfondibile addirittura con quello ungherese;

  • III° - le etichette delle bottiglie smerciate dal barone Economo portano si la denominazione di Tokai ma indicano anche con chiarezza l'origine del vino il cui nome si usa da tempo immemorabile non solo nel Friuli ma pure nelle provincie di Venezia e Treviso;

  • IV° - l'origine del nome è certamente incerta però nel comune di S. Lorenzo di Mossa esistono un ruscello e certi terreni denominati Toccai e nella valle del Vipacco comune di Lokavec un gruppo di casolari è denominato da tempo assai lontano Tokay come pure a Corno di Rosazzo esiste un rio con tale nome.

Il rappresentante della Monimpex risponde:

  • I° - esiste sì nel comune di S. Lorenzo di Mossa un ruscello che in una mappa del 1865 è denominato Toccai ma questi da 50 anni circa è chiamato Cristinizza;

  • II° - la denominazione delle casse sparse nella valle del Vipacco non è stata sfruttata per tipo di vino;

  • III° - la denominazione ungherese Tokay costituisce una denominazione di origine e come tale è protetta dall'art. 3 bis dell'accordo di Madrid del 1891 successivamente modificato e reso esecutivo in Italia con D.P.R. n° 865 il 12 Giugno 1950;

  • IV° - la denominazione di "Tokay" è protetta dalle norme legislative italiane repressive della concorrenza sleale;

  • VI° - il pre uso del nome Tokai per il vino ungherese è testimoniato da Paracelso Parini Voltaire Heine Parini Ghoete Schubert Anatole France Gautier ed altri che hanno detto le lodi di tale vino.

La Corte d'Appello contraddicendo la sentenza di primo grado trova per cosa inapplicabile l'accordo di Madrid osservando che lo stesso nella sia edizione del 1925 fu ratificato dall'Ungheria nel 1934 ma la successive modifica fatta a Londra nel 1934 non risulta del pari ratificata dallo Stato magiaro. I primi giudici continua la sentenza hanno affermato che il trattato in vigore al cui rispetto sono vincolate l'Italia e l'Ungheria è quello del 1925 il quale però non risulta acquisito nell'ordinamento giuridico italiano perchè mai ratificato e che come tale non è neppure conosciuto nel suo testo onde appare arbitrario e comunque insicuro ogni rapporto di esso con la legge ungherese. Tuttavia afferma la Corte d'Appello la causa non potrebbe giammai esser decisa in base all'accordo di Madrid perchè l'oggetto di esso è rappresentato dall'intenzione di reprimere le false indicazioni di provenienza delle merci trova la sua pattuita tutela nel divieto di esportazione e nel sequestro. D'altra parte la "Monimpex" non afferma che sia stato registrato al Burreau international di Berna il marchio Tokai destinato a distinguere specificatamente i vini prodotti nella regione ungherese omonima.
Circa le fonti letterarie citate dalla Monimpex la Corte le ritiene estremamente generiche e tali almeno da equivalere a quelle prodotte dalla parte avversa e cioè dello Zanon (1696-1770) delle poesie di Pietro Zorutti (1867) ed a quelle di A. Fappani nel "Saggio storico della letteratura trevigiana" (1771).

D'altra parte ancora osserva la Corte la denominazione "Tokai" risulta impiegata per il vino friulano dal dottor Guido Poggi Ispettore agrario compartimentale nel suo "Atlante ampelografico del Friuli" nel 1939 ; nella "Fiera di Udine" del 1883 e 1865; in sede di analisi dei vini genuini della provincia di Udine e di Venezia del 1912 1913 e di Rovigo del 1910 giusto estratto autentico degli Annali della Cantina sperimentale agraria di Udine pubblicato nel 1898; dal "Laboratorio di Chimica agraria" di Udine nei suoi Annali dal 1909 al 1914. Ma va anche tenuto presente che nel 1948 alla sessione ufficiale plenaria del 20 21 e 22 luglio a Parigi per l'"Etablissement d'un inventaire accompagné d'un catalogue des vins à l'appellation d'origine" l'Ungheria indicava cinque tipi di Tokai e l'Italia il "Tocai friulano e di Lison" usando così senza contrasti entrambe e col rispettivo almeno tacito assenso l'unico nome dalla stessa assonanza.
La sentenza d'appello prosegue osservando che la "Monimpex" avrebbe dovuto provare in concreto non solo l'uso da parte sua in Italia ed in particolare nel Friuli della denominazione Tokai per il proprio vino ma l'uso legittimo di esso nonchè circostanza decisiva il diritto all'uso esclusivo del nome sia in forma d'un presunto (e pur discutibile) pre uso. Ma in Italia contrariamente a quanto avvenuto in Ungheria non esiste una norma legislativa che sancisca tale situazione privilegiata per il Tokai ungherese nè ha vigore un trattato internazionale che vincolando l'Italia ad un riconoscimento del genere sia stato recepito nel nostro ordinamento con legge di ratifica. Cosa questa che è avvenuta invece nel caso del vino di Porto al quale la giustizia italiana ha accordato protezione e come contropartita il Portogallo accorda tutela alla denominazione Marsala e Vermut.
La Corte d'Appello osserva che mancando l'illegittimità dell'uso non si versa in concorrenza sleale nè vi è la possibilità di confusione tra l'ungherese Tokai e l'omonimo friulano sia per le differenti diciture (Tokai Szamorodni) sulle bottiglie ungheresi e solo "Tocai" sotto lo stemma araldico su quelle del barone Economo) sia per la diversità di gradazione di gusto ed altre caratteristiche. (più correttamente il vino prodotto nella zona di TOKAJ andrebbe scritto TOKAJI n.d.A.)
Da qui il rigetto delle richieste della società "Monimpex" e la condanna al pagamento delle spese processuali".

Così concluse Costantini:
"là a Conegliano gli studenti di enologia tra i quali ogni anno vi sono rappresentanti friulani possono continuare a scoprire (o riscoprire) tra una fettina di pane e l'altra le buone doti d'un prodotto della loro terra ben certi che il nome che gli si voleva contestare non è arbitrario non fu messo artatamente ma fu imposto al tempo dei nostri bisnonni.
E a testimonianza poteva bastare una poesia del nostro buon Zorutti".

Claudio Fabbro

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