vigneto Friuli

Riceviamo una E-mail di Mario Crosta che ci segnala un'interessante articolo sul problema del Tocai. Ci fa molto piacere che per completare l'articolo si siano utilizzate foto tratte dal nostro sito. Per altri articoli sui vini e non solo vi invitiamo a visitare il sito "L'Acqua Buona" clikkando sul logo qui sotto riportato.

Tocai Tokay e Tokaji un tris d'assi da ricomporre
di Mario Crosta

Si pronunciano nello stesso modo anche se sono scritti diversamente ma sono tre vini che si trascinano da troppo tempo una discordia mal regolata fra i tre Stati in cui vengono prodotti.

Il Tocai friulano e di Lison in Italia il Tokay d'Alsace – Pinot Gris in Francia ed i vini Tokaji in Ungheria godono di splendida salute sono infatti tra i migliori vini bianchi del mondo prodotti con genialità e grande competenza da vigneti stupendi e tutelati dalle leggi vinicole più severe. Successi qualitativi notevoli per tutti e tre riconosciuti dagli intenditori di tutto il mondo. Non ci sono mai state gelosie fra i loro produttori per via di un'assonanza del nome. Chi sa produrre vini di tale livello impiega tutta la passione e tutte le energie ad estrarre dalla terra e dall'uva profumi e sapori in grado di incantare davvero le diatribe non sono certo il pane quotidiano per chi mira alla qualità. Da qualche secolo si sono affinate delle differenti tecniche di coltivazione delle uve nonché delle peculiari tecnologie di cantina quindi le caratteristiche organolettiche dei tre tipi di vino sono ben distinte ed assolutamente inconfondibili perciò il consumatore attento non ha mai avuto problemi di identificazione almeno fino a una ventina di anni fa nonostante la contrapposizione dei blocchi e la guerra fredda.

Ma quando il mercato americano consumatore abituale di birra e di Bourbon si è aperto improvvisamente al vino europeo e nei supermercati del Paese più ricco del mondo hanno cominciato ad essere poste in vendita le bottiglie senza controetichette tradotte in inglese disposte sugli scaffali per ordine alfabetico dall'ignoranza più assoluta in fatto di vini e senza consigli per l'abbinamento con i cibi sono cominciati i problemi. Questo tipo di vendita che lascia il consumatore in balia di se stesso cioè ognuno si arrangi a comprare quello che riesce ad intuire come il prodotto adatto alle proprie aspettative ha sempre fatto dei danni incalcolabili per ogni prodotto alimentare (invece i vestiti e gli indumenti intimi si possono almeno provare prima...) e con il vino è successa la stessa cosa. Negli Stati Uniti inoltre da sempre sono all'ordine del giorno le truffe le menzogne ed i sotterfugi con le etichette alimentari veri e propri bidoni da parte dei produttori americani che sono in causa in tutti i tribunali del mondo perchè commerciano le loro birre col nome Bavarian e Pilsner i loro vini col nome Marsala Chianti e Chablis i loro formaggi col nome Gorgonzola Asiago e Parmesan con la pretesa che siano gli altri quelli originali a cambiare nome... perchè loro lo hanno già registrato prima nel loro accondiscendente Paese! Escluso Las Vegas è proprio vero che l'America è soltanto campagna...

Così gli ungheresi alle prime reali difficoltà di vendita di un prodotto ben conosciuto e stimato in Europa ma assolutamente anonimo fra i grattacieli della grande mela dove non mancano mai i sottaceti a pranzo cena e colazione hanno scambiato qualche lettera con la CEE per reclamare un diritto legittimo alla corretta differenziazione con gli altri due vini europei dal nome abbastanza simile per non ingenerare confusione. Il diritto era legittimo ma non l'interlocutore.

Sul piano giuridico infatti il Trattato di Roma del 25 marzo 1953 che istituisce la CEE in virtù di suoi articoli specifici non può pregiudicare i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse anteriormente al 18 gennaio 1958. Tra queste c'è la Convenzione di Madrid (peraltro mai ratificata dallo stato magiaro nonostante vi abbia partecipato) del 14 aprile 1891 che disciplina le denominazioni di origine e che è stata poi integrata dagli accordi di Lisbona e di Stoccolma e dall'istituzione dell'OIV (Office International du Vin) nel 1924. Alla sessione ufficiale plenaria dell'OIV del 20 21 e 22 luglio 1948 a Parigi per "l'etablissement d'un inventaire accompagné d'un catalogue des vins à l'appellation d'origine" (bollettino n. 210 dell'agosto 1948) l'Ungheria indicava cinque tipi di Tokaji e l'Italia due il Tocai friulano e di Lison usando così senza contrasti reciproci e col rispettivo assenso un unico nome dalla stessa assonanza. Il clima normale delle relazioni fra Italia ed Ungheria in tal senso prosegue negli anni successivi ed è anche sottolineato dal regolamento CEE n. 3800/81 del 1981 che iscrive il Tocai friulano nell'elenco dei vitigni raccomandati/autorizzati nel nostro Paese.

Deroghe a tutto questo percorso fatto fin qui in tacito accordo potevano e possono essere poste soltanto per mezzo di un accordo bilaterale ma non certo dalla CEE che non era e non può essere l'organismo legittimato a modificare materie già regolamentate altrimenti prima del 1958 né tanto meno ad imbastire su quella sua corrispondenza con l'Ungheria la benché minima cosa. Pertanto il Consiglio della CEE non poteva nemmeno dare una forma di intesa a quello scambio di lettere che ha preceduto la sua decisione n. 93/724/CE del 23 novembre 1993 quella che concede “in via transitoria” all'Italia l'utilizzo del nome Tocai solo fino al 31 marzo 2007 ma doveva semmai lasciare agli Stati interessati il compito di appianare i contrasti. La ragione è anche facilmente comprensibile: i documenti storici per appurare le origini dei vitigni e delle denominazioni sono conservati in archivi privati e/o statali ancora in riordino e con ricerche in corso quindi non disponibili tutti immediatamente a Bruxelles.

Ma sul piano politico qualche responsabilità da parte italiana c'è stata certamente nel non sollevare subito le obiezioni a questa decisione abbandonando il Tocai friulano al suo destino senza dire nulla e fare niente sia a livello regionale che nazionale. Tutti devono sapere che non si sono predisposte le benché minime contraddizioni né i legittimi ricorsi con grandissimo stupore degli stessi funzionari comunitari di Bruxelles. Eppure all'epoca la Regione Friuli era fortemente rappresentata sia in sedi politiche che tecniche sia a Roma che nella Comunità Europea. Che si sia dormito un po' troppo?

Sta di fatto che soltanto per la lodevole iniziativa di un privato e benemerito cittadino è saltato recentemente fuori il documento che dà torto agli ungheresi quando recita che “la baronessa Aurora Formentini (nata in Gorizia il 26.10.1609 dal generale Carlo Formentini e da Anna Marie von Rohrbach) morta nel 1653 a Nemet-Ujvar Contea di Vas sposa (2 febbraio 1632) il conte ungherese Adam Batthyany e porta in dote tra l'altro “vitti di Toccai 300” che i contadini al suo seguito (sloveni come risulta dagli antichi urbari i libri delle rendite della famiglia Formentini) trapiantarono in Ungheria”. Questo documento originale dell'ex archivio di Paolo Emilio Formentini trasferitosi in Graz da Gorizia nel 1899 è stato recuperato nel 1999 da Filippo Formentini ed è ora conservato nell'archivio della famiglia Formentini a S.Floriano del Collio. Grazie a questo prezioso scritto le nostre autorità attuali in primis il ministro Alemanno hanno un argomento più forte per poter riaprire il caso con gli ungheresi e risolverlo: c'è la prova che il nome tanto conteso si usava in Friuli già prima che nascesse il loro vino Tokaji fatto a base di uve Furmint appunto come i magiari poi chiamarono i vitigni di origine friulana in onore della loro nuova principessa.

Sul piano enologico invece era già tutto molto chiaro. Tutti e cinque i tipi di vino Tokaji sono completamente diversi dai Tocai friulano e di Lison ma non solo. Tokaji è una denominazione di origine controllata e si riferisce quindi ad una zona intorno alla città di Tokaj mentre Tocai (friulano e di Lison) è il nome del vitigno che è tutta un'altra cosa. Infatti le nostre DOC si chiamano Collio Colli Orientali Carso Aquileia Lison eccetera. Il nome del vitigno si aggiunge soltanto quando in quelle zone specificate esso viene vinificato in purezza del resto è scritto in questo modo in tutti i libri ed in tutte le registrazioni ampelografiche o si vuole forse sconvolgere anche la catalogazione scientifica?

Perciò una volta ben precisati i termini anche in sede molto concreta cioè in che successione in quale forma con quali dimensioni dei caratteri ed in quale colore si possano scrivere le parole che si riferiscono alla denominazione nonché quelle che si riferiscono al vitigno non rimane altro che tornare a stringersi la mano come accadeva fino a una decina di anni fa. No perbacco da parte ungherese ancora si vuole puntare i piedi si vuole fare a pugni con l'atteggiamento fiscalissimo e pignoleggiante che di solito contraddistingue chi abusa del potere oppure chi cerca qualcosa sottobanco aggrappandosi ad una decisione CEE che in virtù del documento ritrovato non ha più nemmeno i presupposti storici per esistere. Un comportamento che nemmeno il regime precedente si era sognato di tenere e che può sembrare inspiegabile da parte di uno Stato che ha bussato alla nostra porta per chiedere di poter essere accolto nella nostra stessa Comunità. Certamente la questione del Tocai Friulano è stata assunta dall'attuale dirigenza magiara come moneta di scambio in una diatriba da azzeccagarbugli dalla quale si può uscire soltanto in un modo: con la massima semplicità e trasparenza mantenendo fermezza sulle questioni di principio. Se è il caso anche facendo pesare il nostro no al loro ingresso nella CEE perchè non si possono accogliere i litigiosi gli spavaldi quelli che sollevano contenziosi già prima di ottenere il permesso di poter far parte della stessa Comunità (chissà quali altre grane potrebbe riservare in seguito un tal modo di agire con i propri partner).

Ma la discussione va riportata ai livelli della concretezza con i piedi per terra cioè sulle forme fisiche con cui i prodotti si presentano sul mercato sugli strumenti dell'identificazione del prodotto in modo inequivocabile sulle etichette e fin nei minimi particolari che devono essere ben distinti e molto chiari proprio nell'interesse del consumatore.

Su questo un accordo si troverà certamente anche se va ricercato e siglato prima dell'ingresso dell'Ungheria nella CEE senza lasciar incancrenire ancora una vicenda che porta solo danno ai tre meravigliosi vini incolpevoli testimoni dell'assurdità di un mondo che vorrebbero con la loro semplicità genuinità qualità e signorilità contribuire a rendere meno litigioso più bonario alla mano esattamente come è “in vino veritas” quando “in aquam menzogna”.

(6/11/2002)