vigneto Friuli

IL CARSO
Delle terre e dei climi delle viti e dei vini delle storie e degli uomini

LA NOSTRA TERRA: IL CARSO     
            Il "Carso" è un altopiano che si eleva nella parte orientale della provincia di Gorizia   che limita con un terreno di circa 5.400 ha. di superficie compreso tra il confine con la Slovenia il tratto terminale del Vipacco fino alla sua confluenza nell'Isonzo   il corso di quest'ultimi fino a Sagrado e la linea ferroviaria che da questo si dirige a Trieste. Si tratta dell'ultima parte del vasto altopiano calcareo che si estende ai piedi del cordone montuoso che costeggia a sinistra la valle del Vipacco. Di  tale  cordone  ricade  nel  "Carso goriziano"  il  primo  rilievo   il monte San Michele che raggiunge quota 274 m.s.l.n. Questo terrazzo carsico ai cui piedi l'Isonzo ha scavato il tratto mediano del suo letto di pianura e che si affaccia ad ovest sul  monfalconese si  mantiene a quote comprese fra 100 e 150 m.s.l.n.
            Sotto il profilo geologico esso si fa risalire al Cretaceo superiore ed è costituito prevalentemente di calcari. In modo più specifico vi si possono rilevare facies disposte quasi parallelamente in fascie con decorso Est-Ovest. La prima di queste è formata da calcari di color chiaro talvolta subcristallini e ricchi di fossili (senoniano); in essa si eleva il monte San Michele. La seconda è costituita di calcari grigi e chiari spesso cristallini e brecciati ricchi di Rudiste; vi ricadono ad occidente Sagrado e Fogliano che ne segnano rispettivamente il limite nord ed il sud. La fascia successiva di maggior profondità va gradualmente ampliandosi verso oriente cosicchè mentre ad ovest i suoi confini settentrionali e meridionali sono compresi rispettivamente fra Fogliano e monte Sei Busi ad est sono rappresentati da Visintini e dalle sponde nord del lago di Doberdò; essa risulta formata da calcari lastroidi e compatti grigi spesso bituminosi. L'ultima fascia è costituita da calcari compatti e lastroidi grigi e nerastri spesso bituminosi e calcari dolomitici grigi lastroidi cristallini fortemente soggetta ai "fenomici carsici".

            I prodotti del disfacimento del substrato calcareo trasportati dal vento lasciano infatti affiorare spesso la roccia madre impedendo la minima vegetazione. Dove questa ha potuto trattenersi formano orizzonti di spessore esiguo (20-30 cm.). Accumuli più profondi di tali terreni le così dette «terre rosse carsiche» si riscontrano solo in corrispondenza delle doline dove superano anche 1 metro di spessore. Distribuite senza una apparente legge queste doline costituiscono vere e proprie oasi nella desolazione del paesaggio. Oltre che in esso accumuli consistenti di terre rosse si riscontrano con particolare frequenza lungo il vallone di Doberdò tra Gabria e Doberdò quasi parallelamente al confine di Stato.
            Caratteristica fondamentale delle «terre rosse» è la straordinaria ricchezza di particelle colloidali e la scarsità di sabbia. Malgrado l'alto contenuto di argilla agli effetti agrari questi terreni sono da considerarsi leggeri e fortemente soggetti alla siccità. La relativa fertilità di questi terreni trova infatti un limite nella disponibilità di acqua e non già perchè scarseggiano le precipitazioni quanto per la permeabilità del sottosuolo.
            I terreni per l'esiguità dello spessore non trattengono l'acqua non c'è capillarità non sono in grado di mantenere una vegetazione arborea rigogliosa. D'estaste per il surriscaldamento delle rocce si verifica forte evaporazione. Si allontanano da questa tipologia generale le zone dove i terreni sono più profondi nelle doline e lungo il vallone di Doberdò”
 
Riferimento bibliografico : ( Claudio Fabbro VITI e VINI DEL FRIULI”-Ducato dei Vini friulani 1977) 

 

LA COLTIVAZIONE DELLA VITE  IN  FRIULI  E  NEL  "CARSO"    
            “La storia della coltivazione dell'uva ha nel Friuli-Venezia Giulia in generale e  nel Carso- ricordava più volte nelle sue interessanti conferenze il maestro enologo MARCELLINO PILLON triestino d'origine veneta grande divulgatore e fondatore dell' ONAV-ORGANIZZAZIONE NAZIONALE ASSAGGIATORE VINI-presso l'Enoteca regionale LA SERENISIMA di Gradisca d'Isonzo- in particolare  radici antichissime. Già i Greci infatti dimostravano di apprezzare particolarmente il "PICTANO" un vino locale da "uve nerissime sopra ogni altra".
            Anche sotto il dominio di Roma la coltivazione della vite ebbe fortissimo incremento dopo che come narra Tito Livio il Senato Romano ebbe inviato ad Aquileia una colonia allo scopo di diffondere la viticoltura. E quanto i risultati siano stati brillanti lo testimoniano sia lo stesso Livio che Strabone quando cita Aquileia come uno dei massimi empori vinicoli.
            Pure Plinio dovette restar ammirato dai nostri vini dal momento che ritenne giusto giusto citare il "PUCINO" come un vino dalle virtù medicamentose; ed infine come se non bastasse si sa che lo stesso Cesare Augusto obbligato ad abitare insieme alla moglie Drusilla ad Aquileia si interessava alla coltivazione della vite.
            Il "FORUM JULII" cioè l'odierno Friuli era dunque insieme all'Istria fin da allora una Regione fertilissima in gran parte coltivata a vite la cui fama era tanto meritata che tra le vestigia dell'antica Aquileia reperti archeologici parlano a noi posteri di vite e di vino.
            Passando al XII° secolo vediamo che il Friuli forniva alla Repubblica Veneta grano legna e soprattutto vini fra cui il "RABIOLA" (odierna Ribolla) il Refosco e il Picolit che venivano anche esportati in Francia Inghilterra e nel nord dell'Europa.
            Se dalla storia passiamo alla cronaca scopriamo qualche quadretto gustoso: il banchetto del 1368 in onore di Carlo IV ed al quale partecipava messer Francesco Petrarca dove....vennero consumate ben sei botti di squisitissimo vino Friulano oppure il vivo apprezzamento di Carlo V che nel 1532 collaborò ad asciugare le famose....."do bote de vin de Rosazo".
            Possiamo poi desumere in quanto conto si tenessero i prodotti viticoli del Friuli dall'ordinanza del 1549 con cui Pietro Morosini luogotenente della Repubblica Veneta e Governatore di Udine ammoniva a non danneggiare le viti e le altre colture perchè: (e citiamo le parole dell'ordinanza)
            "Essendo verissimo e chiarissimo che il principal merto e sostentamento della magnifica città di Udine et di tutta la Patria del Friuli è la raccolta del vino ed grano si vende e si commuta con la nazione di Germania cadun amatore del ben universale et anche particolare deve con ogni studio attendere et invigilar che tale e così fruttuoso avviamento del vino si aumenti e non si minuisca".
            E così nell'epoca in cui Venezia viveva splendidamente con la navigazione ed il commercio la prosperità dei Friulani stava tutta nei prodotti della loro terra coltivata con scrupolosa tenacia. Proprio il coraggio e la tenacia doti caratteristiche e dominanti delle nostre popolazioni hanno permesso che i vigneti del Friuli-Venezia Giulia continuino ancor oggi a fornire il vino adatto a rallegrare le nostre mense.
            Verso la metà del secolo scorso infatti prima l'oidio poi la peronospora ed infine l'antracnosi mal combattute fecero quasi scomparire dalla grande coltura di allora molte varietà di vigneti dal prodotto più fine al più delicato. Ma il peggio doveva ancora venire.
            Attorno al 1880 nel Goriziano e nel 1901 in Friuli la fillossera distrusse quasi tutti i vigneti.
            Questi vennero in un primo tempo sostituiti da alcuni ibridi produttori diretti quali il famoso "ISABELLA" e il "CLINTON" più tardi con i "portainnesti americani" il "BERLANDIERI" il "RUSPESTRIS" il "RIPARIA" ai quali venivano soprainnestati i nostri vitigni. Le traversie della viticoltura del Friuli-Venezia Giulia contrinuarono poi con le due guerre mondiali che videro i suioi vigneti sconvolti e distrutti.
            Ricostruite le sue vigne una prima volta un popolo meno tenace del nostro si sarebbe scoraggiato di fronte ad una seconda ed una terza distruzione. Per i friulani non fu così.
            Infatti con pazienza e volontà dissodando le loro terre piantando vite per vite curando tralcio per tralcio ricostruirono il loro patrimonio. Rinate le vigne restava ancora un passo importante da compiere: riprendere cioè sul mercato dei vini quella posizione di prestigio perduta non per propria colpa bensì per circostanze estremamente favorevoli.
            Cosa non facile per diversi motivi e non ultimo quello della grande varietà di tipi di vino che si sono venuti a trovare nella Regione. Oggi grazie al progredire della tecnica e all'impegno avuto nel selezionarli possiamo con legittimo orgoglio affermare che la buona fama del tempo antico non è usurpata in quanto anche ai nostri giorni il Friuli-Venezia Giulia produce ottimi vini e diversissimi tali da accontentare i gusti più disparati. 

 

IL TERRENO E IL CLIMA     
            La diversità qualitativamente parlando dei vini del Friuli-Venezia Giulia discende direttamente sia dalla notevole varietà dei terreni sia dalle differenze climatiche che nella nostra regione sussistono. Non v'è alcun dubbio che il terreno rappresenti il fattore condizionante della vite e del suo sviluppo.
            E se pensiamo che qui possiamo annoverare terreni di natura marnoso-arenacea terreni morenici calcarei molto ricchi di ferro di consistenza compatta o sciolta sabbiosi e torbacei ben si comprende come anche i tipi di vino siano diversi.
            Se partiamo dalla striscia di terreno appartenente al territorio di Trieste striscia che si snoda per una lunghezza di 27 Km. ed una profondità massima di Km. 14 scopriamo già in essa ben tre conformazioni geologiche diverse:

  • - La zona collinare di Muggia all'estremo confine orientale con terreni dello Eocene con struttura marnosa arenacea;

  • - La zona carsica (in gran parte passata alla Jugoslavia dopo l'ultimo conflitto) disposta in posizione nord con roccia calcarea di origine mesozoica (periodo Cretaceo ed Eocenico inferiore e medio) quasi affiorante alla superficie perchè appena ricoperta da una terra calcareo-argillosa alla quale il forte contenuto di ferro conferisce una colorazione rosso mattone;

  • - La zona collinare pedemontana con terreni dell'Eocene medio superiore esposta verso il mare e con una fertilità superiore a quella del Carso.

            Se dalla provincia di Trieste passiamo nel territorio di Gorizia ci viene subito incontro una zona collinare protetta quasi abbracciata da una alta cerchia di monti le Prealpi Giulie.
            I terreni di queste colline di natura eocenica sono variabilmente stratificati. La diversa inclinazione di questi strati costituiti in gran parte da un complesso marnoso-arenaceo con lieve contenuto di calcare fa sì che sotto l'azione degli agenti atmosferici tutto il materiale soggetto ad una rapida decomposizione si sgretoli in minuti frammenti e una volta disciolto concorra a formare uno strato di terreno argilloso che trattenendo le acque risulta adattissimo alla coltivazione della vite.
            La breve pianura che divide questi colli Goriziani dal mare pianura con terreni di origine alluvionale completa l'immagine di una terra dove la coltura della vite ha un posto preminente.
            La fascia collinare del Goriziano delimitata geograficamente dai fiumi Isonzo e dallo Judrio trova nella zona collinare friulana un naturale proseguimento dal punto di vista morfologico. Anche qui una serie di colline particolarmente fertili si appoggia ad una fascia montuosa che le protegge dai venti freddi del nord.
            Ed è questa la zona del Consorzio a Denominazione di Origine Controllata dei COLLI ORIENTALI DEL FRIULI. E se per questa zona si può fare un discorso  un  po' simile  a  quello  già fatto  per  illustrare un territorio del  Goriziano   per  quella  parte  della  regione  che  si  protende  più  ad  ovest dove sorge il Consorzio a Denominazione di Origine Controllata delle GRAVE DEL FRIULI gli argomenti sono estremamente diversi.
            Diversa è infatti la costituzione geologica dei molti posti a protezione si tratta delle Dolomiti dai colori di fiaba. Diversa è la collina sottostante a causa della differente composizione chimica delle rocce. Diversa è infine la composizione geologica anche della stessa fascia pianeggiante.
            L'azione dei ghiacciai la violenza dei torrenti e le correnti dei fiumi che con il loro disordinato e incontrollabile progredire hanno dato origine a dei terreni di riporto di composizione molto varia che dall'argilloso-ghiaioso più sciolto della zona della pianura offrono un substrato di sicura premessa per una buona coltivazione della vite.
            E per concludere ricordiamo l'aspetto del suolo di quella zona più prospiciente alla costa del mare di AQUILEIA ANNIA e LATISANA dove il materiale alluvionale si amalgama con la sabbia e la torba degli acquitrini dell paludi di un tempo per formare l'"humus" caratteristico e fertile delle terre contese e sottratte al mare. Se la costituzione geologica di un territorio è fondamentale per una buona coltura della vite non meno importante è il suo andamento climatico.
            Sia nella zona carsica spazzata dalla bora il caratteristico vento triestino che è il primo "medico delle piante del territorio" che nelle altre aree il clima del Friuli-Venezia Giulia è generalmente favorevole alla coltivazione della vite. Se è vero che il sole il vento la pioggia sono gli elementi essenziali alla rigenerazione del suolo ed alla vita della pianta il variare delle condizioni atmosferiche con periodica costanza fa si che la regione fruisca di situazioni pressochè ideali.
            Il clima per la cerchia delle Alpi che impedisce la penetrazione dei venti freddi del Nord e per l'azione termoregolatrice del mare gode di una temperature che possiamo classificare media: infatti nei mesi estivi la calura viene temperata dalle correnti discensionali di aria più fresca che riescono a filtrare dall'anello delle Alpi mentre nei mesi invernali è il mare che riesce a mitigare i rigori della stagione.
            L'Altopiano Carsico è territorialmente una delle aree più piccole d'Italia e purtroppo con terreno agrario coltivabile molto ristretto dove però la vite trova ugualmente sebbene in un'area ancor più limitata la sua coltura. Può sembrare perciò paradossale parlare di produzione vitivinicola nel Carso ma è forse opportuno ricordare che in tempi molto non lontani anche queste terre rappresentavano dei vini interessanti benchè la loro produzione non raggiungesse livelli quantitativamente elevati. Dopo la Prima guerra mondiale la provincia di Trieste comprendeva 34 Comuni raggruppati in 5 mandamenti.
            Il Mandamento di Trieste con i Comuni di Trieste Muggia San Dorligo della Valle. Il Mandamento di Sesana comprendente i Comuni di Corgnale Duttogliano Divaccia San Canziano Rupingrande San Giacomo in Colle Sesana Sgonico e Tomadio. Il Mandamento di Monfalcone formato dai Comuni di Aurisina Doberdò del Lago Duino Fogliano Ronchi dei Legionari San Canzian d'Isonzo San Pelagio San Pier d'Isonzo Slivia Staranzano e Turriaco. Il Mandamento di Postumia composto dai Comuni di Bucuie Cossana Postumia San Michele di Postumia San Pietro del Carso e Villa Slavina. Ed infine il Mandamento di Senosecchia con i Comuni di Cave Auremiane Crenovizza e Senosecchia. La provincia in totale aveva una superficie di 120.000 ettari.
            Ora dopo la Seconda guerra mondiale la provincia di Trieste è ridotta a 6 Comuni cioè Trieste   Muggia   San Dorligo   Monrupino   Sgonico e Duino-Aurisina con una superficie di soli 21.178 ha. e una superficie agraria e forestale di 17.264 ettari. Di questa superficie soltanto una minima parte viene attualmente coltivata a vite. Il territorio comprende una striscia limitata di terreno che si estende lungo l'arco Nord-Orientale dell'Adriatico tale fascia presenta uno straordinario interesse dal punto di vista della composizione del terreno e della condizione climatica per cui anche la produzione vinicola sia pur così esigua quantitativamente e ristretta ad un piccolo numero di produttori- amatori merita una menzione particolare.
            E se oggi si parla ancora del "Carso"  vitivinicolo in ricordo di quello che era in passato lo si deve proprio ai pochi agricoltori rimasti ed ai quei "pionieri" che hanno investito notevolissime risorse nel vigneto Per prima cosa sarà bene rivedere assieme le principali caratteristiche del clima del terreno e della coltura della vite. Situata al limite settentrionale del mare Adriatico il "Carso" ha un clima temperato che varia però a seconda che le zone di terreno siano più o meno esposte al vento di mare cioè allo scirocco o a quello di terra che viene conosciuto come "bora". La bora caratteristica della regione soffia violentemente con raffiche che talvolta raggiungono la velocità del 120-140 km orari. Tale vento che proviene dal retroterra Jugoslavo spazza il "Carso" portando con sé freddo mentre lo scirocco che giunge dal mare offre alla regione una temperatura ed umidità ideali per la coltivazione della vite.
            La zona carsica è disposta in posizione nord-occidentale poggia su rocce calcaree di origine mesozoica (periodo Cretaceo ed Eocenico inferiore e medio) affioranti quasi alla superificie   perchè poco coperte da una terra calcareo- argillosa alla quale il forte contenuto di ferro conferisce una colorazione rosso mattone. Questa terra rossa accumulatasi acquista un certo spessore soltanto nelle ben note "doline" cioè nelle tipiche conche pressochè circolari dove oltre ad uno spessore elevato presenta una composizione uniforme e quello che conta maggiormente un'assenza di sassi.
            Un'altra particolarità della regione carsica è la sua aridità dovuta alla mancanza di corsi d'acqua in superficie. Tale fenomeno si ricollega alla presenza nella zona di "foibe" cioè "inghiottitoi" più o meno verticali di forma per lo più circolare e con un diametro variabile che fanno paragonare il "Carso" ad un immenso crivello calcareo il quale faccia scomparire in pochi istanti tutta l'acqua che cade dal cielo. Per fortuna l'abbondanza delle piogge nella zona fa sì che la poca terra rossa-argillosa che affiora possa impregnarsi dell'acqua necessaria per il sostentamento della vite.
            Dei vitigni che si coltivavano nel circondario all'epoca immediatamente successiva alla Prima guerra mondiale oggi data l'esiguità dello spazio disponibile alla coltura della vite resta ben poco. Il più caratteristico di questi è il "Refosco dal peduncolo rosso dell'Istria" che acclimatandosi nel tempo in questa zona viene denominato "Refosco del Carso" e dà quel vino rosso il "Terrano" che la leggenda e storia ricordano da sempre per le sue intrinseche qualità organolettiche e persino curative.
            Il vitigno del "Refosco del Carso" che oggi viene chiamato " Terrano" scopre il suo ambiente ideale nelle zone dove il terreno agrario è costituito dalla caratteristica terra rossa derivante dalla lenta decalcificazione delle rocce calcaree. Terra ricca di ossido di ferro il quale esercita una determinante influenza fisico-chimica per il suo colore rosso che favorisce l'assorbimento dei raggi solari per cui la terra si riscalda presto e per l'azione fisiologica che il ferro ha nella sua formazione della clorofilla sostanza questa essenziale all'assimilazione degli elementi utili alla crescita della vite. Nella terra rossa poi è presente in piccola quantità il magnesio il quale ha un'azione catalitica nella vita della pianta poichè contribuisce alla trasformazione di alcune sostanze nutritive.
            Il vino che se ne ricava è di un bel colore rosso rubino molto intenso e vivace con dei riflessi particolari: di odore particolarmente vinoso di profumo fruttato di marasca e di lampone frammisto a delle note di pepato e di buccia subbollita che sono la sua principale caratteristica. Di sapore decisamente acidulo ma non acre vinoso ricco di sostanze estrattive (di corpo) e alle volte piacevolmente vellicante per un gradevole frizzantino. Altra particolarità che lo caratterizza e che pur essendo ricco di sostanze coloranti non è mai molto tannico ed astringente (a differenza di altri vini così ricchi di colore).
            La diminuzione dell'asprezza nel vino si avrà soltanto se la vinificazione e la successiva conservazione saranno fatte a regola d'arte. I sistemi tradizionali di vinificazione che vengono adottati dalle picccole cantine non sono certo razionali se riferiti alla moderna tecnica enologica; offrono però le condizioni adatte alla vita ed all'azione del microrganismo il "micrococcus malolacticus" presente in quantità preponderante (dato che l'uva non raggiunge la completa maturazione a causa del freddo dovuto alla bora) in acido lattico e CO2 riducendo considerevolmente l'acidità complessiva del vino. Talvolta infatti tutto l'acido malico viene scomposto per venir sostituito per la metà circa dall'acido lattico più debole e meno acido al palato che rende il vino più pastoso più fresco e che con la CO2 latente formatasi ed incorporata lentamente nello stesso dà all'assaggio una sensazione di morbidezza e di velluto accompagnata dal caratteristico picchiettio di fresco-acidulo che soddisfa veramente il più esigente dei palati. Inoltre l'acidità lattica che contiene e che può superare i 5 grammi per litro lo rende rinfrescante e diuretico. La sua acidità complessiva puù raggiungere i 12 grammi per litro ed il suo estratto complessivo può aggirarsi sui 26 grammi per mille con un contenuto di glicerina che va dai 10 ai 12 grammi per litro. Nel vino poi si nota quasi sempre dell'acido tartarico libero la cui presenza è sicuro indizio di poca maturazione dell'uva vinificata fatto dovuto ai rigori del clima. Il contenuto alcoolico poi è mediamente giusto dal momento che si aggira tra i 9 e gli 11 gradi. E' questo il vino preferito dai triestini che nelle loro scampagnate domenicali lo gustavano e lo gustano agli squisiti salumi del "Carso". Tale vino si accompagna molto bene anche agli antipasti a base di salumi o con le carni cotte arrosto ma è veramente speciale se gustato con i piatti a base di selvaggina.
            Nelle piccole cantine nei tini l'uva è sgranata (passata su una rete) per togliere i raspi evitando di schiacciare e rompere l'acino; viene poi lasciata macerare per 5-8 giorni. Così la lenta fermentazione che ha luogo nel tino producendo del calore riscalda tutti gli acini d'uva e ne estrae il colore senza per altro estrarre il tannino. Dopo questa prima fase della vinificazione l'uva viene pigiata e mosto e bucce vengono lasciati ancora per altri 2-3 giorni affinchè la fermentazione quasi si completi. Quindi si separa il mosto-uva dalle bucce e il torchiato delle stesse viene solo in parte aggiunto nella botte del mosto-vino botte che viene conservata in cantina dove la temperatura è di solito piuttosto bassa.
            Successivamente fatto solo in alcuni casi un primo travaso il vino andrà conservato in botti piene senza ulteriori travasi sino alla primavera successiva fino a quando cioè non avrà acquistato quei requisiti che lo rendono pronto al consumo. Requisiti che potrà conseguire solamente attraverso questo periodo di riposo. Infatti la permanenza prolungata del vino sulle sue fecce favorita non soltanto l'ulteriore trasformazione di tutto lo zucchero indecomposto in alcool e CO2 ma lo arricchirà di una maggior quantità di glicerina e delle sostanze necessarie allo sviluppo dei batteri malolattici sostanze biocatalizzatrici che vengono cedute dai fermenti elittici dopo la fase vegetativa e fermentativa per un processo di autolisi dei fermenti stessi. Detta autolisi contribuirà pure ad arricchire il vino di sostanze azotate per cui questo alla fine risulterà oltre che acidulo fresco vellicante e picchiettante al palato anche più pieno rotondo denso e quasi oleoso-filante per meglio intenderci.
            A proposito di questo vino storia e leggenda formulano molte ipotesi. Tra le più antiche vi è (anche qui) quella che sostiene come il famoso "Pucino" decantato da "Plinio il Grande" non sia stato altro che il famoso "Terrano del Carso" ""Pucina-omnium-nigerrima".  A favore di questa tesi si battè il MARCHESETTI il quale a conclusione di erudite considerazioni topografiche sostenne che "quel "nigerrima" si attaglia così bene alla vite che dà il sanguigno licore  del Refosco (Terrano) che io davvero non saprei a quale specie meglio riferirla"  ". Della medesima opinione sono coloro che vedendo nel "Paraetypianum di Dioscoride" una identità con il "Pucino" di "Plinio" spiegano con ciò l'asserzione che esso è simile all'istriano. E infatti "l'Istriano rosso" e "Terrano" come abbiamo visto sono prodotti dello stesso vitigno cioè il "Refosco d'Istria".
            Di parere constrastante sono invece coloro che riferendosi all'edizione più moderna di "Plinio" (per es. LITTRE') riportano la frase in questi termini: "Picinia omnium nigerrima"  traducendola nel modo seguente: "del colore della pece più nera di tutte". Accettando perciò il fatto che il "Terrano" è "picino" cioè colore della pece essi conservano la denominazione "Pucino" per attribuirla ad un altro tipo di vino cioè quello ricavato dalle viti che si coltivano a pergolati sulle terrazze della zona collinosa tra Duino e Miramare in particolare nei pressi di Contovello e Prosecco. Il "Pucino" sarebbe quindi un vino bianco il che lo farebbe identificare con il "Prosecco" che vanta pure una storia particolare. "Plinio" nella sua raccolta sui 50 vini generosi d'Italia cita ill "Pucino"come il vino il quale - "gignitur in sinu Adriatici maris non procul Timavo fonte saxoso colle maritimo adflatu paucas coquente anphoras"  - nasce cioè dal seno del mare Adriatico non lontano dalle fonti del Timavo su un colle sassoso dove al soffio del mare ne maturano poche anfore. E sempre secondo la leggenda sarebbe stato questo il vino particolarmente gradito a Livia moglie di Augusto che attribuiva alle sue virtù medicamentose la ragione del suo benessere e della sua longevità.
            A parte la diversa località di produzione dei due vini (cioè "Pucino" e "Terrano") è anche in base a questa particolare predilezione di Livia per il "Pucino" che gli storici tendono ad indentificare questo vino con il "Prosecco bianco" piuttosto che con il "Terrano" più adatto al palato del gagliardo bevitore che ad una raffinata matrona romana.
            Oggi nei declivi verso il mare prosperano i vitigni ad uva bianca quali la "Malvasia d'Istria" ed una varietà autoctona denominata "Vitovska" che normalmente vengono vinificate assieme e talora anche con altre uve di vitigni bianchi ad es. il "Glera". Quest'ultimo produce un'uva abbastanza simile a quella da dà il famoso "Prosecco" coltivato nelle colline di Valdobbiadene e Conegliano. Sembra anzi che nel Medio-Evo tale vitigno originario del paese di Prosecco vicino a Trieste venisse trapiantato nelle zone venete dove ha trovato un "habitat" tale da produrre un vino fresco vinoso fruttato esaltato da una ricca spuma e con un insieme tanto armonico da ricavarne uno spumante competitivo con i migliori del mondo.
            Il vino bianco che si produce nel "Carso" oggi non è certo il famoso "Pucino" ma ugualmente è un vino di particolare pregio. Si presenta di colore giallo più o meno dorato con dei riflessi particolarmente lucidi; di profumo fruttato che ricorda la pera e floreale quale l'acacia e il glicine molto vinoso e con sapore gradevolmente acidulo e fresco. Si accompagna bene ai fritti di mare e alle minestre. Il contenuto alcolico si aggira da 10 ai 12 gradi con una acidità complessiva di grammi 5 5-6 per litro ed un estratto di grammi 19-20 per litro.
            Anche nella zona Carsica c'è una discreta quantità di uve bianche. Tra i vini predomina il "Malvasia" ma non mancano degli ottimi "Sauvignon" "Pinot bianco" e "Ribolla" vini tutti di particolare pregio profumati sapidi armonici e adatti dall'antipasto al dessert.
            I rossi del "Carso" sono di stoffa eccellente e di squisita vinosità e fruttuosità. Vi sono "Merlot" e "Cabernet" che possono competere con i più citati fratelli del vicino Friuli ed un rosso invitante piacevole da bersi giovane ottenuto da uvaggi diversi ("Cabernet" "Merlot" "Piccola nera" e "Refosco") che per lo più viene consumato dagli stessi produttori per il loro fabbisogno familiare. Alligna bene anche il "Refosco d'Istria" dal quale si ricava un vino robusto di un bel colore rubino dal sapore franco e acidulo che si accompagna bene ai salumi ed ai piatti più tradizionali della cucina triestina.
            Ma la gemma del "Carso" è il "TERRANO".  Si potrebbe parlare di questo vino così come nella regione Friuli-Venezia Giulia si parla dell'altrettanto famoso e quasi introvabile "Picolit".
            Il limitato terreno coltivato a vite la mancanza di una più severa selettività dei vini la penuria di infrastrutture quali strade poderali che colleghino i vigneti isolati la mancanza di sistemazioni d'impianto atte a rendere il lavoro della coltivazione della vite più moderno e quindi più renumerativo ed infine l'assenza di condutture di acqua fanno sì che anche il vino bianco di qui non sia uniforme nella sua tipicità” .  

 

IL TERRANO A PARER MIO di Maximilian Ripper (1)    
            "Una delle zone vinicole più antiche dell'Europa centrale-scriveva il Ripper nel lontano 1910- è il litorale austriaco comprendente la Contea principesca di Gorizia e Gradisca la città di Trieste ed i suoi dintorni e la penisola d'Istria. Le prime notizie riguardanti la viticoltura di questa regione confermano non solo che vi si coltivavano ovvero producevano grandi quantità di vino bensì che si trattava di vini di qualità eccellente che erano esportati in tutto il mondo allora conosciuto. (Plinius Hist.nat.lib. XIV Cap.8 6. "Julia Augusta LXXXII annos Pucino vino rettulit acceptos non alio usa.  Gignitur in sinu Adriatici marsi non procul a Timavi fonte saxo colle maritimo adflatu paucos coquente amphoras nec aliud aptius medicamentis indicatur. Hoc esse crediderim quot Graeci celebrantes miris laudibus Praetianum appellaverunt ex Adriatico sinu").  (Giulia Augusta consorte di Augusto attribuì i suoi 82 anni di età al vino "Pucino" dato che non ne beveva altro. Esso cresce lungo un'insenatura dell'Adriatico non lontano dalla fonti del Timavo su una collina rocciosa dove il vento marino lascia maturare soltanto poche anfore. Tuttavia nessun vino è considerato più medicamentoso. Questo è come credo il vino che i Greci chiamano con i massimi elogi "Praetianum" del Golfo dell'Adriatico).
            I vini di questa regione conservarono la loro buona fama per tutto il Medioevo fino all'inizio del XIX sec. Il VALVASOR scriveva ad esempio già nel XVII sec. parlando dei vini dell'attuale zona di Gorizia: "Ed anche molti altri tipi /tra i vini più deliziosi/ che sia per varietà/ che per eccellenza non si ritrovano facilmente in alcun altro paese; /quanto questi vini siano nobili delicati e forti risulta dal fatto che sono spesso venduti/nei paesi tedeschi/ per vino di Canea (o vino Candioto) oppure anche per Malvasia o per altri simili vini forti.".
            La quantità di vino prodotta deve aver causato anche come avviene oggi delle crisi nel mercato del vino perchè l'Imperatore Ferdinando emanò nel 1552 una legge per Gorizia e Gradisca in base alla quale non si poteva importare alcun vino straniero pena la confisca del carico e delle barche.
            Nel 1549 gli Stati di Gorizia riconobbero la necessità di creare possibilità di smercio per il "loro prodotto principale" il vino ripristinando una strada verso la Carinzia (strada del Predil).
            Nel corso del XIX secolo varie circostanze tra cui è da menzionare in particolare la limitata resistenza allo oidio dei vini nobili locali fecero sì che i vini del litorale perdessero completamente la loro importanza ed il loro buon nome. Così quei vini che una volta erano tanto lodati hanno oggi un certo significato quasi soltanto a livello locale. Ciò nonostante si è conservata fino ai tempi nostri tutta una serie di vini molto interessanti la cui qualità dipende dalle caratteristiche del terreno dal tipo di vitigni dai metodi di coltivazione e di vinificazione ecc. Questi vini meriterebbero di essere riportati alla ribalta e per le loro caratteristiche per l'eccezionale bontà e le eccellenti qualità potrebbero a buon diritto destare l'interesse sia dagli esperti che degli amanti del vino.
            I vini prodotti nel litorale che a mio avviso meritano di riacquistare notorietà in una cerchia vastissima di persone e che offrono un'esperienza interessante dal punto di vista enotecnico oppure che rivestono una grande importanza economica per il nostro Paese dovrebbero essere sottoposti gradualmente ad un'analisi approfondita. I risultati di queste analisi non forniranno soltanto suggerimenti ai nostri produttori in merito ad un metodo più razionale di vinificazione bensì dovranno in particolare dimostrare che alcuni dei nostri vini come avvenne già ai tempi dei Romani e nel Medioevo meritano di essere annoverati tra i migliori vini del mondo grazie alle eccellenti qualità.
            Come si è già detto tutti i vini delle nostre terre hanno oggi per lo più importanza soltanto a livello locale. Tra questi il "Terrano" "Vino Terrano del Carso" in tedesco "Karster  Terran" in sloveno "Vino Teran" chiamato in tedesco anche semplicemente "Terran" assume posizione dominante nel senso che questo vino rosso è molto apprezzato dagli intenditori del luogo e viene pertanto venduto al prezzo più altro di tutti i vini da tavola del Goriziano.
            Esso è soprattutto il vino preferito dei triestini che ne consumano quasi tutta la produzione.

 

LE  CARATTERISTICHE  DEL  "TERRANO del CARSO"    
            E' piuttosto difficile illustrare a parole le caratteristiche più tipiche di un vino vino. Per farlo seguitò perciò il modo usato dal K.H.Koch nel suo famoso libro "Moselwain" per descrivere il vino della Mosella iniziando da quelle caratteristiche che questo vino non ha.
            Si potrebbe descrivere il "Terrano del Carso" chiamato semplicemente anche soltanto "Terrano" come segue: 

"Il terrano non è forte nè denso
non è asprigno nè adiposo
non è tenero nè morbido"
non è torpido nè morto
non è grossolano nè opaco
non è infine delicato nè dolce
bensì il terrano è pieno e sulla vena
è profumato e piccante
è robusto e ferroso
è gagliardo e smagliante
è focoso fresco frizzante ed eccitante
è di colore scuro di un rosso rubino scintillante." 

            Il "Terrano del Carso" si distingue per il boccato leggermente profumato di frutta che ricorda il profumo dei lamponi e per una sua strana piacevole asprezza. Proprio per questa sua caratteristica asprezza è stata quella che mi ha spinto ad analizzare questo vino dal punto di vista chimico. E soprattutto per effetto di questa sua asprezza il "Terrano" "eccita ed attrae" ed induce a continuare a bere stimolando fortemente l'appetito. Quest'ultima caratteristica del "Terrano" è molto apprezzata dagli intenditori ed è uno dei motivi del suo successo. Ma il troppo storpia. In queste regioni tutti conoscono la forza rivitalizzante la bontà e tollerabilità del "Terrano". Questo vino rende allegri pur non provocando il giorno dopo alcuna pesantezza alla testa o allo stomaco. Anche se gustato in grandi quantità non dà effetti di evidente ebbrezza ! Grazie al particolare metodo di vinificazione il "Terrano" non è molto soggetto alle malattie e se viene  prodotto nel modo giusto non vi si ritrova nemmeno quello spunto di aceto che si riscontra tanto spesso al Sud.
            Il  "Terrano del Carso"  è  pronto  per  il  consumo  appena  in  aprile-maggio. Appena allora infatti ha perso la sua asprezza originaria; quando sviluppa il suo aromatico bouquet e la sua tenue acidità appena formatasi si combina con al frizzante anidride carbonica sviluppatasi nel frattempo è un piacere per il palato degli intenditori. Il "Terrano" ha dunque due qualità: stimola l'appetito ed è facilmente diluibile con l'acqua inoltre il suo basso contenuto di tannino lo rende molto adatto da un lato come vino rosso medicinale e dall'altro come vino tropicale. Sarebbe da sperare che il "Terrano" si diffondesse nel mondo per questi due motivi.
            Il defunto prof. Oppolzer di Vienna avrebbe sottolineato un una sua perizia degli anni 1880-1882 secondo fonti attendibili i particolari vantaggi che il "Terrano" offre per i malati. Malgrado le mie accurate indagini non sono riuscito a trovare il testo di questa perizia.

 

ZONA DI PRODUZIONE E CARATTERISTICHE DEL SUOLO     
            La principale zona di produzione del "Terrano del Carso" comprende le due circoscrizioni di Comeno e Sesana del Distretto di Sesana nella Contea principesca di Gorizia e Gradisca vale a dire quella parte del Carso che è limitata a Nord dal Vipacco ad Ovest dall'Isonzo a Sud dal Mare Adriatico e ad Est dal confine verso Trieste l'Istria e il Crain. Questa zona è costituita da un altopiano con un'altezza media di 300 m s.l.m.  La produzione del vino "Terrano" raggiungeva negli ultimi quattro anni in media circa 30.000 hl. E' impossibile indicare in maniera abbastanza esatta la zona di coltivazione essendo relativamente piccola l'area continua di vigneti.
            Il terreno è composto da roccia carsica una roccia calcarea risalente al Cretaceo ed appartenente in parte agli strati di Comeno in parte ai calcari radioliti ed ippuriti.
            Il vitigno del "Terrano del Carso" è della specie  Refosco attecchisce meglio nella terra rossa e perciò si coltiva prevalentemente in questo tipo di terreno. Si tratta di quella terra rossa che si riscontra di frequente nel Carso e che si è raccolta soprattutto nelle doline. Da quando Zippe per primo spiegò nel 1854 che la terra rossa è il residuo insolubile ferruginoso ed argilloso dei calcari disciolti dagli agenti atmosferici quasi tutti i geologi hanno fatto propria questa tesi.
            Confrontando la composizione della terra rossa con quella dei calcari carsici si constata che la composizione percentuale della terra rossa non può essere spiegata tanto facilmente come prodotti di disgregazione delle rocce carsiche. Se si considera inoltre che la terra rossa è depositata in grossi strati in luoghi dove non vi poteva giungere per effetto dell'acqua bisogna constatare che l'opinione di Zippe anche se ritenuta generalmente valida dai geologi contemporanei non è del tutto accettabile. Concordo con i molti profondi conoscitori del Carso nell'affermare che non si è ancora trovata una spiegazione esauriente per la formazione della terra rossa. Comunque il "Terrano" deve proprio alla terra rossa il suo notevole contenuto di ferro ed il suo bouquet aromatico.
            Le caratteristiche fisiche e la composizione chimica del terreno hanno senza dubbio un notevole influsso sulle qualità e quantità del vino da esso prodotto. Anche se noi oggi non possiamo trarre alcuna conclusione dall'analisi chimica o fisica del terreno quanto alla loro incidenza sulla qualità del vino ciò risulta invece entro certi limiti possibile per la quantità. Perciò ho ritenuto necessario malgrado gli eccellenti studi del prof. A. Vierthaler   effettuare ulteriori analisi chimiche dei terra rossa coltivata nel Carso e soprattutto appartenente a quei terreni di cui si sono analizzati anche i vini. Perciò sono stati prelevati campioni di terra in 11 zone diverse del Carso; questi campioni sono stati poi esaminati dal dott. F. Wohack assistente dell'i.r. Istituto sperimentale chimico-agrario di Gorizia. Anche in questa sede desidero ringraziarlo sentitamente per il faticoso lavoro da lui svolto.
            Dalle analisi della terra rossa eseguite da Vierthaler e Wohack risulta che la terra rossa deposita sulle pietre calcaree è una terra povera di calcio e ricca di acido silicico di argilla e di ossido di ferro e che pertanto deve essere classificata come terreno argilloso fortemente ferruginoso.
            Questi terreni vanno classificati allo stesso tempo tra quelli poveri di acido fosforico e di potassio. Tutti i terreni di cui sono stati esaminati dei campioni di terra devono essere concimati con acido fosforico e potassio per avere dai vigneti il massimo rendimento. Gli esperimenti di concimazione eseguiti in Carso dall'i.r. Istituto sperimentale chimico-agrario di Gorizia hanno raggiunto i risultati migliori proprio con l'impiego di fosfati e sali di potassio.

 

LA VITE DEL "TERRANO"     

            La regina delle uve friulane l'uva del "Refosco" che produce da un lato l'eccellente vino friulano e dall'altro il "Terrano Istriano" proviene dallo stesso vitigno che produce il nostro "Terrano del Carso". I numerosi vini esistenti nelle varie zone di produzione e derivanti da uve di "Refosco" hanno fatto credere che esistessero vari tipi di  vite di "Refosco". Si parla in particolare di un:

  •             1. "Refosco friulano"

  •             2. "Refosco istriano"

  •             3. e di "Refosco carsico".

            Non c'è alcun dubbio che le uve "Refosco" coltivate in queste tre zone provengono dalla stessa vite e che le differenze che si riscontrano nei vini da loro prodotti sono dovuti alla diversa situazione orografica e climatica ed ai diversi metodi di vinificazione. R. Dolenc vero conoscitore delle caratteristiche della nostra agricoltura mi scrive: "Per quanto ne sappia esiste un unico "Refosco". Quello del Carso quello istriano e quelle friulano sono tutti e tre delle stessa specie e si distinguono soltanto per la qualità dei vini. In Carso infatti le condizioni climatiche sono tali che la somma calorica di queste zone è appena sufficiente a portare a maturazione uve di "Refosco" altrimenti premature che in questo modo forniscono quel vino tipicamente acidulo chiamato "Terrano". Ogni vero "Terrano dove avere notoriamente anche una schiuma rossa. In Istria e nella valle del Vipacco la somma calorica è molto più elevata per questo motivo il grado di maturazione delle uve "Refosco" è maggiore il che provoca una diminuzione dell'acidità ed un aumento del sapore dolce soprattutto quando come d'uso si secca l'uva artificialmente. Nella pianura friulana le condizioni climatiche sono tali che le uve "Refosco" raggiungono la maturazione ad un grado intermedio tra quelle istriane e quelle del Carso perciò anche il vino "Refosco" risulta migliore di quello del Carso (intendo migliore nella composizione chimica ma non secondo i dettami del gusto locale) pur non raggiungendo il livello di quello istriano.
           Non posso non ricordare che sul carattere specifico del "Terrano del Carso" deve influire anche il tipo di terra di queste zone cioò l'argilla rossa da cui anche il nome italiano di "Terrano" da terra terre."
            Posso solamente dichiararmi d'accordo con quanto affermato dal sig. R. Dolanc per quanto riguarda la derivazione del nome "Terrano" (Terran) dall'italiano "terra" devo suggerire la possibilità che il nome derivi dallo sloveno. I luoghi si produzione del "Terrano" sono territori sloveni e non è improbabile che la derivazione del nome sia appunto slovena da "rani" - il prematuro tanto più che le viti "Refosco" sono considerate specie premature. Esistono due varietà di vite "Refosco". Una a stelo rosso ed una a stelo verde. La prima è considerata la più nobile ed è un po' più frequente sul Carso. Questa specie altrimenti più rara presenta acini rotondi e più dolce e matura prima rispetto alla seconda. Nella maggior parte dei casi si riscontrano piante di "Refosco" a stelo verde mescolate ad alcune a stelo rosso.
            Nel Carso le viti di "Refosco" sono spesso coltivate a pergola meno frequentemente a ghirlanda. Talvolta ci sono vere e proprie vigne e negli ultimi tempi anche a filari. Questi due ultimi metodi si applicano con viti innestate su portinnesti americani in prevalenza della specie "Riparia".
            Nel tipo di coltivazione a pergola si trovano molto spesso viti vecchissime. Non sono rare infatti viti di 50-60 anni e quasi ovunque nel Carso si possono trovare una o più viti centenarie. Una vera attrazione è la vite di "Refosco" di Andrej Kante di 100 anni a Velikidol presso Comeno il cui tronco misurato vicino al terreno ha un diametro di 2 metri e 25 cm. Questa vite produce annualmente da 3 a 4 ettolitri di vino "Terrano" !

 

LA PREPARAZIONE DEL VINO "TERRANO"    
            La produzione del vino "Terrano" è quasi tutta nelle mani dei piccoli contadini. Sono rar