vigneto Friuli

Refosco più antico del Picolit

Era coltivato a Buttrio due secoli prima
La ricerca di Leda Dorigo-Viani presentata a villa Giacomelli-Savoia

"Il regale Picolit e il nobile Refosco –scrive Mario BLASONI –(1) vanno a braccetto nel maxivolume di Leda Dorigo-Viani "L'anima di un mondo e di un vino" edito da Chiandetti e tenuto a battesimo alla sua uscita nelle sale di villa Giacomelli-Savoia già Caimo Dragoni a Lovaria ospite impeccabile il ragionier Guido Savoia. I vini quindi sono due ma il loro mondo è unico: è quello degli otto comuni (Buttrio Chopris-Viscone Corno di Rosazzo Manzano Pavia di Udine Pradamano Premariacco e San Giovanni al Natisone) aderenti al progetto Noi Cultura che hanno promosso la pubblicazione del libro.
La vera "anima»" è comunque il Picolit vitigno autoctono conosciuto probabilmente fin da epoche lontane e documentato in Friuli solo nel 1682. Il primo a coltivarlo in modo razionale nel Settecento fu il conte Fabio Asquini «per ironia della sorte astemio»; ma nella ricerca di Leda Dorigo-Viani compaiono i nomi di altri nobili tra i quali Ludovico Bertoli Antonio Bartolini Giacomo Caimo Dragoni e Silverio de Baguer (quest'ultimo a Castel Dobra oggi in Slovenia) che hanno contribuito a incrementarne e migliorarne la produzione. L'autrice - friulana di Buttrio insegnante da poco in pensione e appassionata di ricerche toponomastiche - ha scoperto una vera perla d'archivio un documento della famiglia de Portis del 1699: è l'attestazione più antica del luogo di coltivazione del Picolit appunto le colline di Buttrio. La nobiltà friulana del Sette-Ottocento - osserva nella prefazione Roberta Corbellini - si qualificava mandando bottiglie ben imballate in giro per il mondo (soprattutto a Venezia Vienna Roma): il vino pregiato infatti era un autorevole biglietto da visita per entrare nei prestigiosi salotti dell'aristocrazia che contava.
Rosazzo e Brazzano di Cormons sono altre località di spicco nella geografia del re dei vini friulani come confermano le lettere - intercorse tra i Florio i Dragoni i Bartolini e altri nobili vinicoltori - che l'autrice ha scovato tra i documenti delle varie famiglie talvolta imparentate tra loro. Questi brani di prosa un po' aulica e un po' confidenziale schiudono al lettore un'affascinante "tranche de vie". Ma vi sono anche capitoli dedicati alle antiche tecniche di lavorazione del vino ai sistemi di conservazione alle malattie delle viti e ai metodi di cura ottocenteschi ai contratti e ai calendari agricoli. I ritmi della vita contadina si intrecciano così con quelli degli ambienti aristocratici mettendo a confronto due mondi antitetici ma in questo caso complementari.
Non mancano gli elogi del Picolit da parte di poeti e scrittori a cominciare da Carlo Goldoni che ne parla in termini lusinghieri nelle sue Memorie. E c'è uno sponsor d'eccezione l'economista Antonio Zanon che ha contribuito a far conoscere in Europa il Picolit fagagnese del suo amico Asquini ma anche quello di Buttrio e Rosazzo.
Non dimentichiamo infine l'altro vino il "fratello" Refosco. La presenza sui ronchi di Buttrio di questo vitigno «nato forse tra Carso e Istria» è attestata fin dal 1467 ben 232 anni prima del Picolit. Al quale secondo alcuni il Refosco non sarebbe inferiore. Un frizzante raffronto –conclude BLASONI- si può trovare nei versi della Canzone anacreontica scritta nel 1767 da Daniele Florio: «...Del vecchio Picolito/ la turgida bottiglia/ quanto al Tokai sommiglia/ nel gusto e nel sapor./ Né forse è men gradito/ il suo fratel Refosco / se di color più fosco/ più forte è di vigor»."

(1) : MARIO BLASONI IL MESSAGGERO VENETO-Agricoltura- 31.12.2002