vigneto Friuli

TOCAI : LA SENTENZA DIMENTICATA
E' quella relativa alla causa di 40 anni fa fra l'ungherese
Monimpex ed i Baroni Economo di Aquileia nell'uso del nome.
Sentenza 5/6 dd. 27.7.59 Corte d'Appello di Trieste
di Claudio fabbro

Il pensiero corre inesorabilmente ad un documento importante archiviato e dimenticato ma - almeno non risulta - legalmente cancellato: la sentenza con cui i Baroni Economo di Aquileia vinsero la causa - sull'uso del nome Tocai - contro di loro intentata dalla Ditta Monimpex di Budapest.
Anche per risparmiare al lettore un riesame di tale documento così come redatto nel più crudo ed incomprensibile linguaggio "burocratese" che caratterizza una sentenza (provvedimento notoriamente di grande peso e riferimento per contenziosi futuri) è più scorrevole e generalmente comprensibile il commento curato a suo tempo da un autorevole addetto ai lavori nonchè penna raffinata. Ci riferiamo al dott. Ferruccio Costantini Segretario di Redazione del bimestrale di Tecnica ed Economia Agricola "TERRA FRIULANA" (Udine) che alla causa "Economo-Monimpex" dedicò uno "speciale" sul n° 5 (Anno IV - Settembre-Ottobre 1959) del periodico intitolandolo "L'avventura del Tokai".

"Un giorno alquanto lontano - esordì Costantini - nella sala delle degustazioni della Scuola di Enologia di Conegliano gli studenti friulani ebbero una sorpresa che li rese ancor più orgogliosi d'un eccellente prodotto della lor terra. Il loro direttore il professor Dalmasso nel mezzo della tavolata a ferro di cavallo alzava contro la luce delle finestre un bicchierino giallino per il contenuto la traguardava lo annusava lo assaporava a brevi tratti compiva insomma quella delicata ricerca che va compediata in tre parole; colore-sapore-nitore. E poi prese a parlare a scatti preciso rapido essenziale com'era suo stile".

"Come lor signori hanno potuto constatare i due vini sono ben diversi. Hanno però lo stesso nome. Il primo è ungherese. Hanno visto ch'è colore giallo intenso liquoroso. L'analisi ci dirà che l'alcole sarà sui tredici gradi. Forse li sorpassa in questo campione". Il maestro adesso alzava contro la luce i due bicchierini. Gli studenti ripetevano il gesto mentre masticavano fettine di pane per dissaporare il palato.
"Confrontino signori. Son due vini diversi. Di colore. Di sapore. Quest'ultimo il Tokai friulano ha profumo meno intenso dell'omonimo ungarico ma pur gradevole direi più delicato. E' paglierino mentre l'altro è carico; è di sapore asciutto rotondo caldo tipicamente amarognolo quando invece lo straniero è dolciastro ed è armonico.....
Gli studenti si passavano il vassoio con le fettine di pane e riempivano i bicchierini minuscoli del vino nostrano. Il maestro guardava quei giovanetti sui quali spuntavano le prime barbe con occhio serio ma benevolo e proseguiva la sua lezione dicendo che il Tocai friulano a differenza dell'omonino ungherese è un vino eccellente da consumarsi nell'anno o appena invecchiato buono per gli antipasti per le minestre per pesce lesso per le carni in bianco quanto l'ungherese è da fine pasto da «dessert». Poi disse che in Friuli ove si produce in maggiore quantità lo si usa molto fuori pasto specialmente quale aperitivo. E soggiungeva:
"Quanto all'omonimia dei nomi ne parleremo in classe. Per ora vi basti sapere che i due vini son prodotti da due vitigni diversi che della coltivazione del Tokai friulano si ha notizia fin dal 1771 e che da tempo immemorabile il vino è sempre stato chiamato così".
Gli studenti friulani hanno sempre chiamato e sentito chiamare Tocai il loro vino a Venezia a Treviso a Gorizia a Udine ove nelle varie taverne lo sorseggiano e lo offrono un po' orgogliosi all'amico forestiero. E così lo chiamavano i loro padri e così i loro nonni. Mai nessun contrasto mai nessuna confusione con quello dello stesso nome ungherese. E quanti sono non dico in Friuli ma nell'intera penisola che cononoscono di fatto l'omonimo liquoroso d'oltralpe?"
Esaurito l'anneddoto Costantini passò ad analizzare la sentenza "Monimpex-Economo" osservando che
"Nessun contrasto fin all'Estate dello scorso anno (1958) quando la società per il commercio con l'estero"Monimpex-Economo" con sede a Budapest citava in giudizio i Baroni Economo per aver posto in commercio bottiglie di vino con la denominazione di Tokai. Il Tribunale dichiarava illegittimo l'uso fatto dal Barone Economo e lo condannava al pagamento delle spese. Ma il barone Economo si appellava. La sentenza del 5 Giugno 1959 meriterebbe d'esser riportata per intero tanto essa è ben circostanziata minuta dotta. Ma ci porterebbe via troppo spazio tanto essa è lunga. Cercheremo di riassumerla il meglio possibile destreggiadoci tra le molte citazioni fatte dall'una parte e dell'altra tra i Paracelso i Voltaire Heine Parini Ghoete Schubert e i nostrani Zanon Zorutti Poggi ed altri.
Ricorrendo contro la prima sentenza il rappresentante dei Baroni Economo osserva:

  • I° - i vitigni coltivati nella loro azienda d'Aquileia son derivati da quelli che da più d'un secolo si coltivano in Friuli col nome di Tokai;

  • II° - Il vino che danno questi vitigni è ben diverso inconfondibile addirittura con quello ungherese;

  • III° - le etichette delle bottiglie smerciate dal barone Economo portano si la denominazione di Tokai ma indicano anche con chiarezza l'origine del vino il cui nome si usa da tempo immemorabile non solo nel Friuli ma pure nelle province di Venezia e Treviso;

  • IV° - l'origine del nome è certamente incerta però nel comune di S. Lorenzo di Mossa esistono un ruscello e certi terreni denominati Toccai e nella valle del Vipacco comune di Lokavec un gruppo di casolari è denominato da tempo assai lontano Tokay come pure a Corno di Rosazzo esiste un rio con tale nome.

Il rappresentante della Monimpex risponde:

  • I° - esiste sì nel comune di S. Lorenzo di Mossa un ruscello che in una mappa del 1865 è denominato Toccai ma questi da 50 anni circa è chiamato Cristinizza;

  • II° - la denominazione delle casse sparse nella valle del Vipacco non è stata sfruttata per tipo di vino;

  • III° - la denominazione ungherese Tokay costituisce una denominazione di origine e come tale è protetta dall'art. 3 bis dell'accordo di Madrid del 1891 successivamente modificato e reso esecutivo in Italia con D.P.R. n° 865 il 12 Giugno 1950;

  • IV° - la denominazione di "Tokay" è protetta dalle norme legislative italiane repressive della concorrenza sleale;

  • VI° - il pre uso del nome Tokai per il vino ungherese è testimoniato da Paracelso Parini Voltaire Heine Ghoete Schubert Anatole France Gautier ed altri che hanno detto le lodi di tale vino.

La Corte d'Appello contraddicendo la sentenza di primo grado trova per cosa inapplicabile l'accordo di Madrid osservando che lo stesso nella sia edizione del 1925 fu ratificato dall'Ungheria nel 1934 ma la successive modifica fatta a Londra nel 1934 non risulta del pari ratificata dallo sSato magiaro. I primi giudici continua la sentenza hanno affermato che il trattato in vigore al cui rispetto sono vincolate l'Italia e l'Ungheria è quello del 1925 il quale però non risulta acquisito nell'ordinamento giuridico italiano perchè mai ratificato e che come tale non è neppure conosciuto nel suo testo onde appare arbitrario e comunque insicuro ogni rapporto di esso con la legge ungherese. Tuttavia afferma la Corte d'Appello la causa non potrebbe giammai esser decisa in base all'accordo di Madrid perchè l'oggetto di esso è rappresentato dall'intenzione di reprimere le false indicazioni di provenienza delle merci trova la sua pattuita tutela nel divieto di esportazione e nel sequestro. D'altra parte la "Monimpex" non afferma che sia stato registrato al Burreau international di Berna il marchio Tokai destinato a distinguere specificatamente i vini prodotti nella regione ungherese omonima.
Circa le fonti letterarie citate dalla Monimpex la Corte le ritiene estremamente generiche e tali almeno da equivalere a quelle prodotte dalla parte avversa e cioè dello Zanon (1696-1770) delle poesie di Pietro Zorutti (1867) ed a quelle di A. Fappani nel "Saggio storico della letteratura trevigiana" (1771).
D'altra parte ancora osserva la Corte la denominazione "Tokai" risulta impiegata per il vino friulano dal dottor Guido Poggi Ispettore agrario compartimentale nel suo "Atlante ampelografico del Friuli" nel 1939 ; nella "Fiera di Udine" del 1883 e 1865; in sede di analisi dei vini genuini della provincia di Udine e di Venezia del 1912 1913 e di Rovigo del 1910 giusto estratto autentico degli Annali della Cantina sperimentale agraria di Udine pubblicato nel 1898; dal "Laboratorio di Chimica agraria" di Udine nei suoi Annali dal 1909 al 1914. Ma va anche tenuto presente che nel 1948 alla sessione ufficiale plenaria del 20 21 e 22 luglio a Parigi per l'"Etablissement d'un inventaire accompagné d'un catalogue des vins à l'appellation d'origine" l'Ungheria indicava cinque tipi di Tokai e l'Italia il "Tocai friulano e di Lison" usando così senza contrasti entrambe e col rispettivo almeno tacito assenso l'unico nome dalla stessa assonanza.
La sentenza d'appello prosegue osservando che la "Monimpex" avrebbe dovuto provare in concreto non solo l'uso da parte sua in Italia ed in particolare nel Friuli della denominazione Tokai per il proprio vino ma l'uso legittimo di esso nonchè circostanza decisiva il diritto all'uso esclusivo del nome sia in forma d'un presunto (e pur discutibile) pre uso. Ma in Italia contrariamente a quanto avvenuto in Ungheria non esiste una norma legislativa che sancisca tale situazione privilegiata per il Tokai ungherese nè ha vigore un trattato internazionale che vincolando l'Italia ad un riconoscimento del genere sia stato recepito nel nostro ordinamento con legge di ratifica. Cosa questa che è avvenuta invece nel caso del vino di Porto al quale la giustizia italiana ha accordato protezione e come contropartita il Portogallo accorda tutela alla denominazione Marsala e Vermut.
La Corte d'Appello osserva che mancando l'illeggittimità dell'uso non si versa in concorrenza sleale nè vi è la possibilità di confusione tra l'ungherese Tokai e l'omonimo friulano sia per le differenti diciture (Tokai Szamorodni) sulle bottiglie ungheresi e solo "Tocai" sotto lo stemma araldico su quelle del barone Economo) sia per la diversità di gradazione di gusto ed altre caratteristiche.
Da qui il rigetto delle richieste della società "Monimpex" e la condanna al pagamento delle spese processuali".
Così concluse Costantini: "là a Conegliano gli studenti di enologia tra i quali ogni anno vi sono rappresentanti friulani possono continuare a scoprire (o riscoprire) tra una fettina di pane e l'altra le buone doti d'un prodotto della loro terra ben certi che il nome che gli si voleva contestare non è arbitrario non fu messo artatamente ma fu imposto al tempo dei nostri bisnonni".

"LA SENTENZA DIMENTICATA"
TOCAI FRIULANO – TOKAJI UNGHERESE

Corte di Cassazione 30 aprile 1962
1659/62
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE


Composta dai sigg. Magistrati
VERZI Dott. Giuseppe - Pres. -
ROSSANO " Michele - Cons. -
DI MAIO " Carlo - " -
FRESA " Mario - " -
D'ARMIENTO " Gaetano - " -
IANNUZZI " Angelo - " -
SPAGNOLETTI " Luigi - " -
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto dalla

"MONIMPEX" Società ungherese per il commercio estero in persona dei suoi legali rappresentanti Sigg. Aladar Varbelyi e Istavan Kovacs domic. collett.te in Roma Via Nizza 45 presso l'avv. Ferruccio Carboni rappresentata e difesa dall'avv. Carlo Buzzi Langhi in virtù di procura speciale 23.9.1959 per dr. Joszef Katona notaio in Budapest debitamente legalizzata dalla Legazione d'Italia in Budapest con successiva procura speciale 10.4.1962 per dr. Katona notaio in Budapest debitamente legalizzata dalla Legazione d'Italia in Budapest rappresentata e difesa anche dall'avv. Rosario Nicolò ricorrente

contro
ECONOMO Guglielmina ECONOMO Giovanni ECONOMO Cristina in Sellern ECONOMO Gabriella e ECONOMO Carolina tutti dom.ti elett.te in Roma Via Arcione 71 presso l'avv. Giuseppe Montesano li rappresenta e difende in virtù di delega in calce al controricorso e con successiva procura speciale 2.12.1960 per dr. Froglia notaio in Trieste rappresentati e difesi anche dall'avv. Alberto Asquini

controricorrenti
per l'annullamento della sentenza 5/6 - 27/7/1959 della Corte di Appello di Trieste.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30 aprile 1962 dal sig. Consigliere dr. Di Majo;
Uditi gli avv.ti Nicolò Carboni (per delega dell'avv. Buzzi Langhi) e Asquini;
Udito il P.M. Sost.Proc.Gen. dr. Cutrupia che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 2 ottobre 1956 la soc. Monimpex società ungherese per il commercio estero con sede in Budapest premesso che Economo le aveva posto in commercio sotto la denominazione "Tokai" un vino prodotto nelle sue tenute di Aquileia nel Friuli che tale denominazione usata dall'Economo era illecita perchè spettava al noto vino ungherese prodotto nelle regione omonima e perchè era atta a creare confusione con il Tokai della regione stessa che pertanto l'Economo aveva violato le norme interne ed internazionali che tutelano i nomi di origine dei prodotti ed aveva compiuto atti di concorrenza sleale conveniva dinanzi al Tribunale di Trieste Economo Guglielmo Giovanni Cristina Gabriella e Carolina eredi di Economo Leo chiedendo che venisse dichiarata illecita la denominazione sopra usata con i provvedimenti conseguenziali anche in ordine ai danni. I convenuti eccepivano che nel Friuli come nelle terre contermini del Veneto e del Trevigiano da tempo remotissimo veniva prodotto un vino da pasto chiamato generalmente ed indisturbatamente "Tokaj o Tokai".
Il tribunale accoglieva le proposte domande sotto il profilo della concorrenza sleale.

Appellavano gli Economo
Interveniva in causa il Pubblico Ministero il quale concludeva per il rigetto delle domande della Monimpex.
La Corte di Appello di Trieste in totale riforma della decisione di primo grado con la sentenza ora impugnata del 27 luglio 1959 ha respinto le domande proposte dalla Monimpex.
Ricorre detta società ungherese con otto mezzi di annullamento a cui resistono gli eredi Economo con controricorso.

IL DIRITTO
Con il primo mezzo la ricorrente società Monimpex si duole che la Corte del merito abbia ritenuto inapplicabili al caso le norme dell'accordo di Madrid del 1891 sulla soppressione delle false indicazioni di convenienza delle merci.
La censura non coglie nel segno.
L'accordo di Madrid del 1892 nel suo testo revisionato a Londra il 2 giugno 1934 ha avuto vigore in Italia col D.P. 12.6.1950 n. 865 che lo ha reso esecutivo.
Detto accordo è inteso a reprimere le false indicazioni di origine o di provenienza dei prodotti ed esclude dalla sua protezione giuridica i nomi di località o regione caduti in dominio pubblico che a seguito della generalizzazione dell'uso hanno perduto l'attitudine a caratterizzare il prodotto e quindi costituire atto di concorrenza sleale. Per quanto attiene invece ai prodotti vinicoli è stabilito (art. 4) che l'uso delle denominazioni regionali per prodotti vinicoli diversi per origine e provenienza da quelli della specifica denominazione costituisce sempre indipendentemente dalla confondibilità dei prodotti atto di concorrenza sleale per la possibilità della confusione dei nomi sicchè ai fini della tutela giuridica è attribuita alle denominazioni di origine e provenienza dei prodotti vinicoli sostanziale carattere di esclusiva (conf.sent.n. 1382/60). Ora anche a voler ritenere secondo la tesi della ricorrente che Italia e Ungheria siano vincolate al cennato accordo di Madrid del 1891 (avendo l'Ungheria aderito all'accordo del 1934 sulla base del testo revisionato all'Aja del 1925) consegue pur sempre la ritenuta inapplicabilità nel caso delle accennate norme. Poichè mirando queste come leggesi nella intestazione di quello strumento sostanzialmente a "la repression des fauseses indications de provenence sur la marchandise" si presuppone ovviamente in ogni caso che venga usata una falsa indicazione in modo diretto o indiretto di provenienza di un determinato prodotto. Falsità che non può sicuramente ipotizzarsi nella fattispecie concreta essendo certo un punto di fatto come diffusamente hanno spiegato i giudici del merito l'uso contemporaneo pacifico e indisturbato da secoli delle due denominazioni Tokaj in Ungheria (per il vino dolce da dessert) e Tocaj o Tokay in Italia (per il vino secco da pasto prodotto in Friuli e nelle zone finitime).
Al riguardo la Corte di appello ha posto in risalto come a seguito della istituzione a Parigi nel 1924 de l'"Office international du Vin" Italia e Ungheria parteciparono ufficialmente ai lavori del predetto Ufficio tanto che i due Stati - giusta la documentazione risultante dal relativo bollettino n. 210 dell'agosto 48 indicarono l'Ungheria tra gli altri vini come nomi di origine controllati cinque tipi di Tokai variamente specificati l'Italia tra gli altri vini superiori il "Tocai Friulano o di Lison" impiegando così le due nazioni senza contrasti lo stesso nome (comuque scritto ma di un'unica assonanza).
Quindi niuna ipotesi configurabile di atto illecito commesso in Italia per falsa indicazione della denominazione del vino friulano posto in vendita dagli Economo; ipotesi ripetesi che solo avrebbe potuto legittimare sia pure con la più ampia estensione delle norme dell'Arrangement de Madrid al rapporto privato dedotto in giudizio l'applicabilità delle norme stesse a detto rapporto (e non può qui certo disconoscersi che anche lo staniero può invocare dai nostri tribunali la tutela delle norme di diritto interno emanato dallo Stato in relazione ad atti di diritto internazionale al fine di ottenere la repressione dello illecito che assume commesso in Italia a suo danno).
Ed esclusa perciò la applicabilità al caso di specie della convenzione di Madrid a ragione la Corte triestina ha esaminato la cosa sotto il profilo della concorrenza sleale quale disciplinata dall'art. 2598 n. 1 e 3 cod. civile in conformità del resto alla domanda dell'odierno ricorrente che lamentava essenzialmente l'uso illecito (quanto meno per colpa) da parte degli Economo del nome "Tokay" sotto il profilo della confondibilità dei prodotti e della correttezza commerciale.
E a tale aspetto assorbente della controversia sono infatti dedicati gli altri mezzi del ricorso i quali per la loro stretta connessione possono essere quindi esaminati congiuntamente.
Si dice dalla ricorrente (e le censure si ripetono sotto varie formulazioni dal secondo al sesto motivo del ricorso) che la corte del merito trattando della denunciata concorrenza sleale inutilmente si è soffermata a dimostrare che essa Monimpex non poteva avvalersi delle disposizioni di carattere internazionale o intorno al tema di brevetti per marchi di impresa quando era pacifico in causa che entrambe le pretesi delle parti si fondavano su meri marchi di fatto per cui si sarebbe solo dovuto considerare sul piano della concorrenza la caratteristica e la funzione di marchio di fatto della denominazione geografica "Tokay" per la priorità dell'uso invalso ed incessante da secoli e secoli di contraddistinguere con la denominazione stessa con smercio in Italia i vini originali provenienti dalla omonima regione dell'Ungheria (sul quale punto erano state dedotte specifiche prove ingiustamente respinte dalla Corte di appello). In ordine a queste censure è da rilevare che se come dice la ricorrente la Corte triestina si è attardata in considerazioni ultronee inutilmente le censure stesse si rivolgono contro tali argomentazioni adottate ad abundantiam essendo principio ben noto che le considerazioni ultronee eventualmente contenute nella motivazione ma senza riflesso alcuni sul dispositivo anche se il giudizio di merito sia incorso in inesattezze ed errori giuridici non giustificavano la cassazione della sentenza bastando i soli argomenti correnti e non censurabili a sorreggere la sentenza medesima (sent. 3456/59; 2223/60).
Ora alla stregua di tale principio è da rilevare che la Corte di appello a sostegno della adottata decisione nel portare il suo esame sui termini essenziali della vertenza (concernente una domanda di concorrenza sleale per confusione tra i prodotti) ha premesso che l'antico uso del nome Tokay per il noto vino da dessert prodotto in Ungheria era pacifico come altrettanto pacifico era l'uso autonomo secolare del nome Tokay per il vino da pasto friulano (legato ai toponimi locali) e che pertanto tutto ciò rendeva superflua la richiesta prova. E da qui la Corte stessa ha aggiunto che indiscusso l'antico uso del nome Tokay sia da parte dei produttori ungheresi che quelli italiani ed esclusa una situazione di privilegio sia pure di carattere formale del nome Tokay in Italia per primi ciascuno di detti prodotti avesse la facoltà di continuare a godere dell'uso stesso che era stato sempre compiuto con l'animo di esercitare il proprio diritto onde esattamente i giudici di appello hanno avvertito che su tali premesse non si sarebbe potuto trarre ragionevolmente una questione di prezzo a favore della Monimpex ai sensi dello art. 2571 c.c. ma soltanto di confondibilità di prodotti sotto il profilo della concorrenza sleale ex art. 2598 c.c.
A tal fine la Corte di merito ha osservato che il Tokay ungherese e il Tokay friulano non erano confondibili perchè tanto la Monimpex quanto gli Economo avevano avuto cura di specificare nella loro etichetta in aggiunta alla denominazione "Tokai" ulteriori particolari caratteristiche denominazioni e perchè i due vini tanto diversi tra loro per il gusto la gradazione ed altre caratteristiche non comuni sono destinati a categorie diverse di consumatori e comunque anche se si potesse ritenere comune per entrambi i vini lo stesso unico gruppo di consumatori un conoscitore non potrebbe mai essere ingannato ricevendo al posto di vino ungherese Tokay da dessert il vino friulano Tokai da pasto.
La Corte ha poi escluso che agli Economo potesse imputarsi scorrettezza commerciale perchè essi esercitando il loro diritto non avevano leso il diritto della Monimpex dato il consistente diritto degli uni e dell'altra di usare la denominazione "Tokai" per i loro vini ed ha escluso il dolo o la colpa nella pretesa concorrenza sleale ribadendo che la denominazione "Tokai" per il vino friulano era usata oltre che da tecnici ed uffici specializzati anche nella terminologia ufficiale ed inoltre tale nome come già detto innanzi era stato usato in sede qualificata internazionale sia da parte italiana che da parte ungherese e l'uso era stato accettato senza rispettive obiezioni. Contro questa parte centrale e decisiva della questione si appuntano le ulteriori censure (settimo ed ottavo mezzo) del ricorso. Ma anche queste non riescono a scuotere la impugnata decisione. E' da premettere in proposito che il problema una volta accertata la legittimità dell'uso del nome Tokai da parte degli Economo quali produttori friulani doveva essere circoscritto come lo è stato a quella della confondibilità dei segni distintivi dei prodotti e della correttezza professionale secondo le specifiche previsioni dell'art. 2528 n. 1 e 3 c.c.
In relazione al primo aspetto non si dubita come ha esattamente ricordato la difesa dei resistenti che la confondibilità dei prodotti presuppone che questi vengano presentati al pubblico con i nomi segni distintivi o confezioni tra loro a tal punto somiglianti da indurre in equivoco i consumatori.
Ed alla stregua di un credito generale desunto dalla comune esperienza per giudicare dalla possibilità di confusione tra prodotti concorrenti ai fini dell'accertamento della concorrenza sleale si deve compiere più che un esame analitico un esame sintetico dei prodotti stessi con speciale riguardo alla impressione che il loro aspetto complessivo può provocare presso il pubblico di media diligenza e avvedutezza (3064/57; 1084/59). Il che è stato fatto dalla Corte di merito la quale ha escluso nella specie ogni possibilità di confusione tra il vino ungherese e quello friulano degli Economo dopo aver posto in evidenza con riguardo al consumatore medio che mentre l'etichetta della Monimpex oltre ad altre indicazioni portava a carattere marcato la dicitura "Tokai Szamorodny" in quella degli Economo pur leggendosi sotto lo stemma araldico la sola parola Tokay in corsivo ben evidente tuttavia si legge altresì con altrettanta se non graficamente uguale evidenza l'esatta indicazione del luogo di produzione in "Aquileia". Giudizio quindi di mero fatto congruamente motivato sulla confondibilità e meno del prodotto ed il giudizio stesso come tale non può quindi essere sindacato da questo Supremo Collegio.
Nè per le stesse ragioni può essere sindacato l'analogo giudizio della Corte di merito sotto il profilo della correttezza professionale avendo anche su questo punto la Corte stessa escluso con motivato apprezzamento di cui poco innanzi si è fatto cenno che il comportamento complessivo degli Economo potesse dirsi comunque non conforme alle oneste regole del commercio.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato e al rigetto conseguono la perdita del deposito e la condanna alle spese.

P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso della Società Monimpex di Budapest contro la sentenza 27 luglio 1959 della Corte di appello di Trieste e condanna la ricorrente alla perdita del deposito nonchè al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate a favore degli eredi di cassazione liquidate a favore degli eredi Economo in lire 72.980 oltre lire 150.000.- per onorario difensivo.

Così deciso il 30 aprile 1962 in Camera di Consiglio
F.ti Verzi-Rossano-Di Majo-Fresa-D'Armiento-Iannuzzi-Spagnoletti.
Il Cancelliere F.to Navazio.
Dep. in canc. oggi 27 giu.1960 il Canc. F.to Navazio Reg. a Roma il 14.7.62 n. 723 vol. 685 atti giud. esatte £. 12.080 da Asquini.
Il Direttore F.to Jaschi.