vigneto Friuli

Rivignano 26 marzo 2004-03-29

IL VIGNETO FRIULI AL BIVIO

Fra il fascino dei vitigni autoctoni e la realtà di quelli universali
Serata a tema “AL FERARUT” organizzata dal GRUPPO CULTURALE BASSO FRIULI
 

La viticoltura friulana fra tradizione e progresso ovvero fra nostalgici amarcord e leggi di mercato.
E' stato questo infine il filo conduttore di una serata tematica  che il GRUPPO CULTURALE  BASSO FRIULI guidato dai sommeliers Enzo ZATTI e Alberto TONIZZO  ha organizzato presso il FERARUT di Rivignano nella serata del 26 marzo scorso.
In apertura dei lavori al dr. Claudio FABBRO agronomo enologo e giornalista è stato affidato il compito di rivisitare -avvalendosi di inedite suggestioni informatiche- le origini della vitivinicoltura friulana soffermandosi in modo  particolare sul periodo del cosiddetto rinascimento dagli anni '70 in poi.
E' stato proprio in quegli anni -ha ricordato FABBRO- che i produttori hanno iniziato progressivamente a pensare alla qualità rinnovando i vigneti e preferendo nella riconversione varietale vitigni non a base aromatica ma universali ben acclimatati .
Pinot grigio Sauvignon blanc Chardonnay e Cabernet sauvignon hanno portato in alto –purtroppo a scapito di Tocai e  Merlot l'immagine del VIGNETO FRIULI.
Solo una decina di anni fa è ripartita la controtendenza in cui si è pensato a riproporre gli uvaggi del territorio insieme a taluni autoctoni importanti quali Ribolla gialla Refosco e Pignolo.
Il futuro prossimo vedrà sicuramente una ripresa del Tocai e del Merlot finalmente riqualificati da VINI DA BATTAGLIA a grandi VINI DA BOTTIGLIA.
 E' seguita una serata enoguidata con grande maestria dal giornalista GIANPIERO RORATO direttore della rivista specializzata SAPORI D'ITALIA di Treviso nel corso della quale l'esperto ha presentato   gli abbinamenti i vini ed i produttori.
Dopo l'esordio con l'uvaggio bianco PLOE DI STELIS dell'azienda IL RONCAL di Spessa di Cividale è stata la volta del TOCAI ANNIA  Bortolusso di Carlino.
A seguire raccontato dal vignaiolo emergente dell'Istria CORONICA una grande MALVAZIJA ISTARSKA; poi  Ribolla gialla Collio di Matijaz Tercic di S.Floriano il francese SANCERRE “ FOURNIER”-VIELLEIS VIGNES-Verdigny il Refosco Aquileia di Beltrame(Bagnaria Arsa) ed in chiusura il PASSITO DI SALINA delle Cantine Colosi ovvero una deliziosa MALVASIA DELLE LIPARI.
Il tutto riunito dal GRUPPO CULTURALE in un simpatico libretto distribuito ai presenti.
Un grande applauso- proposto dal Presidente regionale della stampa agricola(ARGA) Carlo Morandini che ha tratto le conclusioni dell'incontro-  ha salutato in chiusura l'intero staff di cucina ( nella foto con organizzatori   relatori e produttori) del FERARUT che sotto la guida del giovane Alberto TONIZZO si è davvero superato nell'occasione riconfermando l'importanza non solo enogastronomica ma soprattutto culturale di tali iniziative didattico-divulgative.

Rivignano AL FERARUT 26 marzo 2004
GRUPPO CULTURALE BASSO FRIULI
IL VIGNETO FRIULI AL BIVIO
Fra il fascino dei vitigni autoctoni e la realtà di quelli universali
INTERVISTA di Alberto TONIZZO a ClaudioFABBRO

“ Non è un problema solo friulano; vero è che ora più che in passato la voglia di conoscere più da vicino le nostre radici è prorompente sotto ogni bandiera e latitudine”.
Così ha esordito il dott. Claudio Fabbro agronomo e giornalista che dopo la laurea in agraria all'Università di Bologna si occupa “a tempo pieno “ da oltre trent'anni di vitivinicoltura sia sotto il profilo tecnico –agronomico enologico e fitosanitario- che amministrativo e della comunicazione.
“Ecco allora -ha proseguito Fabbro”- che l'enologo “classico” quando è chiamato a raccontare di se della propria azienda e del territorio in cui opera sempre dedica alla biblioteca quel tempo che prima passava in laboratorio.
Con Pinot grigio e Sauvignon blanc si fa fatturato ma con Ribolla e Pignolo il vignaiolo di casa nostra si riappropria di un diritto prezioso e cioè quello di dichiarare-carte alla mano- che da queste parti il vino si faceva molto prima che arrivasse Napoleone l'Impero Austro ungarico e “ consulenti vari” ; saltando a piè pari la leggenda di vite e vino si iniziò a parlare seriamente con la fondazione di Aquileia( 181 a.C.) e grazie ai romani-guerrieri contadini e vignaioli al contempo si piantarono le prime vigne.
Di quale varietà essere fossero resta un mistero. Secondo Plinio il Vecchio ( Historia naturalis I° secolo d.C.) “ l'imperatrice Giulia Augusta(Livia Drusilla) mise in conto al vino PUCINO gli 86 anni non bevendone altro. Nasce nel golfo del mare Adriatico non lungi dalla sorgente del Timavo su un colle sassoso dove alla brezza marina matura per poche anfore né si crede ve ne sia di migliore per i medicamenti” .
L'identificazione di questo nobile vino e della sua zona d'origine è ancora aperta. Lo si immedesima nel Terrano-Refosco ( ma da altri-Dalmasso (1957)- nel “chiaretto Prosecco” o addirittura nel “dorato Vipacco”) soprattutto per quel “nigerrima” sottolineato da Plinio in altro passo dell' Historia.
E d'altra parte anche Discoride( o Dioscuride) Pedanio medico della Cilicia e contemporaneo di Plinio nel suo “Sulla storia medica” parlando della forza che caratterizza questo vino chiamato dai greci Pictano e Paretipiano ne esalta le virtù curative.
Nel 1170 si registra una compravendita di terreni vitati ( Rebula) in S.Floriano del Collio fra la Badessa d'Aquileia IRMILINT e agricoltori locali; ancora di “Robiola” si legge in Atti del notaio Ermanno da Gemona (“ Notariorum Joppi”) in un contratto del 1299 . Nel 1340 ( documento in Barbana del Collio registrato in Gorizia il 13 novembre di quell'anno) accanto alla Ribolla compaiono Malvasia Terrano e Pignolo.
Ritroveremo questi “autoctoni” sempre e comunque in cene incontri doni ed eventi negli anni a venire.
Fu nel 1632 che Aurora FORMENTINI ( antenata degli attuali Conti di S.Floriano del Collio) portò in dote ( patto dotale relativo alle nozze – 2 febbraio 1632- con il nobile ungherese Adam BATTHYANY ) ..”…vitti di TOCCAI…..300 ) .
Patto custodito gelosamente da Michele e Filippo FORMENTINI al Castello di S.Floriano e letto con attenzione sia a livello d'avvocatura della Regione( leggasi avv. Enzo BEVILACQUA coraggioso paladino del bianco più amato dai friulani) che al T.A.R. del Lazio ed ora anche alla Corte di giustizia in Bruxelles.
Risalgono al 1755 le prime citazioni del Picolit che il conte Fabio ASQUINI di Fagagna su stimolo epistolare dell'agronomo veneziano Antonio ZANON (1696-1770) e conforto di Daniele FLORIO( 1710-1789) –“poeta ed oratore udinese gran ciambellano dell'imperatore Carlo VI ed amico del Metastasio” - diffuse commercialmente (1765-1767)nelle mense d'Europa ( le famose 100.000 bottiglie da un quarto di litro..) spiazzando-si dice-lo stesso Tokaji ungherese!
Nel 1868 arrivarono grazie al conte Theodore de LA TOUR ( in dote ti pareva..per le nozze con la nobile Elvine RITTER de ZAHONI proprietaria di VILLA RUSSIZ in Capriva del Friuli) le prime viti di Pinot grigio bianco nero Sauvignon ecc.
Fin qui tutto bene. Ma se ripensiamo a tutte le volte che il VIGNETO FRIULI ha dovuto “rinascere” ci viene la pelle d'oca.
Terra di conquista-o quantomeno d'invasioni- ricorrenti dai barbari ai turchi ai longobardi alle truppe napoleoniche e veneziane ecc. il Friuli registra con minor sofferenza ( limitatamente alla parte giuliana ovvero goriziana e triestina..) la sola appartenenza all'impero austroungarico (1866-1915);
Nell'anno 1888 la FILLOSSERA arrivò sul Carso e da qui iniziò a devastare l'intero territorio. Fu lotta ardua che si concluse-grazie agli sforzi di tanti bravi vivaisti e ricercatori- appena nel 1942.
I Vivai cooperativi di Rauscedo si costituirono nel 1936 e contribuirono a ridare benessere ai viticoltori friulani e di mezzo mondo.
E la guerra 1915-18 dove la mettiamo . Dopo le tristemente note 12 battaglie dell'Isonzo nella terra c'erano più bombe inesplose che lombrichi. Ma anche la seconda strappò alle aziende validi contadini e vignaioli per mandarli “alpini” chi in Grecia ed Albania chi in Russia chi nei lager.
Poi ultimo e non ultimo il terremoto del 6 maggio 1976 ; e chi più ne ha più ne metta.
L'enologo Orfeo SALVADOR dall'alto delle sue 54 vendemmie ci ricorda che alla sua prima esperienza nella cooperazione vinicola appena tornato dalla guerra si ritrovò in cantina a lavorare oltre l'80% di uve rosse in gran parte da ibridi produttori diretti.
Imperversavano i vini pugliesi che soccorrevano un patrimonio viticolo locale tutto da ricostruire ( il tayut o il tay erano conseguenza dei tagli che osti più o meno seri operavano dietro le quinte).
Poi il primo rinascimento a cavallo fra gli anni 60-70 ad opera di pionieri “con gli attributi” quali Vittorio PUIATTI Mario SCHIOPETTO Livio e Marco FELLUGA Gigi VALLE Girolamo DORIGO Piero PITTARO ed una ricostruzione cui non fu estranea la volontà della Regione di rilanciare la qualità vitivinicola frenando l'esodo dalle campagne all'industria( la legge 29 del 30.12.1967 fortemente voluta dall'allora Assessore all'agricoltura Antonio COMELLI fu strumento importante e determinante).
Il conte Douglas ATTEMS capì prima d'altri che il decreto 930/63 sulle D.O.C. poteva dare una svolta al mondo del vino. Nacque così il primo consorzio di tutela nel COLLIO (1964) e di conseguenza il primo disciplinare di produzione(1968).

Ci vorranno ben 40 anni per riunire i Consorzi in una casa comune : la FEDERDOC .
Nel 1976 il Premio NONINO-RISIT D'AUR ricordò al mondo intero che il Friuli era terra di grandi distillati ma ancora prima di grandi vitigni autoctoni che-finalmente legalizzati- rientrarono nelle vigne di fatto e di diritto.
Nello stesso anno l' enologo Beppe LIPARI compendio di creatività siciliana e laboriosità veneta pensò-prima d'altri- a collocare una linea d'imbottigliamento su un camion ed iniziò un “porta a porta” destinato a cambiare radicalmente la vita a decine di piccoli e medi produttori.
Nomi allora sconosciuti ai più ed ora grazie ad una tecnologia ultra moderna i veri protagonisti del rinascimento del “ post-teremoto”.
“E d'un balzo - ha concluso FABBRO- arriviamo ai tempi nostri.
Con il cuore rivolto alle suggestioni del passato ed alle “chicche” di archivio e di biblioteca ed il ragionamento rivolto alle leggi di mercato i viticoltori friulani singoli o associati essi siano si apprestano ad affrontare le sfide del terzo millennio”.

Cosa bolle in pentola oggi nel VIGNETO FRIULI ?
Dagli “autoctoni” agli universali” dalla damigiana alla bottiglia dalla “Frasca” all'”agriturismo” certamente l'evoluzione dell'ultimo decennio è stata epocale. Se molte aziende hanno passato la mano per mancanza di ricambio generazionale o perchè letteralmente nauseate dall'appesantimento burocratico altre anche di piccole o medie dimensioni si sono affacciate alla ribalta anche nazionale ed estera contribuendo a far lievitare significativamente la qualità media proprio per un'emulazione fisiologica da parte di aziende già affermate ma alla ricerca di nuovi stimoli.

Per saperne di più abbiamo girato una serie di quesiti al dott. Fabbro che così ci ha risposto :

QUANTITA' O QUALITA' ?
“Non c'è dubbio -dice il nostro interlocutore- che l'”ettaro lanciato” non ha più senso ; dopo la crisi della produzione abbondante e scadente del 1992 i viticoltori hanno capito che bisogna pensare ai massimi previsti dai disciplinari( da 110 a 130 q.li d'uva per ettaro secondo le zone e le tipologie )quale riferimento da decurtare-nel caso di bottiglie da vini strutturati e da invecchiamento anche del 20-30%). Non a caso la mitica vendemmia del 1997 è stata povera di quintali e ricca di soddisfazioni.

PINOT GRIGIO O TOCAI ?
Da oltre 20 anni il Pinot grigio ha premiato chi lo produce e lo vende in bottiglia fuori regione ed all'estero; è l'uva che non ha mai risentito delle mode e delle crisi ( cosa purtroppo capitata all'ottimo Pinot bianco). Poco richiesto dai consumatori friulani il “grigio” è attualmente in “gran spolvero” soprattutto dal 1997 in poi quando la qualità media si è elevata decisamente.
Non trattandosi di un vino a base aromatica non dovrebbe soffrire neanche in futuro delle vicissitudini e disaffezioni verificatesi ad esempio per Traminer Muller Thurgau Moscato e Riesling( sparito l'”italico” sarà presto la volta del “renano” ?) e se vogliamo anche la stessa Malvasia (istriana) . Soffrirà-suo malgrado- della spietata concorrenza straniera.
Il Tocai resta il vino più amato dai friulani ma è poco capito “fuori porta”. Non si esclude che la cassa di risonanza dei MEDIA a seguito delle querelle friul-ungherese possa chiarire le idee a chi lo confonde erroneamente con il “dolce cugino”. Gioverà sicuramente al COLLIO che-“patti dotali “ alla mano -ne vanta una primogenitura in quel di S.Floriano a far data dal 1632.
A dire il vero quando uno straniero si accosta al Tocai lo apprezza con stupore e ne ribeve volentieri; come facciamo tutti noi. Appunto.
A seguire il Sauvignon nel qual caso giocano le varie selezioni clonali nostrane o francesi che privilegiano profumi o sapori o retrogusti. Un bel vitigno e vino non c'è dubbio con molte possibilità ( non a caso è buon cugino genetico del Tocai che già si vorrebbe ribattezzare Sauvignonasse
Lo Chardonnay è l'universale per eccellenza a triplice attitudine( spumante tranquillo d'acciaio e da barrique) e buono per ogni latitudine o longitudine. Anche in Cile tanto per fare un esempio dove la manodopera costa poco.. Troppa concorrenza per farla breve a livello mondiale soprattutto da parte di Paesi senza regole che producono tanto e spendono poco.

RIBOLLA VERDUZZO ..oppure. PICOLIT .?
Il fascino degli autoctoni storici di casa nostra soprattutto del Collio e Colli orientali premia alcune aree vocatissime quali per la Ribolla gialla Oslavia per il Verduzzo friulano i COLLI Orientali in genere(sublimandosi però solo a RAMANDOLO ) ma se vogliamo tutti e tre ( più il PIGNOLO) si esprimono superbamente a ROSAZZO una delle oasi più invidiate da chi di vigne se ne intende. Se Oslavia è diventata-grazie a produttori “testardi”e spesso controcorrente-un autentico CRU non si intravvede un grande futuro per il Verduzzo nel Goriziano ( il disciplinare COLLIO addirittura non lo ammette alla coltivazione). Il PICOLIT ? Non è obbligatorio coltivarlo dappertutto ; nel COLLIO il pugno di ettari esistente resterà tale. Tuttavia con adeguata vendemmia tardiva ed appassimento sulla vite o meglio ancora “ventilato” in cassette a seguire qualcosa di buono potrebbe venirne fuori.

COME LA METTIAMO CON I ROSSI ?
I viticoltori friulani intelligentemente hanno evitato estirpazioni selvagge di vitigni rossi dal 1993 ad oggi per rincorrere la moda ed il mercato che ha picchiato forte a favore dei benefici del resveratrolo e dei polifenoli contenuti nella buccia delle uve rosse per la salute umana.
A costo di ingenti investimenti ad esempio in Toscana la base BIANCA friulana ( nonché quella del COLLIO e dell' ISONZO ) è rimasta intatta.
La nuova tendenza è servita a ridare dignità al MERLOT il più grande rosso friulano ed al contempo dal 1950 ad oggi il più maltrattato.
Peccato che il CABERNET FRANC paghi la sua caratteristica “erbacea” a noi tanto cara e non apprezzata fuori dal TRIVENETO dove tutti chiedono CABERNET SAUVIGNON ( pure universalissimo come lo Chardonnay ma troppo spesso-per disaffinità con portinnesti e terroir con le armi spuntate in alcune nostre zone..)e sicuramente per due vini:
REFOSCO dal peduncolo rosso e PIGNOLO.
Lasciamo il TERRANO ai bravi produttori del CARSO TRIESTINO così come la bianca VITOVSKA evitando antipatiche scopiazzature!
Lasciamo lo SCHIOPPETTINO ai Colli orientali e soprattutto a Prepotto dove crù prestigiosi quali Albana e Cialla hanno una marcia in più ( basta liberarsi una volta per tutte dalla tipologia DOLCE confusionaria alquanto). Per il PIGNOLO se trasgressione s'ha da fare dalle aree classiche di Rosazzo di Buttrio non è da escludersi la collina in genere e soprattutto un corretto e prolungato affinamento ( “ E' un delitto- ammonisce il governatore di Slow Food Friuli Giulio COLOMBA- farlo uscire dalle cantine prima di 3-4 anni ! “)

FRIULI & TOSCANA : ACCOPPIATA VINCENTE ?
I non addetti ai lavori rumoreggiano oltre misura apprendendo dalla stampa di fusioni acquisizioni cessioni e dintorni di aziende importanti friulane ed isontine a grandi Gruppi toscani e veneti.
Come si ricorderà negli anni passati l'esigenza di disporre di un'aliquota di vini rossi d'alta qualità senza per questo reinnestare o spiantare viti a bacca bianca portò varie nostre aziende ad investire nel Chianti o più in generale in Toscana. Anche l'Umbria sembra interessare i nostri imprenditori più forti sul mercato estero.
Come non si scandalizzarono i toscani a ritrovarsi i friulani in casa ( ciò fu per gli uni e per gli altri uno stimolo a migliorare e non è escluso che qualche buon enologo nostrano abbia insegnato in quelle terre che per ingentilire un ruvido SANGIOVESE o BRUNELLO spesso ci vuole un po' di Merlot..) lo stesso dovrebbe valere per noi.
Le realtà imprenditoriali sbarcate in Friuli e nell' Isontino sono storiche forti di grande immagine internazionale. Lo sbarco nella terra dei grandi bianchi(il Friuli Venezia Giulia appunto) potrebbe significare che i mercati a medio termine tendano a riprendere nuovo interesse per tali vini.
Numeri ed idee commerciali potrebbero contribuire non poco al lancio definitivo del BIANCO COLLIO dopo la mossa data ( metà favorevoli metà contrari chi poteva dubitarne ? ) da Oliviero Toscani maestro di fotografia e di comunicazione che-in questa occasione-continua a far parlare comunque di vino anche gli astemi conclamati.

VINO & TERRITORIO
C'è negli ultimi anni una certa tendenza a legare la produzione al territorio privilegiando l'immagine di questo al monovitigno. Si tratta di un'evoluzione da una mentalità austro-tedesca che ha dominato per secoli in queste terre ( tuttora in Austria e Germania la varietà è dominante anche in etichetta) ad un'altra cioè quella francese.
L'uvaggio friul-giuliano è in gestazione attiva; potrà diventare un vino di punta quando vi confluiranno ( le aziende che oggi lo fanno si contano sulle dita di una mano..) importanti e non aromatiche “basi” ( in primis il Pinot grigio e due-tre altre..) evitando di “dar la piena “ alle botti con altri partners ( soprattutto se dagli aromi marcatissimi…) che individualmente trovano qualche difficoltà di mercato. Dopo i COLLI ORIENTALI anche l'ISONZO punta a differenziazioni in sottozone frutto di ricerca storica ma soprattutto geopedologica e microclimatica ( zonazione appunto). E'un percorso lungo e coraggioso i cui frutti si coglieranno a medio/lungo termine quando il consumatore avvertirà sostanziali differenze fra “ i distinguo territoriali” e la “grande madre” ( FRIULI )che li contiene tra il Collio ed il Litorale tra il Carso e la pianura d'Aquileia Annia e La tisana.

DALLA FRASCA ALLA BOTTIGLIA
Pur con tutta la simpatia che possiamo riservare alla FRASCA nostrana ( così come il triestino carsico la dedica all'OSMIZZA) non ci impedisce di riflettere sul futuro di queste terre. Negli anni '70 la forte spinta dell'AGRITURIST d'intesa con i Consorzi DOC servì non poco a far conoscere queste zone “fuori porta”.
Segnaletica informazione “bombardamento” a mezzo stampa tavole rotonde : si sta spingendo forte in tal senso .
L'enoturista si muove solo con una buona GUIDA in mano e fidandosi di una segnaletica stradale (ed aziendale..) precisa ed aggiornata ?.
A proposito di GUIDE: non ce n'è una fra quelle che contano in cui –accanto ai collinari- manchi oggi un buon vino DOC ISONZO GRAVE ANNIA o LATISANA.
Accanto alle punte dei ribattezzati “ ISONZO BOYS” (cioè quegli imprenditori “ sulla trentina” che hanno rilanciato il triangolo FARRA-MARIANO-SAN LORENZO ci sono realtà giovani in crescita esponenziale a macchia di leopardo .
Nella pianura friulana inoltre si possono fare numeri e qualità insieme e la meccanizzazione integrale si sta rivelando un'arma vincente stante la cronica carenza di manodopera.

LE ENOTECHE
Molti hanno sottovalutato il ruolo dell'Enoteca regionale LA SERENISSIMA di Gradisca –anche grazie al GRAN PREMIO NOE' – (un pensiero di gratitudine corre al MAESTRO enologo MARCELLINO PILLON che per primo insegnò in quella prestigiosa sede l'arte della degustazione a tecnici ed appassionati) nel lancio d'aziende piccole e sconosciute ai più. Sono oggi quelle “punte di diamante” che portano lustro alla nostra terra. Segni di decisa ripresa fortunatamente si notano da qualche anno a questa parte . Le stesse Enoteche di Cormòns e Buttrio rappresentano un modo nuovo di fare cooperazione rivolgendosi ad un'utenza mitteleuropea con iniziative mirate ed apprezzate.

LA COOPERAZIONE VINICOLA
Il comparto enologico associato è forte e sano quanto basta per portare alto nel mondo il nome del vino friulano.
Se la Cantina di Casarsa-La Delizia con in testa il suo inossidabile presidente Noè BERTOLIN ha numeri e prodotti di nicchia apprezzati a livello internazionale la FRIULVINI di Zoppola(PN) soccorre molte altre piccole e medie cantine sociali non solo nell'imbottigliamento ma anche e soprattutto nella commercializzazione. Senza nulla togliere al buon lavoro delle altre cantine un caso a parte è rappresentato dalla CANTINA PRODUTTORI” di Cormòns. Da un quarto di secolo con un regista di eccezionale capacità e creatività ( “VINO DELLA PACE” “ARTE IN CANTINA” “ PREMIO ACINO D'ORO” “ METODO CORMONS” “ VINO DA MESSA PAPALE” ecc.ecc. ) quale è il direttore Luigi SOINI ha dimostrata al mondo intero che la cooperazione non è figlia minore di un sistema ma ne è protagonista. Con idee chiare e uomini giusti al posto giusto ha saputo legare il vino all'arte alla cultura alla storia.
Ha ridato -soprattutto- dignità a famiglie dimenticate a tante piccole realtà che hanno ritrovato vivendo intimamente l'esperienza associativa voglia di far bene e tanto entusiasmo”.

LE ASSOCIAZIONI
Tralasciando in questa sede il ruolo istituzionale che spetta all' Ente pubblico ( Assessorati Direzioni Ersa) o d'interesse pubblico(FEDERDOC Consorzi di Tutela Organizzazioni professionali agricole) limitiamoci alle associazioni.
C'è notevole fermento in FRIULI intorno al mondo del vino . Prova ne è che tutti i corsi organizzati dall' A.I.S. dall' O.N.A.V. e da SLOW FOOD registrano sempre il “tutto esaurito”.
Trattasi di Organizzazioni che stanno contribuendo molto a valorizzare prodotto produttori e territorio anche con GUIDE che contano . Soprattutto se l'enoturista viene da fuori regione o dall'estero.
Stanno sorgendo decine di WINE-BARS enoteche private Clubs amatoriali che si impegnano in serate a tema simpatiche e coinvolgenti:
Sono i protagonisti di un moderno insegnamento al BERE INTELLIGENTE ed ai sani abbinamenti. Tutto aiuta.

CONCLUSIONI
“ Ed allora -conclude Fabbro- con i consumi stabilmente portati intorno ai 50 litri pro/capite all'anno e la patente di guida da difendere dopo ogni cena non c'è dubbio che anche anche in Friuli nel 2004 (e seguenti.) si berrà sempre meglio-e meno-ma con giudizio. Si spenderà qualche lira di più ma non ci sarà da pentirsene.
Chiuderà qualche frasca e qualche osteria”tappo a corona” ; apriranno nuove enoteche e wine bar ( che a loro volta chiuderanno i battenti se tireranno troppo la corda con i ricarichi..)
La vigna non è un orto in cui ogni anno si possono cambiare le regole del gioco. Quando si sceglie una varietà una forma d'allevamento ciò deve valere per 20-30 anni. I vignaioli non possono più rincorrere le manie ed i capricci dei propri clienti che troppo spesso si improvvisano consulenti ed enologi . Una certa debolezza in tal senso ha portato cantine di piccolo-medie dimensioni a dover gestire anche 10-15 vini impazzendo ad ogni travaso.
Sta maturando oggi l'idea che con tre bianchi e due rossi insieme ad uvaggi seri e rappresentativi del territorio d'origine si può lavorare bene e meglio.
Autoctoni ed “acclimatati” ( soprattutto i già citati Pinot grigio e Sauvignon) potranno convivere senza farsi le scarpe a vicenda. I primi garantiranno la memoria storica la suggestione l'aneddoto l'aggancio alle proprie radici molto cari ad un consumatore colto e portato ad apprezzare il vino non quale bevanda bensì quale strumento da meditazione. I secondi accontenteranno il palato ma anche e ciò non guasta il portamonete del viticoltore”.

26 marzo 2004