vigneto Friuli

IL DIRETTORE FEDERVINI:
LA BATTAGLIA DEL TOCAI E' PERSA NON CI RESTA CHE SPERARE
IN UN'APERTURA DELL'UNGHERIA

A Cormons incontro con Cagiano de Azevedo
direttore generale di Federvini organizzato da MIB School of Management

Sono stati toccati tutti i temi più caldi relativi alla difficile situazione che sta attraversando il mercato del vino nel corso dell'incontro di Cormons con il direttore generale di Federvini Cagiano de Azevedo che è anche rappresentante italiano del Gruppo Permanente Vino della Commissione Europea ed esperto italiano dell'OIV - Office International de la Vigne et du Vin.

L'incontro si inserisce nell'ambito delle attività dell'MBA in Wine Business il primo master italiano in gestione d'impresa per i professionisti del settore vinicolo che sta per avviare la sua seconda edizione.

Il tema centrale dell'incontro è stato certamente il confronto con i paesi produttivi emergenti dall'Australia alla Nuova Zelanda al Cile e presto la Cina. Cagiano pur riconoscendo il tremendo impatto avuto sul mercato in particolare sulla grande distribuzione dall'irruzione di questi produttori ha dimostrato grande fiducia nel sistema vitivinicolo italiano.

"La frammentazione della produzione in tante piccole aziende" spiega Cagiano "deve essere intesa come un punto di forza in quanto permette un'elasticità un patrimonio di competenze una reattività molto maggiore agli stimoli del mercato rispetto ai colossi industriali del nuovo mondo; colossi che potrebbero avere i piedi d'argilla. Pochi o tanti il problema è solo come ci si presenta sul mercato. Noi possiamo essere più forti di tutti gli altri concorrenti ma dobbiamo presentarci uniti: così il vino italiano manterrà la leadership a livello mondiale".

I produttori della regione sono stati pertanto inviati ad avere fiducia nel sistema Italia definito come un gigante dai piedi di cemento che saprà resistere alle sfide dei nuovi mercati. Continua Cagiano: "Inutile mirare a vigneti di maggiori dimensioni a produzioni più ampie… la Francia ha una media di appezzamento 6 o 7 volte superiore alla nostra ed è in profondissima crisi la California con i suoi appezzamenti da centinaia di ettari ha lasciato marcire sulle viti 2000 ettari d'uva causa una profonda crisi produttiva… non è quindi una questione di dimensioni."

Ma l'Italia deve essere capace di presentarsi unita nella promozione del prodotto vino: "Il problema maggiore in Italia è che la comunicazione è frammentata fatta per singolo produttore o singolo territorio; ma questa comunicazione non funziona. Tutta la comunicazione di prodotto deve essere supportata da una forte decisa comunicazione di regione o meglio ancora di paese e questo in Italia non è stato mai fatto! Promuovere il vino italiano deve essere l'obiettivo più importante sui mercati internazionali: in questo settore soffriamo molto le grandi azioni dei francesi e di tutti i nostri concorrenti. Ad esempio in Australia i produttori si tassano ogni anno per la promozione comune del vino australiano".

Anche in relazione all'impatto sui mercati e sulla grande distribuzione Cagiano ha le idee chiare: "In tanti uniti nelle politiche commerciali i produttori italiani anche piccoli e piccolissimi possono aggredire il mercato; la loro forza contrattuale diverrebbe enorme e i produttori non dovrebbero sottostare più al mercato ma lo detterebbero. Ma il produttore italiano deve saper accettare che il suo nome venga promosso insieme a quello di un altro produttore. Nella comunicazione l'orgoglio che giustamente caratterizza la produzione familiare deve essere messo da parte".

Cagiano ha infine toccato il delicatissimo tema del Tocai: "Una vera aberrazione della peggiore burocrazia: abbiamo perso la battaglia del Tocai perché non ci siamo accorti che ormai da tempo c'era un esercito nemico schierato in campo. Ormai è certo dal 2007 la denominazione sarà di solo uso ungherese. Non pensiamo più a battaglie giudiziarie… è ormai una causa persa. L'unica strada è il dialogo con l'Ungheria auspicando un'apertura che può solo venire dal governo di Budapest e che consenta l'utilizzo delle denominazione in quanto assolutamente non concorrenziale (il Tokaj ungherese è un uvaggio aromatico che nulla ha a che vedere con il Tocai friulano)."

I protagonisti della scena vitivinicola regionale a Cormons:
il mercato è in una fase difficile ma per il Friuli Venezia Giulia le soluzioni sono a portata di mano

Se il mercato del vino sta cambiando è necessario che i produttori accettino le sfide proposte dai nuovi scenari senza snaturare le caratteristiche della propria produzione di qualità ma comprendendo che le nuove esigenze impongono una nuova mentalità.

Questi in sintesi gli spunti emersi dall'incontro svoltosi presso il Consorzio Collio a Cormons che ha visto l'intervento accanto a Ottavio Cagiano de Azevedo direttore Federvini di tutti i principali protagonisti della scena vitivinicola regionale.

La tavola rotonda è stata presentata da Francesco Venier direttore del MBA in Wine Business di MIB School of Management che ha organizzato l'incontro nell'ambito delle attività del prestigioso Master in gestione d'impresa per i professionisti del vino.

Gli interventi si sono aperti con il contributo di Giulio Colomba presidente Agrapromo Fvg e vicedirettore internazionale di Slow Food il quale ha riconosciuto l'esistenza di una crisi del mercato internazionale e interno e puntato il dito sulla politica del prezzo. "Non si può rispondere alla crisi con un aumento non giustificato dei prezzi che anzi ha spesso leso l'immagine delle etichette che lo hanno applicato". Colomba puntualizza: "Oggi nel mondo il consumatore non è più disposto a pagare l'etichetta l'immagine il brand di un vino anche molto famoso; l'attenzione al prezzo è predominante". La qualità dei vini friulani è indiscutibile ma secondo Colomba è necessario preservare l'ottima immagine del nostro territorio con una più oculata politica dei prezzi.

Secondo Marco Felluga presidente del Consorzio vini Doc Collio una delle possibili soluzioni alla crisi potrebbe risiedere nell'azione forte dei Consorzi in relazione ai quali però dovrebbe assolutamente valere l'obbligatorietà unica strada per superare la frammentazione produttiva del Friuli. "Stabilità la percentuale che può essere del 75% ad esempio il gruppo che la detiene deve poter guidare le strategie del Consorzio imponendo l'obbligatorietà." Il secondo punto toccato da Felluga riguarda l'auspicio che preso la denominazione possa essere trasformata in marchio e che un giorno possa nascere marchio unico e rappresentativo di tutto il Friuli .

Adriano Gigante presidente di FederDoc Fvg punta la sua attenzione sulla necessità di difendere i vitigni autoctoni e di individuare alcuni vini-bandiera del Friuli Venezia Giulia. "L'obiettivo generale deve essere quello di avere vini di qualità ma a un prezzo ragionevole perché è questo che chiede il mercato. Non possiamo continuare a puntare solo sui consumatori che chiedono vini importanti e sono disposti a spendere; questi consumatori probabilmente nel futuro saranno sempre meno".

Insomma continuare a produrre secondo le caratteristiche tipiche del territorio tarando i prezzi in maniera equilibrata e perseguire poi un'azione comune a livello di politiche commerciali e promozionali con l'istituzione dei marchi attraverso l'azione forte dei Consorzi: questa la soluzione proposta al difficile momento che il vino anche friulano sta attraversando.

MIB School of Management
21 ottobre 2004