vigneto Friuli

 ALLE RADICI DEL VIGNETO FRIULI
"IL VIVAISMO VITICOLO"

     La svolta storica nell'evoluzione viticola del Friuli-Venezia Giulia si deve innanzitutto collegare alle devastazioni fillosseriche ed alle strategie conseguentemente adottate. Infatti, secondo Marizza (1),.
"quando verso il 1865 in alcuni vigneti della Francia meridionale vennero fatte le prime segnalazioni della comparsa di quel terribile flagello, che nel 1868 (2) venne identificato nella "Philloxera vastatrix", nessuno immaginava certo quali e quante perdite e travagli materiali ed economici avrebbe portato il nuovo insetto. Solo più tardi quando l'estendersi e l'infierire delle infestazioni denunciarono in tutta la loro gravità il male reso ancor più terribile dall'impotenza dei mezzi a disposizione per combatterlo, gli agricoltori, i tecnici, i governi di tutti paesi viticoli cominciarono a preoccuparsi seriamente.
Nel Goriziano le prime serie preoccupazioni si ebbero nel 1874, quando fallirono tutti i tentativi di distruggere l'infestazione della limitatissima area di viti infette della Scuola di Viticultura di Klosterneuburg in Austria. Ci si accorse allora che nessun rimedio al momento era efficace e l'agricoltura si trovava impotente contro tanto flagello ed avrebbe dovuto quindi attendere in uno stato di rassegnazione e con le armi spuntate la comparsa della fillossera.
Ciononostante furono prese tutte le misure atte a diminuire se non evitare i danni, ritardando l'entrata dell'insetto e, ove fosse comparso, circoscriverlo. Purtroppo come con timore lo si prevedeva e malgrado le attente cure particolarmente prodigate dalla Commissioni fillosseriche e dai Consorzi viticoli, si dovette amaramente assistere nel 1888 alle prime comparse della fillossera nel Goriziano, a Stjak, Samaria, Selo, Dolenje, Gradisce, Ravno, Razguri, Polane e Gabria a distanza, cioè, di circa 23 anni dalla prime infestazioni segnalate in Francia.
L'invasione si ebbe molto probabilmente dai territori contermini dove ad ad esempio in Istria e nel Triestino, si avevano già infestioni.
A Gradisca, nel 1892, si ebbe un altro focolaio in un orto, dove furono importate viti da Capodistria. Successivamente i focolai fillosserici si moltiplicarono e si ebbero segnalazioni sempre più numerose specialmente in pianura, minacciando la zona del Collio (3).
I lodevoli sforzi di lottare e resistere venivano frustrati, purtroppo, oltre che dalla mancanza di mezzi idonei, anche da condizioni tecnico-economiche del tutto sfavorevoli, per cui iniziò un periodo di declino per la viticoltura locale. Fu per questo che Enti ed Organizzazioni preposte, si dettero da fare in ogni modo, per incoraggiare prove tecniche e ricerche al fine e di trovare una soluzione definitiva per combattere l'afide. Bisogna dire però che il Goriziano venne a trovarsi, nonostante tutto, in vantaggio su tutte le altre zone avendo avuto, se non altro, il tempo di far tesoro di tutte le esperienze altrui".

RIMEDI PREDISPOSTI

Marizza (4) ricorda che "molte sostanze vennero esperimentate dai ricercatori e tra gli altri anche il prof. ROESLER della già citata Stazione di Klosterneuburg, ma a nulla giovarono. Si provò persino con qualche successo ad avvelenare il succo della vite iniettando per un foro che arrivava sino al midollo del tronco, delle soluzioni di solfato di rame, sublimato corrosivo, mercurio metallico.
Tra i mezzi chimici i più efficaci si mostrarono e vennero anche consigliati: il polisolfuro di potassio, il solfocarbonato di potassio ed il solfuro di carbonio. Con questi, a seconda della gravità dell'infestazione, si doveva procedere alla cura del vigneto mediante somministrazioni limitate di sostanza uccidendo parassita ed ospite, raggiungendo lo scopo apparente di evitare altre infestazioni.
Ben presto però ci si rese conto che gli interventi erano intempestivi ed inadatti, dato che le manifestazioni dell'attività fillosserica si notavano solo dopo un certo tempo di incubazione e che nel frattempo, con mezzi vari quali strumenti di lavoro, animali, sarmenti di viti ecc. si potevano avere altre infestazioni.
Ciò nonostante, per parecchio tempo furono i soli mezzi a disposizione e sui quali molto si insistette. Nel frattempo in altri paesi, ed in particolare in Francia, si ricercarono altri rimedi e si sperimentarono i vitigni americani già consigliati fin dal 1868-69 da LALIMAN e nel 1873 nuovamente dal PLANCHON.
La nuova tecnica venne accolta con scetticismo da molti a causa degli insuccessi cui talora si poteva andare incontro in conseguenza della dubbia affinità di innesto, degli eventuali possibili sapori ed altre influenze reciproche fra soggetto e nesto, l'elevato costo degli impianti, la loro durata, ecc.".

L'INTRODUZIONE DELLE VITI AMERICANE



"Fu appunto in seguito ai primi timidi successi avuti in Francia - prosegue Marizza (5) - che la Deputazione Centrale della Società Agraria Goriziana gia il 14 aprile 1881 chiese al Governo Austriaco che si procedesse allo stanziamento di 2000 fiorini per l'istituzione di un vivaio di viti americane resistenti alla fillossera. Tale richiesta trovò accolgimento e fu concretata solo verso i primi anni di questo secolo colla formazione di Vivai Provinciali.
Nel frattempo, però, i viticoltori della valle del Vipacco venivano forniti di materiale americano da piccoli vivai locali. I viticoltori della pianura e del Collio, invece, non erano ancora organizzati per la produzione di vite innestate. Pure ai primi del '900 risale l'istituzione di un "Vivaio erariale" di piante madri a Monfalcone con una produzione di 780.000 talee di "RUPESTRIS MONTICOLA" cui doveva seguire un nuovo impianto alle "Mandrie" di Monfalcone stessa, con una produzione di un milione e mezzo di viti americane.
In questa stessa epoca funzionava già a Gorizia (S. Rocco) un vivaio provinciale. Era sentita tuttavia la necessità di produrre di più tenendo in considerazione la necessità e le esigenze dei viticoltori della pianura per la quale era più indicata la "RIPARIA PORTALIS" e di provvedere anche all'innesto e forzatura delle talee stesse con la creazione di appositi Enti.
Precedentemente, le Autorità per mezzo della stampa incoraggiarono gli impianti su piede americano, per cui già nel 1889 si ebbero in commercio barbatelle York Madeira per merito del signor Augusto BURBA da Campolongo. Anche i fratelli LEVI di Villanova di Farra disponevano di talee lunghe da 50 a 60 cm di Jacquez, Herbemont, Othello, Noah . E' doveroso a questo proposito aggiungere che il progresso viticolo e agricolo della zona si deve in notevole misura alla solerzia, all'interessamento ed alla viva passione dei citati fratelli LEVI.
Questi incoraggiamenti trovarono tuttavia non poche difficoltà a causa delle restrizioni e severe disposizioni in materia fitosanitaria sulle importazioni di viti e parti di viti, potendo ricorrere, per la riproduzione, ai soli vinaccioli da cui si otteneva un materiale geneticamente eterogeneo e che dava risultati molte volte del tutto negativi". "Uno dei maggiori produttori di viti americane, fu senza dubbio la tenuta del Barone E. de ZAHONI di Monastero (6) presso Aquileia, che in previsione delle infestioni filosseriche ormai estese ovunque, fece piantare una notevole quantità di viti madri in modo da difendere così i suoi estesi vigneti, oltre a fornire sia in zona che all'estero, altri viticultori. Gia nel 1890 poteva fornire 150 mila talee di Jacquez, altre di Othello, Vialla, Solonis, Brant, Canada, Cunningham, Riparia sauvage.
Nella primavera del 1892 si erano piantate e seminate le seguenti varietà, talune delle quali per studio: Canada, Senasque, Cunningham, Croton, Duchess, Triumph, "Riparia tipo", "Rupestris vinifera", Solonis ed altre ancora. Nel 1891 la Giunta Provinciale disponeva che venisse data larga estensione alla moltiplicazione di viti americane sui due predii della scuola agraria di Gorizia. Nella primavera del 1892 a Dornberg veniva piantato un vigneto sperimentale di 500 mq con vitigni americani. Successivamente altri vivai ancora e di varia estensione sorsero in varie località".
Indi Marizza (7) prosegue osservando che "come si vede, ci si era ormai orientati verso gli impianti su piede americano come l'unico ed il più sicuro rimedio contro la fillossera. Mancavano però alcuni importanti particolari per la perfetta riuscita dei nuovi impianti: stabilire cioè con sicurezza quali fossero i più idonei portainnesti e le caratteristiche fisico-chimiche dei terreni viticoli della Provincia.
Per quanto riguarda i portainnesti solo più tardi ci si indirizzò con sicurezza dopo lunghi anni di esperienza, su poche ma buone varietà, lasciando che il tempo e le avversità avessero ragione degli eterogenei e svariatissimi portainnesti già menzionati. Più tardi però quelli rimasti subirono ancora altre selezioni ed eliminazioni. Per quanto riguarda l'analisi fisico-chimica dei terreni, l'Istituto Chimico Agrario di Gorizia, risolse il compito fornendo tabelle dettagliate con i contenuti in calcare di numerosi terreni della Provincia, a cui i viticultori avrebbero potuto approssimativamente riferirsi per la scelta del portainnesto. Dette analisi andrebbero tuttavia rivedute ed esaminate con i nuovi criteri onde poterle estendere alle esigenze attuali.
La situazione fillosserica del Goriziano rimase così all'incirca fino alla guerra 1915-18, durante la quale tutti i territori in parola furono abbandonati e sconvolti dalla furia distruttrice della guerra. Finite le ostilità quei territori vennero via via rimessi cultura ed i vigneti distrutti vennero ricostituiti con i nuovi criteri.
A questo proposito si potrebbe affermare che la fillossera prima, e la guerra poi, accelerarono quel processo evolutivo nelle nostre campagne, nel senso di sostituire alle vecchie alberate tecnicamente superate, i vigneti specializzati portando così a compimento i voti formulati dai tecnici alcuni decenni prima.
I portainnesti consigliati ed adoperati furono quelli ottenuti da piante madri di specie pura di Rupestris du Lot e di Riparia Gloria che hanno dato buoni risultati, specie la prima è ancora diffusa nei terreni aridi di collina e di pianura".
"E' dopo il 1920 (1923? n.d.A.) che si inizia la introduzione del Berlandieri-Riparia 420 A e del Kober 5 BB (8) che predominano in tutte le zone della provincia ed anche nelle zone contemini. A proposito di quest'ultimo in particolare, bisogna specificare anzi, che ormai è quello che va per la maggiore, in tutti i terreni, sia di piano che di collina, ghiaiosi o profondi. Ma di ciò si dirà più avanti.
Attualmente la quasi totalità delle viti è innestata su piede americano e solo in qualche sporadico caso di singole viti, si possono trovare su piede franco; talchè non si sono lamentati mai attacchi da parte della fillossera in modo evidente o preoccupante".
Marizza prosegue il suo lavoro illustrando le caratteristiche dei portainnesti adoperati nel 1953 e così prosegue (9) "ll Berlandieri x Riparia Kober 5 BB. Questa tranquillità che si ha oggi per quanto riguarda gli attacchi della fillossera non la si deve solo, come già detto, alla totalità degli impianti con viti bimembri, ma anche ed in gran parte alle ottime caratteristiche dei portainnesti adoperati. Si calcola oggi che la maggioranza delle viti è innestate su Kober 5 BB , mentre in molto minor misura sono quelle innestate su Rupestris du Lot ed in proporzione decrescente quelle su Berlandieri x Riparia 420 A e su Riparia Gloria.
Gli impianti su Kober sono per lo più di data relativamente recente e riservati quasi sempre alla zona di pianura e, compatibilmente con le esigenze ed il ritmo di sostituzione degli impianti più vecchi, anche ed in notevole misura nelle zone migliori della collina.
Purtroppo, anche se la situazione fillosserica della Provincia in genere è ad un punto, diremo così, abbastanza tranquillizzante, non si può dire con ciò che il problema sia completamente risolto. Personalità autorevoli anche in questi ultimi tempi hanno dettagliatamente analizzato il problema, prendendolo in considerazione unitamente alla trattazione di altri importanti argomenti" (10).
"Benchè ci si sia indirizzati, come già detto poc'anzi, quasi esclusivamente su Kober, non mancano delle manchevolezze da addebitargli, ma ci sono varie ragioni per cui viene preferito ed adottato.
Innanzitutto ragioni tecniche inerenti le qualità intrinseche del vitigno. La grande vigoria, l'abbondante e ben distribuito apparato radicale, l'anticipo di maturazione e di produzione determina in molte varietà innestate, il maggior contenuto zuccherino delle uve, buona e talora ottima affinità di innesto, con la maggior parte dei vitigni locali, sono le sue prerogative principali. L'affinità anzidetta si attenua però in taluni vitigni per addirittura mancare totalmente in alcune varietà e segnatamente nella Delizia di Vaprio e nel Moscatellone. Ha ottima resistenza alla clorosi calcarea ed alla fillossera; è però recettivo al Ronchet.
I vivaisti poi, lo preferiscono anche per un'altra serie di ragioni che pure non bisogna sottovalutare. Sono loro infatti che determinano quasi sempre la scelta dei portainnesti, qualora ragioni culturali particolari o necessità specifiche da parte dei viticultori non esigano altrimenti. Infatti, con le piante madri di Kober si ha una maggior quantità di legno utilizzabile, un più elevato attecchimento all'innesto ed una facile e pronta emissione di radici; si ha inoltre maggior facilità nella esecuzione dell'innesto conseguente alla natura del legno, molto più tenero che in altri portainnesti e segnatamente in confronto alla Rupestris du Lot, molto duro (11).
Infine è da annoverare fra i fattori determinanti, la grande abbondanza di legno Kober che si trova sul luogo, non disgiunta dalla buona prova, seppur non anche ottima, per tante caratteristiche, tra le quali la buona affinità dimostrata dall'esperienza con molte varietà da vino locali.
Tra le varietà innestate comunemente su Kober nel Goriziano sono da annoverare, tra le varietà bianche da vino: il Tokai friulano, la Malvasia, il Sauvignon, iPinot Bianco e grigio, il Verduzzo, la Ribolla gialla e Verde, il Silvaner, il Traminer, i Riesling italico e del Reno.
Tra le varietà di uve nere: il Merlot, il Cabernet franc, il Pinot nero. Tra le varietà da tavola : la Regina dei vigneti, l'Italia, la Perla di Csaba, Panse precoce, il Moscato d'Amburgo ed il Moscato d'Adda. Tali bimembri vengono utilizzati per l'impianto sia in pianura che in collina.
Per quanto riguarda le manchevolezze di questo portainnesto, talora esagerate sia in buona che in mala fede da taluni, sono da porre in evidenza la differenza di sviluppo che talora si manifesta fra soggetto e marza; la minore longevità, in alcuni casi, degli impianti ed il minor sviluppo riscontrato con qualche varietà da qualche agricoltore in confronto di altri portainnesti, oltre a quanto si è detto per le varietà da tavola.
Non è nostro intendimento entrare qui in particolari molto delicati e che interessano soprattutto una seria sperimentazione dalla quale si possono trarre buoni indirizzi per gli svariatissimi impianti e le più disparate condizioni di ambiente".
"All'uopo - prosegue MARIZZA - sono allo studio da tempo e sotto il controllo della Stazione di viticultura ed enologia di Conegliano già diretta dal prof. G. DALMASSO ed attualmente dal prof. Italo COSMO, numerosi vitigni innestati su diversi portainnesti e situati in diverse località della Provincia.
E' doveroso tuttavia segnalare che per quanto riguarda il Kober talune manchevolezze accusategli posso addebitarsi in alcuni casi a cause accidentali, quali: imperfezioni nella esecuzione dell'innesto; forzatura dei bimembri mal eseguita; impianti fatti con barbatelle di qualità scadente; ecc. Cause che del resto possono colpire pure altri portainnesti. Si deve notare infatti che mentre un tempo la quantità giornaliera di innesti eseguita da ogni abile innestatore non superava le 500-600 unità, oggi si pretende arrivino a duemila ! E ciò con le conseguenze che allora il rendimento di barbatelle di prima qualità era di oltre l'80% ed oggidì si stenta a raggiungere il 50% quando non è il 35%. D'altro canto ripetiamo che non è cosa facile orientare vivaisti e viticultori su nuove strade quando l'attuale portainnesto ha dato tanti buoni risultati".
"Diversi agricoltori (12) della Provincia hanno intrapreso sperimentazioni che mirano a soddisfare certe loro particolari esigenze. Intendiamo parlare specificatamente dei produttori di uve da tavola. Si sa che alcuni di questi vitigni non hanno affinità per i portainnesti usuali ed è perciò che presso alcune Aziende locali si sta sperimentando appunto in questo senso alla ricerca del soggetto o dei soggetti più idonei. Tra queste aziende, l'Azienda di Angoris (Cormòns) sotto il controllo ed in collaborazione con la Stazione di viticoltura di Conegliano che ha in atto delle prove di Kober 5 BB, su Berlandieri 420 A, Riparia x Rupestris 101/14, Golia (Ibr. Pirovano),, Mourvèdr x Rupestris1202, Rupestris du Lot, innestati su vitigni da tavola e precisamente con alcune novità Russe, Nord Africane ed ibridi del Pirovano, Dalmasso e Prosperi.
Infine bisogna precisare ancora che quando si parla di mancanza di affinità sarebbe doveroso specificare a quale precisa selezione del Kober ci si riferisce. Per dare un'idea di ciò basti far presente che il Kober ha dato origine a molti cloni e che di ben cinquanta esemplari inviati dall'Azienda del Dr. COSOLO di Fogliano ad un Istituto specializzato germanico per un controllo, vennero dichiarati fra i più idonei, soltanto una decina, tra i quali venne scelto uno solo e precisamente quello contrassegnato con il n. 25 che è stato moltiplicato per la produzione di legno selezionato. Ci risulta che detta produzione non è stata estesa a tutti i vivaisti locali e che pertanto quantitativi cospicui sono di diversa origine. Ci si riferisce in particolare alla produzione dei piccoli vivaisti che malgrado siano controllati sfuggono ad un esame scrupoloso e non hanno in dotazione materiali su cui fare pieno affidamento per quanto riguarda la natura genealogica.
Sotto questo riguardo invece i produttori più quotati della nostra Provincia, taluni dei quali fanno capo ad un apposito Gruppo che comprende anche vivaisti della vicina Provincia di Udine (13), vengono sottoposti a rigorosi controlli ed osservazioni da parte di specialisti tedesti. Ciò vale solo per il Kober 5 BB di cui in Germania, Austria e Svizzera sono i più forti acquirenti.
Ogni anno gli specialisti effettuano il controllo di ogni pianta madre dei vivai selezionati. Le piante già numerate, contrassegnate e riprodotte in precedenza su apposite mappe ad una ad una vengono sottoposte a visita meticolosa sia per quanto riguarda la genealogia e che eventuali alterazioni fitopatologiche, con particolare riferimento all'arricciamento.
Di tutte le piante madri di un produttore viene scelta quelle che risponde meglio di tutte alle caratteristiche clonali desiderate e questa serve alla produzione di talee e barbatelle per nuovi impianti di viti madri. Gli appezzamenti sono pure contrassegnati ed i fasci di talee destinati all'esportazione vengono muniti di cartellino con sopra le indicazioni relative alla varietà e all'appezzamento da cui derivano. In questo modo riesce possibile ed agevole effettuare lo scarto di quelle piante madri che dessero soggetti indesiderabili per cattiva prova data in vigneto".

MARIZZA descrive, di seguito, le caratteristiche dei principali portainnesti:

Rupestris du Lot.

"Il notevole sviluppo della zona collinosa della nostra Provincia e la buona prova fornita in questi terreni in passato dalla Rupestris du Lot, che intuitivamente venne introdotta date le sue doti con riferimento particolare alla resistenza alla siccità, ha fatto si che i viticultori ancor oggi difficilmente si discostino da questo prezioso portinnesto. Molti sono i viticultori, specie nella zona del Collio, che esigono questo soggetto e solo in certi casi adottano portainnesti d'altra natura che li riservano per le piantagioni in fondo valle od in altre posizioni dove notoriamente, per le caratteristiche pedologiche di esposizione, pendenza, ecc. della collina, le viti sono meno soggette alla siccità. E' comprensibile che nuove introduzioni vengano fatte con cautela quando si pensi all'onerosità degli impianti in collina che esigono dal vigneto, non solo una produzione costante, relativamente abbondante, di qualità, ma soprattutto che assicuri buona longevità onde evitare rapidi ammortamenti che, oggidì con la crisi in atto del vino, sono impossibili.
Se però i viticultori hanno tutte queste ragionate esigenze, i vivaisti nostrani d'altro canto non sono per nulla propensi ad estendere la loro attività con la Rupestris du Lot ed anzi molti producono tali bimembri solo su ordinazione. Ciò lo si deve soprattutto a due ordini di fattori: l'uno tecnico e l'altro politico-economico.
Per il primo la minor produzione di legno delle piante madri e la maggior difficoltà della esecuzione dell'innesto fanno sì che il costo di produzione sia più elevato in confronto ad altri portainnesti.
Per il secondo, la nuova situazione politico-economica venutasi a creare causa la delimitazione dei nuovi confini che ci hanno tolto gran parte del Collio, rendendo aleatoria ed incostante la produzione di materiale innestato, non potendo fare affidamento su un mercato incerto.
E' in ogni caso da curare maggiormente questo prezioso portainnesto che ha ottima affinitrà con tutti i vitigni locali da vino e conferisce loro la peculiare caratteristica di grande longevità. Ciò attenua l'inconveniente di riprendere un po' lentamente dopo l'impianto a dimora, contrariamente alla grande vigoria che possiede in barbatellaio.
E' da osservare tra i lati negativi della Rupestris du Lot la facile recettività al Ronchet.

Berlandieri x Riparia 420 A.

Questo portainnesto, la cui introduzione nel Goriziano avvenne quasi contemporaneamente a quella del Kober, non ha avuto, almeno finora, quella diffusione che le sue ottime prerogative avrebbero dovuto meritargli. Il comportamento di questo soggetto adoperato in molti ambienti locali, tra i quali anche la media collina, è stato sotto molti punti di vista lodevole superando in certi casi il Kober. Ma si è già detto indirettamente delle ragioni che finora si sono opposte al suo estendersi e che si riassumono nella grande quantità di legno pur ottimo già presente nella località e che fornisce contemporaneamente una non trascurabile attività di esportazione.
Vi è però un'altra ragione per cui il 420 A non è molto diffuso in Provincia, imputabile ai vivaisti i quali con questo soggetto non ottengono una resa soddifacente in barbatelle, tanto che si stenta pur con tutte le cure a raggiungere il 50%.
Tuttavia da parte di autorevoli specialisti viene consigliata in ogni caso l'estensione del 420 A, specie nei terreni calcarei. Nella vicina provincia di Trieste anzi, i tecnici locali ed i viticultori, si sono orientati decisamente su tale portainnesto, rifiutando qualsiasi altro e preferendo talora di rinunciare addirittura all'impianto.
  Successivo