ALLE RADICI DEL VIGNETO FRIULI
"IL VIVAISMO VITICOLO"
Quali sarebbero per il Litorale austriaco in particolare, le varietà di viti americane resistenti più raccomandabili come
soggetto d'innesto? E quale, nelle condizioni speciali delle signole regioni viticole del suddetto territorio, le viti
europee indigene ed estere che meriterebbero di esservi moltiplicate mediante innesto su soggetti resistenti?
Questo il parere del dott. Carlo Hugues, Direttore dell'Istituto agrario provinciale di Parenzo. (34)
"Riassumendo ora sinteticamente lo stato degli studi sull'adattamento e sulla innestabilità delle viti americane
per portainnesto nella provincia dell'Istria, puossi intanto dare come assicurata la riuscita della Riparia, del York-Madeira,
del Solonis e della Rupestris, su tutto quel vasto triangolo ricoperto dalla terra rossa siderolitica, che va compreso tra
le punte di Salvore e di Promontore ed il seno di Fianona; ciò a dire per tutta l'ampia regione dove domina oggidì la
viticoltura condotta col maggior grado d'intensità di sistemi colturali; il che torna luminosamente dimostrato tanto a
Salvore ed a Umago su terra fillosserata, coma a Parenzo in territorio immune.
Riesce pure posta fuori di dubbio la riuscita del Solonis in tutti i terreni a sotto suolo umidiccio e talora
salmastro, che caratterizza una vasta estensione di vigneti delle valli di Sicciole e di Fasano (Pirano), e in generale
della zona litoranea più depressa.
Il Refosco, il Cabernet sauvignon, il Teroldigo e parecchie altri varietà di vitigni nostrali e forestieri hanno
colà già bellamente fatte le prime prove su detto portainnesto americano, dando soddisfacentissimi risultati tanto per
la vigorìa, quanto per la fecondità degli innesti; e ciò specialmente nelle contrade S. Udorico, Fasano, S. Martino, Comedon,
Cortina e Gorgo su quel di Pirano.
Per l'alluvione leggera di sabbia silicea mista con argilla, predominante nella contrada Comedon nella Val grande di
Sicciole, meglio che il Solonis riesce però il Rupestris, e dopo il Solonis il York-Madeira e la Riparia Portalis. Il
Jacquez vi deperisce prontamente.
Nella località Costa S.Martino, e che nel sottostante piano di Cortina, il Refosco sulla Riparia offre tralci
vigorosi e carichi d'uva, ed il vivaio erariale erettovi nel 1890 presenta bellissime piante madri di Solonis, Vialla,
York Madeira, Rupestris, Othello e Riparia Portalis; mentre vi si mostrano più deboli e meno promettenti il Jacquez, il
Noah e la Riparia comune. Il suolo vi è piuttosto siliceo ed alluvionale, con sottosuolo fresco e spesso umido.
Nel vigneto sperimentale fillosserato Castro in Val di Fasano, eretto dall'Istituto agrario provinciale di Parenzo
nella primavera del 1889 con 12 filari, di cui quattro di Cabernet sauvignon su Rupestris, Solonis, Riparia e York-Madeira,
sulla terza foglia ora pende un primo e copioso prodotto di uva sana, ben matura e nudrita.
Colà primeggiano per vigore dopo gli innesti sul Solonis, quelli sul York-Madeira, poscia gli altri su Rupestris e
su Riparia, con una vegetazione in complesso rigogliosa e promettentissima.
Venendo ad altre varietà di viti americane che si erano particolarmente raccomandate quali meglio adatte
alle terre calcaree noteremo che la Vitis Cinerea di cui esistono su quel di Pirano alcuni ceppi di 2 anni, prospera finora
abbastanza bene nella regione S. Udorico in terreno alluvionale salmastro; mentre la Berlandieri, pure di 2 anni si mostra
colà con vigore molto saltuario da ceppo a ceppo, di cui taluno e meschinissimo. Non conviene quì poi sottacere come, sia
la Cinerea, sia la Berlandieri, si sieno dimostrate di difficilissima ripresa per talea, tanto da non riuscire in una
proporzione maggiore del 5 al 6 percento.
Dei suddetti portainnesti più diffusi quello che meno si adatta alle terre bianche dell'Istria è naturalmente la
Riparia, più soggetta ai danni della clorosi.
A non dissimili deduzioni si è condotti dai risultamenti delle prove già iniziate dall'Istituto agrario di Parenzo,
nell'anno decorso in Semedella, e nel volgente anno in Val dell'Olmo su quel di Capodistria, con filari modello di Riparia,
Solonis, e York-Madeira innestati con Chasselas, Portugieser, Refosco e Cabernet sauvignon; esperienze che nel prossimo
anno si estenderanno colà con appositi vigneti sperimentali da erigersi in Valle su terreno argillo calcareo, ed alluvionale
sabbioniccio, a mezza costa su terreni calcarei di mediana composizionee consistenza e finalmente nella zona dei "Biancuzzi".
Se non che per quest'ultima natura dei terreni eccessivamente calcarei, occorrerebbe poter introdurre dalla Francia
quegli ibridi della Berlandieri colla vite Europea, che il professore Ravaz ha trovato adattarsi al suolo eminentemente
calcareo di Cognac nelle Charentes, ove ogni altra vite americana si mostra fin quì ribelle all'adattamento". (35)
Così Giovanni Battista Toppani (36), uno dei "Padri" storici del vivaismo viticolo friulano, ne ricorda i momenti
più significativi:
"Inizierò quindi dai miei primi e cari ricordi:
1921 : Dall'Istituto di viticoltura ed enologia di Wiener Neustadt (Austria), diretto dal prof. Kober, vengono
fornite all'Azienda Toppani di Ruda, allora condotta da mia zia Italia Toppani, le prime barbatelle franche di base
selezionate dall'illustre ricercatore: la Berlandieri per Riparia Kober 5 BB.; a quel tempo la migliore selezione in assoluto
di talea portinnesto.
1925 : Nella città di Palmanova, in occasione della mostra regionale dell'agricoltura, l'AziendaToppani ottiene un
importante riconoscimento per l'attività mirata alla produzione di viti innestate e talee portinnesto.
1933 : A Rauscedo piccola borgata sulla destra del Tagliamento, allora ancora in provincia di Udine, viene fondata
la Vivai Cooperativi Rauscedo, destinata a diventare negli anni la più grande Cooperativa vivaistica del mondo.
Nasce così, per il mondo rurale friulano, una nuova importante attività agricola, il vivaismo viticolo, professione
che porterà la nostra Piccola Patria a diventare leader italiana del settore.
Produzioni di ottimo livello, sia qualitativo che quantitativo, nascita di nuove realtà Cooperativistiche e di
Aziende singole, portano i vivaisti alla conquista di nuovi mercati, addirittura extra nazionali.
Negli anni Cinquanta, nella Bassa friulana, tra Ruda ed Aquileia, vengono creati i più grandi impianti di piante
madri portinnesto di tutta l'Europa, colture tutte protette da reti antigrandine. Sono le radici di tutta la viticoltura
nord-europea.
L'amicizia e l'affetto che il commendatore Giulio Ferrari nutre nei miei riguardi mi dà il grande onore di essere,
primo il Italia, a piantare i vitigni selezionati dall'indimenticabile amico. Le sue selezioni di Chardonnay, Merlot,
Cabernet franc, Cabernet sauvignon, Schiava gentile ecc.; vengono da me moltiplicate e fornite ai viticoltori di ogni luogo.
Andiamo avanti. Assieme al prof. Candussio inizio un lavoro di selezione del vitigno Picolit. Abbiamo scoperto un grande
alleato, il microscopio elettronico il quale ci permette di individuare il polline "buono" per fecondare il fiore e far così
produrre il vitigno. Il portinnesto più affine lo abbiamo già in mano: è il 125 AA. Mi convinco sempre di più che una
attenta e continua selezione porta la vite a notevole miglioramento, sia genetico che sanitario.
Questa tesi posso finalmente verificarla quanto a fronte di enormi sacrifici, riesco a realizzare il mio sogno di
sempre : 10 ettari di vigneto per collezione e confronto clonale, dove sono poste a dimora le più importanti varietà di viti
del Nord Italia con selezioni italiane ed estere. Piante di di base mi vengono fornite dai più famosi Istituti viticoli di
Italia, Austria, Francia e Germania.
Consentitemi, infine, di ricordare i nomi delle persone con cui ho operato, a cui devo riconoscenza e gratitudine e
che mi onoro di aver conosciuto; Cosmo, Eynard, Calò, Piacenza, Salvador, Pittaro, Comelli, Angeli, Forti, Carniel,
Candussio e per ultimo, ma non per ultimo, il mio caro e giovane amico Bruno Pinat. Gli lascio in eredità la mia esperienza
accumulata in tanti anni di appassionato lavoro, e i miei consigli, e gli auguro che l'opera da me svolta gli sia d'aiuto,
gli dia una traccia, gli serva da esempio nel suo cammino professionale".
Agli inizi degli anni '60 un forte impulso al vivaismo viticolo friulano venne dato dal Consorzio provinciale per
la Viticoltura e l'Enologia di Udine sorto per iniziativa di alcuni tecnici e viticoltori d'avanguardia (fra i quali
l'allora Capo dell'Ispettorato Agrario dott. G. Poggi ed i due precedenti Presidenti dell'Ente dott. G. Morelli de Rossi e
dott. G. Perusini) che - scrive Nussi - (37)
"Si propone l'assistenza e l'incremento qualitativo delle viticoltura e dell'enologia della provincia e,
particolarmente , opera di controllo dei vivai di barbatelle innestate e dei vigneti di piante madri americane ed europee.
La nostra provincia, accanto ad una migliorata ed affermata viticoltura è nota in Italia ed all'estero per una sana
ed ottima produzione vivaistica di barbatelle di viti innestate che ogni anno varcano i confini della provincia andando ad
ammantare di pampini i dolci colli piemontesi, le pingui pianure emiliane, le fattorie toscane e le terre laziali, oltrechè
le Tre Venezie.
L'entità di detta produzione occupa una superficie investita a citi di cira 225 ettari, dei quali 150 sono riservati
a piante madri e 75 a barbatellaio: sono oltre otto milioni di barbatelle di prima scelta e 15 milioni di metri di legno
americano da innesto, in gran parte Kober 5 BB, che vengono prodotti annualmente da 35 vivaisti, fra cui una società
cooperativa, per un valore lordo di oltre un milardo di lire !
Tali cifre dimostrano l'importanza ed il peso che occupa la nostra provincia nel fornire il materiale occorrente per
gli impianti viticoli italiani ed esteri e come esso debba essere ineccepibile sotto il profilo varietale, sanitario e
qualitativo per conservare ed accrescere la fiducia e la preferenza di una vasta clientela.
Il Consorzio, conscio della funzione e consistenza di questo settore, impostò, sin dalla costituzione, il proprio
lavoro principalmente nel campo vivaistico, allo scopo di migliorare la produzione e risanare gli impianti, grazie alla
preziosa ed illuminata guida e collaborazione del prof. I. Cosmo, direttore della Stazione Sperimentale e di Viticoltura ed
Enologia di Conegliano, della dott. ssa A. Cosolo, direttrice dell'Osservatorio fitopatologico del Friuli e dei Capi e
tecnici del locale Ispettorato agrario.
Proprio in tal settore il Consorzio può vantare al suo attivo una realizzazione d'inestimabile valore morale e
materiale: un rigoroso controllo varietale e fitosanitario delle marze; dei portinnesti e delle barbatelle che arriva
all'applicazione, per il materiale ritenuto idoneo, di un marchio di garanzia.
I vivaisti friulani, in mancanza di una legislazione riguardante la disciplina della produzione e dell'immissione
in commercio dei propri prodotti, si sono riuniti volontariamente nel Consorzio, al fine di dare una regolamentazione al
tormentato settore vitivinicolo, cominciando ad operare dai vivai che, se ben indirizzato, avrebbero potuto esercitare un
determinante benefico influsso sull'intero complesso produttivistico.
A distanza di una decina d'anni dai primi tentativi a scopo sperimentale ed orientativo, durante i quali si dovettero
superare non poche difficoltà d'ordine psicologico, finanziario ed organizzativo, si è pervenuti all'attuale ampia e
concreta forma di controllo, che riscuote la simpatia e l'interesse non solo dei viticoltori che sono i maggiormente
interessati sia all'iniziativa, ma dei più illustri tecnici (proff. Dalmasso, Ciferri, Breviglieri, Baldacci, Cosmo, Rui ed
altri) e delle stampa agricola più qualificata.
I continui controlli effettuati da appositi tecnici ( fra gli altri i colleghi dottt. A. Angeli, dott. A Tubaro e
p.a. R. Pandolfo) che esigono particolare attitudine e passione, sono diretti ad accertare la corrispondenza varietale del
materiale da riproduzione, e ad individuare eventuali focolai di malattie trasmissibili con la moltiplicazione vegetale
(prima fra tutte la temibile degenerazione infettiva o Roncet). Il lavoro di controllo per quanto riguarda i vigneti
portamarze e portainnesti può essere così sintetizzato:
a) visita degli impianti, durante il periodo vegetativo, agli effetti varietali e sanitari con attento esame delle
caratteristiche produttive dei singoli ceppi (al fine di giungere alla selezione clonale) e delle manifestazioni morfologiche
proprie delle virosi;
b) prelievo durante il periodo invernale, dei ceppi ritenuti sospetti, registrati in appositi moduli, del legno maturo;
c) esame di detto legno al microscopio per accertare la presenza nel sistema vascolare dei cordoni endocellulari, elemento
diagnostico di primaria importanza per l'accertamento delle virosi;
d) accertamento dell'avvenuto estirpamento dei ceppi risultati infetti, al fine di eliminare possibili contaminazioni.
Per quanto concerne invece i vivai, il lavoro di assistenza e di controllo riguarda le fasi d'innesto, di forzatura
e messa a dimora delle taleine; la visita durante i mesi estivi, dei barbatellai, per accertare la purezza varietale, la
sanità e lo stato colturale del materiale; la sorveglianza durante l'estirpamento e la cernita delle barbatelle: quelle
ritenute di prima scelta vengono riunite in fascetti di venticinque, legate con filo di ferro, al quale si applica
un'etichetta ed un piombino che viene sigillato dal tecnico controllore.
L'etichetta consiste in un cartoncino colorato a seconda delle varietà, porta da un lato il nome del vivaista, la
località di produzione e gli estremi della licenza prefettizia; dall'altro, il simbolo del marchio dell'Ente controllore,
e la dicitura "Viti immuni da degenerazione infettiva", il nome della varietà nostrana e quello del portainnesto americano.
L'etichetta è inguainata in una foderina di plastica, atta a proteggere la scritta dai danni dell'umidità, abrasioni, ecc.
La presenza del marchio garantisce quindi all'acquirente oltrechè la varietà dichiarata della cultivare del
portainnesto, del suo luogo di provenienza, anche l'umidità del materiale da parassiti animali e vegetali ed in particolare,
alla luce delle attuali conoscenze, dalla degenerazione infettiva, nonchè una cernita più accurata e severa delle barbatelle
che devono rispondere ad alcuni indispensabili requisiti tecnici.
Si può ritenere, in base ai risultati fin qui ottenuti, che la degenerazione infettiva sia quasi del tutto sradicata
dalla nostra provincia (salvo qualche rara eccezione in vecchi vigneti in fase di estirpamento); l'esperienza suggerisce
tuttavia che il materiale destinato alla riproduzione dev'essere sistematicamente posto sotto continua sorveglianza, onde
individuare possibili focolai d'infezione che annullerebbero in breve tempo il lavoro di un decennio.
Certo è che se fosse venuto a mancare questo tempestivo e volontario lavoro di repressione, la virosi a quest'ora
avrebbe intaccato sensibilmente il patrimonio viticolo friulano ed anche nazionale.
Gran merito spetta quindi a coloro che vollero, organizzarono ed attuano simile imponente opera di selezione e di
prevenzione, ma lode soprattutto ai vivaisti friulani che, pur sopportando l'onere finanziario dell'iniziativa, si sono
autoimposti una rigorosa disciplina che anticipa in materia i provvedimenti legislativi invocati da decenni ma non ancora
emanati.
Giustificate quindi sono le aspettative della categoria dei nostri vivaisti che invocano dallo Stato e dalla Regione
e dagli Enti locali un concreto e determinante intervento finanziario a sollievo della loro situazione e giusto premio alla
loro solidale concretezza di lavoro.
Piace riportare infine quanto scriveva sull'argomento l'Ispettore del Ministero dell'Agricoltura e Foreste prof. D.
Rui, direttore dei servizi fitoiatrici delle Venezie, ancora nel 1956:
"Vi è poi un motivo d'ordine generale per auspicare l'estensione dei controlli a tutta la produzione vivaistica
friulana e nazionale: quello di permettere la formazione di vigneti sani, duraturi e prosperi, in quanto - come ha
sottolineato la Commissione internazionale di studiosi e di specialisti sulla degenerazione infettiva delle vite riunitasi
nel Veneto (Verona e Conegliano) nel giugno scorso - le conseguenze derivanti dall'aggravarsi della malattia possono
considerevolmente ridurre la produzione viticola, particolarmente quella dei vini più rinomati.
In conclusione si debbono far voti affinchè per tutti gli scopi ed i vantaggi offerti dal controllo vivaistico, la
lodevole iniziativa friulana - unica, forse, nel suo genere in Italia, si generalizzi e si estenda a tutta la produzione
locale ed a quella nazionale".
FABBRO C.: ALLE RADICI DEL VIGNETO FRIULI – Associazione Nazionale Città del Vino – Siena, ottobre 1998
Riferimenti bibliografici : contattare claudiofabbro@tin.it
IL LIBRO È DISPONIBILE PRESSO LA BIBLIOTECA COMUNALE DI SAGRADO D'ISONZO ( GORIZIA)
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