vigneto Friuli

 ALLE RADICI DEL VIGNETO FRIULI
"IL VIVAISMO VITICOLO"

     Rispetto al modo di conciliare questo provvedimento antifillosserico con le nostre circostanze locali, giova rammentare quanto segue:
La Commissione d'inchiesta in affari fillosserici convocata nel gennaio dell'anno 1883 ha risolto la questione se sotto quali circostanze convenga procedere all'estinzione dei vigneti fillosserati, con ciò che il metodo estintivo è da adottarsi solamente nel caso che siensi scoperti nuovi focolai isolati, cioò a dire non provenienti da un vecchio focolaio vicino.
Attesa la tendenza inerente a questo deliberato dalla Commissione d'inchiesta, l'i. r. Ministero di Agricoltura con decreto di data 21 Febbraio 1883 N.ro 2471 ha ufficiato le Autorità provinciali di permettere l'estinzione d'un vizzato fillosserico quando
a) trattisi di un'infezione isolata, semprechè per isolata non s'intenda quell'infezione che s'aggiunge ad altre infezioni già sussistenti nel vicinato o insorge nella medesima plaga di conserva con altre nuove infezioni vicine;
b) quanto le spese emergenti dall'estinzione del vizzato infetto non sieno presumibilmente maggiori dell'utile che secondo ogni probabilità ridondare dovrebbe dall'aver preservato i vigneti vicini.
Con ciò l'applicazione di questa misura antifillosserica fu ristretta a pochi casi ben definiti, onde da quell'epoca non si procedette che rarissime volte all'estinzione di vigneti infetti.
Nei vitati del Litorale il metodo estintivo fu adusato nelle infezioni periferiche dapprima in Salvore, indi ad Umago, a Capodistria, a Buje e da ultimo il territorio di Trieste.
Ecco le relative esperienze che ne conseguitarono:
Date certe condizioni speciali, il metodo estintivo serve ad estirpare in certi punti il morbo. Così nella campagna Sardotsch a Trieste, dove nell'anno 1888 si levarono 30 ceppi di vite nè più si avvertì, malgrado le più accurate ricerche, alcuna traccia d'infezione fillosserica.
A condizioni favorevoli l'estinzione reiterata serve a circoscrivere la malattia a tal segno da scongiurare i danni per una decina d'anni. Ne fa la prova il metodo estintivo eseguito nel comune di Buje in Istria, dove sopra la superficie vitata di 561 ettari si diveltarono negli anni 1886-1890 ettari 1.8. Ebbene, quei vigneti oggidì, vale a dire dieci anni dopo l'invasione fillosserica, non tradiscono danni causati dal pidocchio. Chi sa come la fillossera si propaga in collina, si persuaderà bene che se a Buje fosse stata tralasciata l'estinzione oggigiorno una gran parte di quei vigneti sarebbe bell'e distrutta dalla fillossera, e l'invasione si sarebbe estesa anche fuori di quel territorio.
Se la popolazione avversa le misure dirette a localizzare il male, è vano ogni tentativo di circoscriverlo ed imminente pericolo che l'infezione si estenda anche in vigneti discosti. Questa contrarietà essendosi manifestata nel distretto vinicolo di Buje fu giocoforza cessare da ulteriori estinzioni di quei vigneti.
Prima di effettuare l'estinzione sopra un terreno fillosserato convien esplorare diligentemente i vigneti circonvicini, e sino a tanto che vi si rinvengano dei ceppi infetti, bisogna scalzare pedale per pedale ed esaminare le radiche per accertarsi se sono fillosserate o meno.
Perchè l'investigazione possa dirsi esatta essa deve estendersi più oltre sopra la zona da determinarsi di volta in volta conforme le circostanze locali. Il metodo in discorso consiste nel disinfettare il terreno, e nella successiva estrazione dei ceppi mortificati per opera dell'insetticida. Giova notare che per debitamente disinfettare un terreno a sottosuolo non troppo permeabile ci vogliono 250-300 grammi di solfuro di carbonio per ogni metro quadrato di vigna. Ordinariamente convien ripetere più volte l'estinzione nel termine di 3-4 anni per averne uno risultato soddifacente.
E per tutto questo tempo devesi ogni anno esplorare il terreno sospetto.
Presa la deliberazione di procedere all'estinzione di un terreno, convien riflettere anzi tutto se bastano i mezzi onde sopperire alle spese di un'operazione che durerà tre, quattro anni. Or, per diveltare un ettaro di vigna ci vogliono da noi tra 1100 e 1600 fiorini".
Alla luce di queste considerazioni Ursic (26) concluse:
"Trattandosi di uno o di pochi focolaj isolati che potrebbero mettere a repentaglio l'incolumità del rimanente territorio, il metodo estintivo è da adottarsi solamente nel caso che sussistano le condizioni legali per permettere questo procedimento e, ponderate coscienziosamente tutte le circostanze normative, sia guarentito l'utile che dall'estinzione ci si ripromette.
Che se in un territorio vitifero l'infezione fillosserica venga scoperta troppo tardi perchè dall'estinzione si possa sperare un reale vantaggio tranne per alcune infezioni periferiche, si abbracci il metodo colturale nei terreni che vi si prestano, e ciò per scongiurare possibilmente la distruzione delle piantagioni sussistenti e per guadagnar tempo affine di esperire sul rispettivo territorio la coltura delle viti americane, tanto più che - come ogn'un sa - il viticultore volgare si ostina e non ricostituisce i vignati divelti sin tanto che non abbia sott'occhio delle prove palpabili di piantamenti americani riusciti".
Nella terza seduta, tenutasi nel pomeriggio del 17 settembre, il relatore Carlo Mader, docente dell'Istituto provinciale agrario di San Michele s/A., osservò che (27)
"l'innestatura di viti americane e la ricostruzione di vigneti minacciati dalla fillossera si può fare in due maniere: o il soggetto resistente si pianta direttamente nel vigneto e, cresciuto che sia, s'innesta, 1 o 2 anni dopo averlo piantato vuoi coll'innesto sul legno vuoi coll'innesto sul verde - e questo è l'innesto a dimora - ; oppure il materiale resistente, onde s'abbisogna per la ricostruzione dei vigneti fillosserati, s'innesta previamente - innesto a mano - e quindi si procede al reimpianto del vigneto con viti innestate di 1 a 2 anni.
E l'uno e l'altro sistema ha il suo prò e il suo contro, e conforme alle circostanze gioverà ricorrere ad ambedue spedienti non senza conseguire, date certe condizioni, un buon successo e con l'una e con l'altra maniera di piantamenti". Mader, dopo essersi soffermato a lungo sugli aspetti tecnici dei citati metodi d'innesto propose la seguente soluzione: (28)
"1. Egli è un fatto incontestabile che tanto collo innesto a dimora quanto coll'impianto di viti già innestate si sono ottenuti buoni risultati; cionnopertanto il ricostruire vigneti distrutti dalla fillossera con viti previamente innestate puossi, in generale, considerare come il metodo più consigliabile.
2. Il migliore rimarginamento nei nesti si raggiunge coll'innesto sul verde, il che non toglie che anche l'innestatura sul legno dia nesti perfetti e durevoli.
3. Per produrre viti innestate di grande quantità il metodo più acconcio è l'innesto a mano, sia di barbatelle che di magliuoli; l'innesto a dimora nel vivaio serve meglio per la piccola produzione.
4. Le maniere d'innesto più acconce sono per l'innestatura sul legno: la copulazione a linguetta, l'incalmo a spacco e a sella; per l'innestatura sul verde si presta meglio: la copulazione, l'innesto per approssimazione , indi l'innesto a spacco e a scudetto.
5. Quanto alla ricostruzione di vigneti fillosserati gli è necessario che e Governo e Provincia favoriscano l'impianto di maggiori vivai, anche per privati, affine di offrire anche al piccolo possidente la possibilità di fare acquisto di viti già innestate.
6. La mansione di allevare idonei maestri e istruttori d'innestazione e quella di educare buoni innestatori pratici incombe agli istituti agrari esistenti nella varie province e segnatamente allo Istituto enologico centrale di Klosterneuburg".

Sull'importanza ed applicazione dell'innesto verde nella rigenerazione della viticoltura intervenne anche Ermanno Goethe, direttore, in Baden presso Vienna. (29)
"Chiunque sia versato nell'innestatura delle viti in genere e nell'innesto erbaceo o sul verde in ispecie, saprà che niun altro metodo d'innesto offre successi cotanto favorevoli quanto il metodo anzidetto, e che con niun altro processo d'innesto si ottiene una ripresa prefetta, semprechè l'innesto venga eseguito bene. Questo convincimento si fa sempre più strada, e si basa sugli splendidi risultati conseguiti negli ultimi anni col perfezionamento di esso metodo e ciò con esperimento fatti tanto in piccolo quanto in grandi proporzioni.
Sussistono da ben 60 anni delle esperienze in fatto d'innestatura sul verde raccolte in Ungheria, le quali esperienze, ancorchè derivate da metodi d'innestatura vieti o antiquati, hanno talvolta dimostrato che da nesti erbacei infossati si ebbero mai sempre ceppi di vite ferati e durevoli, mentre i più vecchi nostri verdi sopra soggetti americani resistenti educati dalla Scuola enologica di Marburgo datano dall'anno 1875, vale a dire hanno l'età di 15 anni, e si mantennero fin da quell'epoca vigorosi e fruttiferi, massimamente perchè vi si erano adusati i metodi d'innestatura erbacea perfezionati. La maggior prerogativa dell'innesto erbaceo consiste però in ciò che, con quel mezzo, si possono ricostruire i vigneti più prestamente e con minor spesa. Un confronto coll'innesto sul legno gioverà a confermare in sin qui detto. Stando alle esperienze copiose che i francesi, maestri - come ognun sa - nello innesto sul legno, raccolsero con questo genere d'innestatura nel corso di 20 anni, si ricavano mediante l'innesto di maglioli sul legno, quali, ivi maggiormente si pratica per educare nesti in massa, dopo un anno di vegetazione in vivaio in media un terzo di nesti ben rimarginati, tali da porsi in vendita e buoni per nuovi impianti, il che vuol dire che sopra i 100 soggetti innestabili e altrettante marze si ottengono circa 33 nesti buoni i quali nelle attuali circostanze, che nemmeno in appresso si muteranno gran fatto, hanno il prezzo medio di f. 10 per ogni cento e rispettivamente di f. 100 per ogni mille nesti di guisa che i 10.000 nesti necessari per ricostituzione di 1 ettaro di vigna costerebbe 1000 fiorini, semprechè la merche sia inappuntabile o tutte le viti piantate attechiscano. Due terzi dei portainnesti fanno cecca e debbono calcolarsi perduti."
"All'ordine del giorno c'è il quesito N.ro 5 che suona:
Quali provvedimenti si rendono consigliabili o necessarii per agevolare la introduzione e la coltura di viti americane nei luoghi invasi o minacciati dalla fillossera?
Ne riferisce il sig. dottore C. Canciani di Parenzo, esponendo quanto segue: (30)
"Non vorrebbesi fissare una traccia distinta e ben marcata fra i provvedimenti consigliabili e necessari, poichè in un tema tanto complesso e concatenato, gli uni si confondano cogli altri per forza di cose. Se tuttavia, forse in guisa più scolastica che pratica e per corrispondere adeguatamente al quesito, vogliansi dividere i provvedimenti in consigliabili e necessari, riterrebbesi in primo luogo necessaria l 'erezione di vivai locali di viti americane, nella guisa superiormente accennata, e ciò tanto nel territorio invaso quanto nell'ancora immune.
E' superfluo del resto un cenno pel ritiro e provenienza del materiale destinato all'erezione di vivai americani in territorio immune, essendo fortunatamente risolto il problema, grazie alle accurate indagini e minuti rintracciamenti delle benemerito Società di protezione pella viticoltura austriaca ed all'interessamento scientifico e industriale di personalità superiori a volgare speculazione".
"Se mi lecito in proposito di richiamarmi a circostanze locali, dirò ad esempio che la "vitis rupestris" adatta per eccellenza ai terreni bianchi calcareo-argillosi, potè venir ritirata in copia da luogo infetto per Pirano ed Isola, mentre non si potè avere in addietro pel vivaio dall'Istituto agrario provinciale di Parenzo e dal succursale di Pisino, ambi in regioni ancora immuni, da dove avrebbesi potuto preparare il materiale d'impianto per l'Istria bianca.
Correlativamente ai premessi provvedimenti necessari, si presenterebbero poi consigliabile la coltura sperimentata di filari modello onde illustrare o meglio ancora giustificare le singole varietà di viti americane introdotte nei vivai, rispetto all'adattamento nei terreni diversi, e determinare così empiricamente quali varietà meritino venir introdotte e diffuse e quali nò.
Da ultimo consigliabile e nella stessa guisa pressochè necessaria è la volgarizzazione dell'innesto quale provvedimento corollario dei precedenti".
Concluse il Canciani: (31)
"In base delle premesse argomentazioni, e concludendo, mi onoro così di avvisare quali provvedimenti necessari: l'istituzione a pubblica cura di vivai locali di viti americane resistenti, in località immuno ed infette; la coltura sperimentale di filari modello delle viti stesse in terreni diversi, sia immuni sia fillosserati, e la volgarizzazione dell'innesto; subordinatamente indicando questi due ultimi provvedimenti siccome consigliabili soltanto". Nella quinta seduta, tenuta la mattina del 19 settembre, il direttore Roesler (Klosterneuburg) in sostituzione del Cav. Alberto dott. Levi, affrontò il seguente problema:
"Se, in presenza dell'infezione fillosserica che da ben tre anni è penetrata nella provincia di Gorizia, sia da consigliarsi la coltivazione di viti americane resistenti, a produzione diretta, e quali fra codeste varietà di viti si adattino meglio al clima, al suolo e alle condizioni economico-agrarie del Goriziano?
Quali sieno i pregi e i difetti di cotali vizzati e come trar partito dai primi e correggere i secondi? E quale sia finalmente il miglior processo di fermentazione dei mosti ricavati dalle loro uve?
In merito il Cav. Alberto dott. Levi (32) trasmise alla presidenza del Congresso già fin dal 25 luglio 1891 la seguente relazione:
"Sono ormai trascorsi 23 anni dal giorno memorabile, 15 luglio 1868, in cui l'illustre Planchon, gloria della celebre scuola di Montpellieri, scoperse la fillossera sulle radici delle viti del castello di Lagoy presso Saint-Remy nel dipartimento delle Bocche del Rodano. Da quell'epoca in poi, il terribile afide che, gran tempo prima di tale scoperta, s'era annidato in alcune vigne della Provenza, della Linguadocca e della Guienna, si diffuse rapidamente per tutta la Francia e invase a poco a poco gli altri Paesi viniferi di Europa, l'Asia e l'Africa, spingendosi fino in Australia, tuttochè accerchiata dall'Oceano.
Non valsero ad arrestarlo gli ostacoli naturali frapposti alla sua marcia fatale dai monti, dai deserti e dai mari; non la guerra di sterminio banditagli dai governi e dai privati; nè l'ermetica chiusura delle frontiere fra Stato e Stato e i divieti l'importazione di piante, di frutta e fino d'innocui fiori; nè i patti internazionali di Losanna e di Berna, che crearono inutili ostacoli ai commerci fra popolo e popolo; nè le schiere di cosacchi appostate in Crimea intorno ai primi focolari d'infezione per impedire armata mano la propagazione del contagio; nè la distruzione delle vigne contaminate e l'avvelenamento del suolo coi più potenti insetticidi.
L'insuccesso completo e generale di questi numerosi conati, comprova, una volta di più, in modo incontestabile, che l'uomo, il quale ha saputo domare gli elementi e volgere a suo profitto le forze della natura, diviene impotente allorchè si tratta di lottare contro esseri infinitamente piccoli come la fillossera, sendo tali esseri minuscoli, ma al tempo stesso dotati di portentosa forza di resistenza e di prodigiosa fecondità, sfuggono facilmente alle sue ricerche, si sottraggono alle sue persecuzioni e sfidano impunemente le sue armi meglio affilate !
Così avvenne che nell'impari lotta, la vittoria toccasse al malefico insetto e non rimanesse al dì d'oggi quasi regione viticola al mondo immune di fillossera. Anche in questa provincia di Gorizia, minacciata da grantempo dai contigui vecchi focolari di Podraga, S. Veit, S. Anna, Rasguri, Polane, Ucinca, Gotsche, Ersel, Kodrece, ecc., situati nella bassa Carniola in prossimità del nostro confine, la fillossera fu scoperta tre anni or sono inaspettatamente nei Comuni di Gabria e di Samaria, distretto giudiziario di Aidussina, a trenta chilometri circa da Gorizia, nonchè nei Comuni di Stjak e Sella, distretto giudiziario di Comen. Si ignora peraltro da quant'anni vi pullulasse allo stato latente, prima che il grande deperimento delle viti e la loro morte repentina, non imputabili ad altre causa, ne avessero manifestato indubbiamente la presenza; che fu anche accertata ufficialmente nell'estate del 1888 dagli organi tecnici governativi. Oggidì l'infezione palese si estende, come fu detto, dal lato di settentrione ai Comuni di Gabria e di Samaria e ha già spinto i suoi posti avanzati nei nuovi focolari scoperti l'anno scorso in direzione di ponente nella località di Cipi e Branica, che costituiscono da questa parte una permanente minaccia per i fertili vigneti di Reifenberg, di Dornberg e di tutta la vallata di Vipacco, e si prolunga poi a mezzodì fino a Stjak e Sella mettendo a imminente pericolo S. Daniele, Kobdil e tutto il Carso goriziano. Se il contagio si sia poi nel frattempo propagato anche in altri siti al di quà dei nominati, fin dove arrivi e in che punto si arresti, nessuno lo sà, perchè in difetto di accurate esplorazioni eseguite da esperti delegati fillosserici, come lo chiese invano ripetute volte e con molta insistenza la Commissione provinciale fillosserica di Gorizia, è impossibile determinare i precisi limiti della infezione.
Vero è ben sì che si pretende,sulla fede di semplici affermazioni delle Commissioni locali fillosseriche, che non abbia ancora oltrepassato i confini delle suddette località, ma a chi è nota l'assoluta incompetenza in argomento del maggior numero d'individui componenti codeste Commissioni locali le quali, in gran parte almeno in questa provincia, esistono del resto più di nome che di fatto; a chi considera che la coltura della vite si estende, quasi senza interruzioni, da Samaria fino al centro della provincia di Reifenberg, Dornberg, Prebacina e S. Pietro e, con brevi intervalli di colture prative e boschive, da Cipi per Kobdil e S. Daniele e da Stjak e Sella a tutto il Carso inferiore; a chi conosce, finalmente, i venti dominanti in questa provincia e il corso della Branica e del Vipacco e non ignora che la via tenuta dalla fillossera nelle sue invasioni segue sempre la direzione delle correnti aeree e il corso dei friumi e dei torrenti, come s'ebbe largo campo di verificare in Francia fino dai primordi dell'infezione, non può cader dubbio che in quest'ultimi tre anni di accertata presenza del temuto nemico in questa provincia, preceduti da altrettanti almeno di suo pullulamento allo stato latente, la fillossera non si sia disseminata bene al di quà dei primitivi focolari, e che non abbia a trascorrere purtroppo gran tempo prima che le sue malefiche gesta ne disvelino la presenza in altre località lungo le arterie principali e le secondarie che da S. Croce di Vipacco menano nel capoluogo della provincia da una parte e nel Carso di Comen e Sesana dall'altra, esposto quest'ultimo altresì all'immediato contagio dei focolari d'infezione vecchi e nuovi esistenti nel territorio di Trieste e nella contigua provincia istriana. (33)
Ora di fronte al pericolo imminente che minaccia di disseccare uno dei principali cespiti della nostra produzione agraria, il quale è poi l'unica fonte da cui traggono penosa sussistenza le laboriose genti che popolano la regione dei colli aprichi giacenti al piede delle Prealpi, dal Coglio a Vipacco, staremo noi colle mani alla cintola a contemplare la immancabile nostra rovina, per incuria o inettitudine a difenderci? Stimiamo, invece, sacro dovere di tutti i viticultori del Goriziano di accingersi fin d'ora con coraggio e perseveranza all'aspra lotta, attivando senza ritardo ogni escogitabile mezzo di difesa per scongiurare il temuto flagello e salvare la patria viticoltura da tanta irreparabile catastrofe. Svanita, in seguito a generali costanti insuccessi, pagati ovunque a carissimo prezzo, la fallace lusinga di poter distruggere completamente la fillossera col ferro, col fuoco e col veleno, si studiò dai viticoltori francesi, che ne furono le prime vittime e furono anche i primi ad accingersi alla difesa, se vi fosse modo di far convivere la vite col mortale nemico, e parecchi espedienti furono all'uopo immaginati e sperimentati con vario successo. Fra quelli che fecero la miglior prova e la cui efficacia, in certe determinate circostanze, è anche oggidì generalmente riconosciuta ed apprezzata, i soli meritevoli di speciale considerazione cono i seguenti:
1.° i trattamenti, volgarmente detti, colturali, che consistono nell'impiego di piccole dosi di solfuro di carbonio o di solfocarbonato di potassa e che usati a tempo e luogo, ripetuti una volta almeno annualmente e sussidiati da generose e adatte concimazioni, valgono ad infrenare, fino ad un certo punto, la soverchia moltiplicazione della fillossera e permettono alla vite di ricostruire, almeno in parte, il suo sistema radicellare.
2.° la sommersione invernale delle vigne, che fa perire gran numero di fillossere asfissiate, ma ne lascia anche di sopravviventi nelle bollicine d'aria imprigionate nel suolo che l'acqua non riesce ad espellerne completamente, e la quale inoltre non preserva, la vigna dalle reinvasioni estive ed autunnali.
3.° il piantamento nelle sabbie fine pure e mobili, la cui immunità è condizionata alla predominanza dell'elemento siliceo, e esige non meno di 90 o 100 centimetri di spessore.
4.° le viti americane resistenti.
Senza dilungarci ad enumerare le condizioni di riuscita, i pregi e i difetti dei tre primi mezzi di difesa , ci limiteremo ad osservare che, considerati in rapporto alla loro adattabilità e convenienza alla provincia di Gorizia, la sola cui si riferisce il presente quesito, devonsi escludere a priori, perchè impossibili ad applicarsi nelle circostanze agrologiche ed economico-rurali in cui quella si trova. E li giudichiamo nel caso nostro di impossibile applicazione, perche il 1.° c'imporrebbe un considerevole aggravio di spesa il quale tenuto, conto del costo dell'insetticidio, della mano d'opera e delle copiose concimazioni ristoratrici e complementari che richiedono le vigne trattate con quel mezzo sterilizzante, non può valutarsi a meno di f. 150 all'ettaro; laddove lo scarso prodotto delle nostre vigne paesane, il tenue valore del vino che ne ricaviamo e che rimborsa a mala pena le altre spese di produzione, e i mille ostacoli che, tanto all'interno come all'estero, ne difficoltano lo smercio e ne rinviliscono il prezzo, non ci consentono il lusso di tale costoso spediente; - perchè il 2.° esige terreni di natura speciale, simili a quelli delle estesissime dune di sabbie marine intorno a Aigues-mortes che formano il delta del Rodano, o simili a quelli delle lande sabbiose che coprono la vasta pianura centrale dell'Ungheria e si estendono su parecchie migliaia di ettari dal piede dei Carpazi fino alla frontiera della Serbia verso il mezzodì; dei quali terreni non havvi neppure un palmo in questa provincia; e perchè il 3.°, finalmente, presuppone dovizia di acque dolci correnti, di cui abbiamo somma penuria, e che richiederebbe inoltre nel caso nostro, anche nelle rarissime situazioni in cui fosse applicabile, l'impiego di macchine elevatorie, condutture, tubature, ecc., quindi nuovi ragguardevoli dispendi cui, per le ragioni dette, torna impossibile sobbarcarci.
Non ci rimane quindi altro ripiego all'infuori di quello delle viti resistenti americane, e di queste soltanto intendiamo perciò occuparci.
Fu il signor Laliman il primo che nel 1869, al Congresso viticolo di Beaune, richiamò l'attenzione dei suoi concittadini sulla resistenza di alcune specie e varietà di viti americane le quali, coltivate nel suo podere della Touratte presso Bordeaux, avevano conservato una splendida vegetazione e una mirabile feracità in quel terreno pienamente infetto, in cui tutte le viti europee erano perite o stavano morendo sotto gli attacchi della fillossera.
Il fatto annunziato da Laliman e confermato da altri coltivatori di viti americane in Francia, non poteva però essere accolto come articolo di fede della viticoltura moderna per inferirne la generale resistenza di quelle viti alle punture dell'insetto, prima di sciogliere il quesito, se la loro resistenza dovesse ascriversi a particolari favorevoli circostanze locali, ovvero alla immunità intrinseca di esse viti, prima di conoscere, cioè, se la fillossera esistesse anche in America e come si comportassero colà, in presenza della medesima, tanto le viti americane come le europee. Era noto da gran tempo che tutti i tentativi fatti in America da svizzeri, tedeschi e francesi per introdurvi e acclimarvi quest' ultime, avevano fallito completamente, poichè tali viti, dopo breve periodo di stentata esistenza, vi perivano tutte inevitabilmente.
Era altrettanto notorio che le viti del nuovo mondo, tuttochè portassero sulle loro foglie un numero maggiore o minore di gallozzole, prodotte dalla puntura di una specie di afide, analogo a quello delle foglie di quercia, e che è conosciuto in America sotto il nome di Pemphygus viti-foliae, prosperavano, invece a meraviglia nel loro paese nativo, senza che si manifestasse in esse alcuna specie di moria, eccetto quella causata, nelle regioni più umide e più calde, dai molti parassiti vegetali, e specialmente dal Black-Rot (marciume nero) che rendevano impossibile la coltura della preziosa ampelidea in alcune parti degli Stati Uniti.
Questo diverso modo di comportarsi in America delle viti europee e delle americane; rimase a lungo tempo un enigma inesplicabile per gli stessi americani.
Se non che, colla scoperta della fillossera produttrice delle galle sulle foglie di viti americane ed europee (forma gallicicola) fatta in Francia da Planchon nell'anno successivo (1869) alla sua memorabile scoperta della fillossera delle radici (forma radicicola) e colla dimostrazione sperimentale data poco appresso dallo stesso e dal suo collaboratore e cognato Lichtenstein, ai quali riescì di trasformare la fillossera delle galle in quella delle radici e viceversa, che codeste due svariate sembianze, ritenute fino allora come appartenenti a due specie, non erano che forme diverse di un unico e identico insetto, fu singolarmente appianata la via alla soluzione di quel problema.
All'eminente entomologo americano Riley, la cui attenzione era stata richiamata da tali interessanti scoperte, non meno che dal contrasto fra il comportamento in America della V. vinifera e quello delle varie specie di viti del nuovo mondo, era poi riservata la poco invidiabile fortuna di trovare bentosto, sulle radici delle viti indigene del suo paese, un insetto simile a quello scoperto dal Planchon in Francia sulle radici delle viti europee. Venuto egli indi espressamente in Europa per confrontare, nelle diverse fasi della loro vita, il Pemplygus americano colla fillossera europea, ne riconobbe la perfetta indentità, che fu poi confermata e comprovata in modo indiscutibile dallo stesso Planchon in occasione del suo viaggio in America, seguito nel 1873 per incarico del Governo francese allo scopo di studiare sopra luogo la questione, fino a quel momento tanto controversa, della resistenza delle viti americane."

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