scriveva: " Era l'acqua di fuoco che ti bruciava anche la fame e ti dava coraggio per affrontare ogni fatica".
Così era considerata la grappa una volta. Ma io ero certa della qualità di quella di Benito
vedevo con quanta passione lavorava tra i fumi dei suoi
alambicchi come una sorta di antico alchimista
e non potevo accettare l'atteggiamento pigro e riluttante dei consumatori
che preferivano le acqueviti
straniere o magari il Whisky
famoso nel mondo soprattutto perchè gli inglesi l'avevano diffuso con il loro impero. Quei prodotti
a torto
sembravano
più blasonati
più gratificanti per il prestigio di chi li consumava.
Cominciò allora la nostra battaglia per dare alla grappa l'onore che le spettava: la battaglia di Benito per rivoluzionare la qualità del prodotto e la mia
per rivoluzionarne l'immagine.
Dopo dieci anni di studi
ricerche
prove e assaggi
la vendemmia 1973 portò l'idea vincente. Fino ad allora i distillatori erano abituati a raccogliere
insieme le più diverse varietà di vinaccia e a distillarle mescolate
un pò alla volta
nell'arco di mesi. Io invece ero consapevole che ogni vitigno
a
seconda dell'habitat
ha caratteristiche diverse
sapore e profumo straordinariamente riconoscibili. Benito aveva capito che occorre distillare la materia
prima freschissima per conservare nel distillato le sue straordinarie qualità. Così procedemmo
contro l'usanza che voleva la distillazione delle vinacce
assemblate e lungamente conservate
a selezionare le bucce di un singolo vitigno
coltivato in zone vocate
a fermentarle in purezza e poi a distillarle
immediatamente.
In questo modo Benito
interprete insuperabile dell'alambicco
ha realizzato il miracolo: con una distillazione artigianale
goccia a goccia
il 1 dicembre
1973
non lo dimenticherò mai
ha ottenuto la prima grappa Monovitigno
il Picolit. Ricordo che l'ho raccolta nel palmo della mano
con Cristina
Antonella
ed Elisabetta che si stringevano a me
inconsapevoli ma emozionate per la sacralità che avvertivano in quei gesti e in quel momento. Ho trovato in quelle
gocce lo stesso profumo del miele d'acacia e delle mele cotogne mature
i profumi delle vigne da cui provenivano le bucce dell'uva. La battaglia era vinta.
Quel giorno è cominciata la rivoluzione della grappa
la rivoluzione Nonino
e la sua riscossa alla conquista del mondo. Come scrive Apple molti anni dopo
sul N.Y.Times
"per decenni la grappa è stata poco più che una forma tascabile di riscaldamento per i contadini del Nord Italia...Gli Italiani più "in" e la
maggior parte degli stranieri la disdegnavano. Ma tutto questo accadeva prima che i Nonino di Percoto salissero alla ribalta ...."
( R. W. Apple Jr. del New York Times 31 dicembre 1997)
La Grappa si preparava a diventare la Regina delle Acqueviti. La qualità del prodotto era già straordinaria
ma mancava ancora qualcosa. Bisognava avvicinare
e sedurre il consumatore più esigente e talvolta altrettanto distratto
che snobbava la grappa
che preferiva i distillati stranieri ritenendoli migliori
o almeno più alla moda. Da questo momento nasce un'operazione spontanea di marketing
che Giuseppe Turani ha raccontato così su Repubblica del 24 febbraio
1985: "Oggi i prodotti dei Nonino sono diventati una sorta di leggenda nel mondo..." "se si cerca di capire
di che cosa è fatta questa strana impresa
si
scopre che è un impasto di antica tradizione artigiana
di arte del saper vivere
di sapienza commerciale
di un amore quasi maniacale per il proprio
mestiere
di un "marketing" fra i più sofisticati e moderni..."
L'idea vincente fu quella di racchiudere questo nettare in una raffinatissima ampolla di vetro soffiato
quasi una reliquia
con un packaging allora
rivoluzionario
completo di etichette millesimate
da me sottoscritte manualmente una per una. In questo modo la presentazione feceva subito intuire
al
primo sguardo
l'unicità e la preziosità della Grappa contenuta all'interno.
Decisi di condividere l'orgoglio di questa nostra doppia scoperta - qualità e immagine - con le persone che allora per me erano dei miti
da Gianni Agnelli
a Sandro Pertini
da Eugenio Scalfari a Indro Montanelli
da Marcello Mastroianni a Sean Connery e tanti altri ancora. Se convincevo loro
loro mi avrebbero
aiutato a convincere tutti gli altri. Così la Grappa Monovitigno Picolit Nonino
offrendo qualche bottiglia e molta amicizia
iniziò il suo giro del mondo
e diventò uno "status symbol"
tanto che Wine Spectator
considerata la Bibbia dell'enologia
nel numero di Dicembre 2000 apre il servizio dedicato alle
acqueviti del Mondo con la Grappa Monovitigno Picolit Nonino a piena pagina
invitando a brindare al terzo Millennio con questa superba acquavite.
A seguire Whisky
Cognac
Rhum e Vodka: la grappa era la Regina delle acqueviti.
Quella Grappa era la prova che la distillazione vitigno per vitigno era vincente. Dopo il Picolit la distillazione di vinacce selezionate doveva continuare
con altri vitigni autoctoni friulani. E qui nacque il problema. I vitigni della mia infanzia
quelli che il mio Papà mi aveva fatto scoprire
conoscere ed
amare - Pignolo
Schioppettino
Ribolla Gialla e Tacelenghe - non esistevano più!
O meglio: ufficialmente non esistevano più. L'ottusità degli organi preposti aveva fatto sì che non fossero inseriti nell'albo comunitario delle varietà
viticole coltivate in Friuli e in questo modo ne aveva dichiarato la morte certa. Io non potevo accettarlo. Facevano parte della nostra storia
della mia
vita
avevano un carattere
un preciso legame con
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