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Il documento che segue è in parte pubblicato in

" Colli Orientali del Friuli - dedicato al Picolit "
Cividale del Friuli, ottobre 2007


IL PICOLIT
DA UN FIORE " ANOMALO" UNA MERAVIGLIA DI VINO

di Claudio Fabbro

"Piccolit", "Uva del Friuli", "Piccolito" e "Piccolito del Friuli " (Gallesio) : questi sinonimi, tranne il primo, sono oggi fuori uso "
Così esordisce Italo Cosmo (1) in una sua approfondita ricerca del 1962 attuata insieme a Fabio Sardi per conto del Ministero dell' Agricoltura e che , per gli aspetti storici ed ampelografici , conserva tuttora la sua validità .

CENNI STORICI ED ORIGINE

" Risalgono alla seconda metà del XVII secolo - secondo gli Autori - le prime notizie sul "Picolit", i cui vini già a quel tempo dovevano sicuramente essere vanto ed orgoglio del Friuli se in una delle lettere (pubblicate una prima volta a Venezia nel 1767) il grande agronomo friulano A.Zanon, dopo aver affermato - come ricorda Dalmasso (1937) - che i vitigni del Friuli "servono alle mense di tutte le nazioni della Germania, dell'Inghilterra e del Nord", aggiungeva, in ciò spinto forse da eccessivo se pur esemplare amore per la propria terra natia: " Quanto si glorierebbe l'Inghilterra se avesse le nostre vigne, i nostri "Refoschi", i nostri "Piccoliti",....?".
Ma non è questa l'unica citazione dell'epoca, chè il "Picolit" lo si trova in non poche delle numerose pubblicazioni comparse nell'ultimo periodo del Settecento in Atti Accademici o periodici della Repubblica Veneta ad opera di Francesco Maria Malvolti, del Nob. D.Antonio Del Giudice, del Co.Carlo Caronelli, ecc.
Ecco infatti qualche altra notizia, riferibili a quel tempo, che ricaviamo sempre dalla citata monumentale opera di Dalmasso (pagina 566), alla quale si rimanda senz'altro chi desidera prendere conoscenza della relativa bibliografia:
"Trattasi di un vitigno oggi pressochè esclusivamente coltivato "(e in minima scala) nel Friuli, ma che nel Settecento, per la grandiosissima fama del vino che se ne otteneva, era andato diffondendosi nelle vicine provincie venete, ed era anzi persino arrivato in Toscana, portatovi dal Canon.Andrea Zucchini, e in Emilia (a Scandiano). E' merito indiscusso del Co. Fabio Asquini di Udine di avere verso la metà del sec. XVIII reso noto il Piccolit, il quale prima d'ora, - come scriveva Lodovico Ottelio nel 1761, - non conoscevasi punto da'Forestieri, e che oggidì ha presso tutte le nazioni e nome e pregio". "Certo si è che nella seconda metà del Settecento il vino Piccolit (che persino Carlo Goldoni esaltava come del "Tokai germano") figurava su tutte le mense principesche di Europa. Ma non solo il Piccolit friulano, bensì anche quello dei Colli trevigiani, come affermava F.M.Malvolti in una sua memoria del 1772, scrivendo: "Il Piccolit, che non solo anco di recente ha potuto gareggiare alle mense de' Forestieri Signori e Sovrani come quello dei migliori climi, ma ha potuto eziandio a nostra gloria riportare la palma". "Egli alludeva ad un invio fatto dal Conte di Montalbano di Piccolit di Conegliano al Re di Francia. E sorvoliamo sulle particolari provvidenze adottate dal Senato Veneto per favorire e proteggere l'esportazione di questo magnifico vino" (v. anche Dalmasso, 1936).
Fin da allora, dunque, il "Picolit" risultava coltivato oltre che in Friuli, anche sulle colline della Marca Trevigiana (Conegliano).
Del resto ce ne dà conferma lo stesso Gallesio (op.cit.) quando, nel magnificare le doti del vitigno, del quale riporta una bella tavola a colori, scrive: "Ne abbiamo un esempio nelle colture che si sono stabilite sul finire del secolo scorso nel Trevigiano, nel Bassanese, nel Vicentino, e negli ameni colli di Conegliano, ove è coltivato al presente il Piccolito...". Sulla origine del "Picolit" non si hanno peraltro notizie il nome, invece, secondo una lettera inedita del Canonico Andrea Zucchini, datata Paese (comune della Prov. Di Treviso) 9 Aprile 1790 (ed avuta gentilmente in copia dal Dr. G. Perusini di Udine), deriverebbe dal piccolo volume degli acini dei grappoli o, per dirla con il Gallesio (op. cit. :) dalla "picciolezza dell'uva che produce ".
Può sembrare strano, piuttosto, che mentre il "Picolit" viene ricordato da molti AA. italiani e stranieri anche del secolo passato, tra cui l'Odart (1849), l'Agazzotti (1867), il Di Rovasenda (1877), ecc., di esso non ne faccia cenno alcuno il Molon nella mai abbastanza lodata sua ampelografia comparsa nei primi anni del presente secolo.
E' ben vero che la coltura di questo vitigno non ha mai assunto un grande sviluppo a causa dell'avara sua fruttificazione (dovuta, come vedremo, all'aborto fiorale); è altrettanto vero, però, che il Picolit, questo "nobile decaduto", come altra volta venne definito, non è mai scomparso ed anzi, per la qualità veramente deliziosa del vino che da esso in ogni tempo si è ottenuto e tuttora si ottiene, sia pure in quantità limitata, abbia sovente fatto parlare di sè. E ne riparleremo pure noi, nell'ultimo capitolo della presente monografia".

DESCRIZIONE AMPELOGRAFICA

"Per la descrizione di questo vitigno - proseguono Cosmo e Sardi - si è usufruito di un clone di "Picolit" esistente presso la collezione ampelografica della Stazione Sperimentale di Viticoltura e di Enologia di Conegliano. I caratteri rilevanti nella predetta collezione sono stati confrontati con quelli riscontrati sul "Picolit" coltivato in provincia di Udine (Buttrio, Rocca Bernarda, Nimis, ecc.), nonchè con le descrizioni di Perusini (1905 e 1906) e Poggi (1939).
Come si potrà rilevare dalle notizie che ora si riportano, in questo vitigno spicca nei mesi estivi il colore rosso-violaceo intenso di molti suoi organi: tralci erbacei, piccioli, nervature delle foglie, raspi, femminelle, ecc.

Germoglio a 10-20 cm.

A p i c e: espanso, lanuginoso, bianco-verdastro con sfumature vinose ai bordi. F o g l i o l i n e a p i c a l i (1ˆ - 3ˆ): spiegate, sublanugginose, superiormente verdi-ramate la prima e seconda, verde con riflessi giallastri la terza: inferiormente con chiazze rosate, trilobate.

F o g l i o l i n e b a s a l i (dalla 4ˆ in poi): leggermente piegate a gronda, meno che aracnoidee e verdi con orli bronzati superiormente ; pubescentidi sotto; trilobate, con seno peziolare ad U molto aperto.

A s s e d e l g e r m o g l i o: eretto, aracnoideo, con intense sfumature vinose.

Germoglio alla fioritura

A p i c e: espanso, lanuginoso, bianco-verdastro con leggere sfumature rosa.

F o g l i o l i n e a p i c a l i (Iˆ - 3ˆ): spiegate, lanuginosa e biancastra, la prima: aracnoidee e verdi-biancastre con riflessi ramati sulla pagina superiore e verso i bordi le due successive, sublanugginose e biancastre inferiormente; trilobate o pentalobate.

F o g l i o l i n e b a s a l i (dalla 4ˆ in poi): leggermente piegate a gronda aracnoidee, verdi giallastre con estese chiazze bronzate su tutta la pagina superiore, lucide le prime, opache dalla 6ˆ in poi.
Nervature leggermente infossate, violacee alla base; pagina inferiore verdastra, con sfumature rossastre e nervature verdi, tormentose; inizio delle nervature principali e bordo del seno peziolare rosso vinoso.

A s s e d e l g e r m o g l i o: leggermente curvo o a pastorale.

Tralcio erbaceo: sezione quasi circolare, con costole regolari su tutta la superficie; caratteristico colore vinoso da un lato, dall'altro verde chiaro percorso da strie vinose; quasi glabro (qualche rado pelo verso i nodi).

G i u d i z i o o r g a n o l e t t i c o d e l v i n o: con le uve di "Picolit" che vengono leggermente appassite, si prepara un ottimo vino liquoroso naturale (ossia senza alcoolizzazione e zuccheraggio), il quale dopo un congruo invecchiamento si presenta di colore paglierino carico, delicatamente profumato, alcolico, talora quasi secco ma spesso anche amabile o dolce, armonico e gradevolissimo, da poter gareggiare coni migliori vini da dessert oggi conosciuti.

IMPORTANZA ECONOMICA E DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA


"Attualmente - continuano gli Autori - la coltivazione di questo vitigno è limitata ad alcune zone collinari che da Faedis si spingono verso il Cividalese (Udine) ed a qualche altra ristretta località limitrofa.
Purtroppo il difetto della coltura e dell'acinellatura e conseguente scarsa fruttificazione, dovute all'anomala costituzione dei suoi fiori, ne stanno limitando sempre più la diffusione; si confida tuttavia che la coltivazione di questo pregiato vitigno possa ora riprendersi in quanto, dopo anni di lavoro svolto da uno di noi alla Stazione Sperimentale di Viticoltura e di Enologia di Conegliano , in collaborazione con l'Istituto Agrario Provinciale di Udine e del Consorzio Provinciale per la Viticoltura e l'Enologia di Udine, ma soprattutto con quella dell' appassionato bravo viticoltore (e Presidente di detto Consorzio) dott. G. Perusini, che per questa iniziativa ha cortesemente messo a disposizione non solo la sua intelligente capacità, ma anche le vigne di "Picolit" della sua azienda di Rocca Bernarda, sembra che si siano potuti isolare alcuni cloni di "Picolit"con i su ricordati difetti molto attenuati e non del tutto scomparsi.
Tali cloni sono ora in osservazione su più vasta scala, nella stessa azienda Perusini. E' doveroso, nell'occasione, segnalare che ancor prima di noi il Prof. Dalmasso, a quel tempo Direttore del su citato Istituto coneglianese di ricerche vitivinicole, ha tenuto, ricorrendo all'ibridazione artificiale con altri vitigni di pregio, di migliorare il "Picolit" (Dalmasso 1946). Al suo successore è toccato il non facile compito di seguire le diverse popolazioni d'individui così ottenute e moltiplicate sia nelle collezioni di Conegliano che nei poderi di un altro bravo viticoltore friulano, il compianto Comm. Giuseppe Morelli de' Rossi, che con il figlio Dr. Fabio ha costantemente seguito tali incroci, raccogliendo per ognuno di essi importanti osservazioni di campagna, (Cosmo, 1950).
Dopo vari anni di prove con relative vinificazioni separate ed esame organolettico collegiale (con tecnici locali) dei campioni ottenuti, non si è potuto peraltro ancora arrivare ad una conclusione definitiva".
" I migliori di questi incroci, moltiplicati su più vasta scala, sono attualmente affidati alle cure del Dr. Fabio Morelli de' Rossi che - concludono Cosmo e Sardi - li sta seguendo con la consueta passione".

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