Riassumendo quanto vi ho fin'ora illustrato, possiamo dire che il mais è una pianta erbacea annuale di provenienza
centro-americana. E' quindi di particolare rilievo la sua rappresentazione in decorazioni pittoriche, particolarmente nei
festoni decorativi, considerando il brevissimo lasso di tempo intercorso(circa 20 anni) tra l'arrivo di questa pianta in
Europa, e l'esecuzione degli affreschi di Villa Farnese a Roma, allorchè le proprietà decorative della pannocchia erano già
state intuite dal genio di Raffaello Sanzio che nel 1516, pochi anni prima della morte, ne aveva immortalate tre nel fregio
superiore dell'affresco "Storia di Amore e Psiche"a Villa Farnese a Roma.
Tale raffigurazione sembra, quindi, addirittura precedente rispetto al disegno di una pannocchia di mais che appare nel 1542
ad illustrare "L'Herbario" del tedesco Leonhart Fuchs; che viene considerata come la prima illustrazione del mais in Europa.
Successivamente, pochi anni dopo, Giovanni da Udine dipingeva pannocchie decorative nelle "grottesche" delle Logge Vaticane.
Altre pannocchie di mais adornano anche le colonne di Palazzo Ducale a Venezia, costruito intorno al 1550, e l'intera pianta
è riprodotta negli affreschi di Palazzo Grimani e queste decorazioni costituiscono una indubbia testimonianza sull'arrivo
assai precoce del mais, di questa novità delle Indie, nella città della Serenissima Repubblica, nei cui territori si
diffonderà massicciamente nel secolo successivo.
Un disegno di pannocchia illustrava l'edizione italiana dall'opera di Giovanni Ramusio "Delle navigationi et viaggi" stampata
a Napoli nel 1556. La pannocchia di mais sarà pure raffigurata per ben ben cinque volte, dal1573 al 1591, dall'estroso e
geniale Giuseppe Arciboldi(1527-1593), pittore ufficiale presso la corte di Vienna e di Praga, nelle sue fantastiche allegorie
dell'"Estate" e dell'"Autunno" e nel "Vertunno" antico dio romano dei raccolti, dedicato all'imperatore Rodolfo II- nipote
di Carlo V, dove le pannocchie di mais appaiono raffigurate in compagnia di altre due novità appena arrivate dal Nuovo Mondo,
il pomodoro e il peperoncino.
Ma il mais non è solo polenta.
LA TUNELLA & FOGOLAR, Roma, 2005 |
Una "rivoluzione" ancora in corso
L'arrivo del mais in Europa ha rappresentato una "rivoluzione" per le abitudini alimentari del vecchio Continente, ma questa
rivoluzione, dopo 500 anni , non ha ancora esaurita la sua spinta. Di questo straordinario cereale si consumano ogni anno
nel mondo, tre miliardi di quintali; ma il suo impiego non è limitato, nell'alimentazione umana, sotto forma di farina o
sgranato in chicchi per l'alimentazione animale.
Infatti la moderna industria alimentare ricava oggi, dal mais una serie di prodotti per uso alimentare o industriale.
Basti pensare all'olio di mais, che fa bene al cuore, ai biscotti dietetici di farina di mais, ai "corn flakes", per la prima
colazione, ai "pop-corn"( in inglese il mais è chiamato "corn", grano) e alla serie di salatini che ci vengono presentati
al bar insieme alle patatine fritte e alle arachidi, magari per accompagnare un succo di pomodoro o un cocktail "Bloody Mary"
Fino ad arrivare alle nuove frontiere ecologiche rispettate dalla plastica verde , ricavata anch'essa dal mais.
L'affermazione del mais conclude il grande ciclo delle piante definite"Piante di Civiltà" perchè hanno organizzato e
indirizzato la vita dei popoli che se ne nutrivano; infatti grano, riso e mais sono i tre cereali che sfamano il mondo.
Non posso concludere qesta conversazione senza parlare della:
Poesia della polenta
Occorrerebbe un volume per raccogliere tutte le lodi scritte, in prosa e in versi, in onore della polenta: dal Manzoni al
Pascoli, dal Belli al Porta, dal Goldoni al Barbarani, da Arrigo Boito e Luigi Denza ai poeti-gastronomi Giuseppe Mattioli
e Giorgio Gioco. Dovendo, necessariamente, fare un scelta ho deciso di non utilizzare poesie in friulano o in veneziano.
Nella poesia friulana nulla è lasciato al caso; ogni parola ha il suo giusto significato e la sua giusta collocazione; la
necessità di renderle comprensibili a tutti mi obbligava a tradurle in italiano, rischiando di perdere la forza del termine
o di falsare la metrica del verso; cosicchè ho deciso di scegliere solo poesie in italiano o tuttalpiù in romanesco, dialetto
oramai familiare a tutti noi. Inizierò col leggervi questa poesia del poeta-gastronomo Giuseppe Mattioli
L'inno alla Polenta
La polenta/ è quella cosa
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E col latte / pur si goda
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che si intinge / nei sughetti
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freddo questo / e lei bollente
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bianca o gialla / essa si sposa
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o lei fredda / e il latte caldo
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con salumi / e con funghetti
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d'invertir / ti si consente
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con le uova / e coi formaggi
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E' contorno / è primo piatto
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saporiti / oppur piccanti
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e persino / al tempo adatto,
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con le salse / sostanziose
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puoi servirla / sul tuo desco
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con le zuppe / più fraganti.....
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come dolce sostanzioso
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sempre a tutti / essa è gradita
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popolare / e pittoresco
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morbidetta / o bella soda
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popolare / e pittoresco
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tenerella / o arrostita
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pur gran piatto / per un re
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e, per finire, vi leggerò i versi di un "romano de Roma", er sor Palmiro che vendeva fette di polenta arrostita
e spicchi di castagnaccio a Trastevere negli anni 50
Quanno sento parlà de la polenta
l'occhio me ride, l'aria m'accalora
lo stommico se lagna, e 'nvede l'ora
de fa la panza mia, tanto contenta.
E' quanno fuma sulla spianatora
ce metto er dito, pe' senti s'è lenta.
La sarsiccetta complice, me tenta
de fa l'assaggio ar bordo, fora, fora
Quell'oro giallo che m'envoia tanto
co' sopra quel sughetto appetitoso
e er cacio pecorino, ch'è n'incanto
'Na vorta , me ricordo, ero già sposo
P'annammela a magnà ciò quasi pianto
....perchè scottava. .....Quanto s'ò goloso!
Vi ringrazio, per essere venuti e..... per avermi pazientemente ascoltato.
Carlo Mattiussi